Il commento
Il rossobrunismo che aiuta i regimi a picconare le nostre società aperte
Si ripresenta uno spettro politico che affonda le radici nella storia europea del '900. E da fenomeno iperminoritario ha fatto in questi ultimi tempi il salto di qualità, cercando di diventare "mainstream"
Mentre il governo di sinistra di Pedro Sánchez (con l’appoggio parlamentare degli indipendentisti baschi e catalani) si insedia, in altre parti del continente – Italia compresa – si ripresenta sotto forme rinnovate uno spettro politico che così nuovo non è. Stiamo parlando del rossobrunismo, che affonda le radici nelle zone di penombra di alcuni dei momenti più oscuri della storia europea. Nel suo vaneggiante pastiche ideologico presenta, difatti, una genealogia inquietante tipica del Secolo breve, dalle correnti “perdenti” del nazionalsocialismo e del fascismo di sinistra ai settori del sindacalismo rivoluzionario divenuti – senza soluzione di continuità – reazionari.
Da fenomeno iperminoritario si può dunque dire che il rossobrunismo abbia fatto in questi ultimi tempi il salto di qualità e, pur conservando qualcuno dei suoi connotati folcloristici e “pittoreschi”, stia cercando di diventare in qualche modo mainstream. Al punto da poter annoverare tra i suoi massimi esponenti di fatto – dopo le tante piroette politiche – Robert Fico, ritornato premier della Slovacchia.
Nelle ammaccate democrazie rappresentative, la polarizzazione sempre più spinta delle opinioni pubbliche genera finestre di opportunità inedite per tutti coloro che si professano “divergenti” (un astruso termine ora di moda) e si autoproclamano alfieri del “dissenso”. Le cosiddette tesi anticonformiste – in verità, meramente antiscientifiche e complottistiche – hanno trovato molto spazio durante l’emergenza pandemica. E sul versante politico sono state malauguratamente rinvigorite dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, che stanno regalando incessanti occasioni di notorietà agli animatori di un circo Barnum mediatico le cui posizioni – pelosamente strumentali e propagandistiche, ma presentate in vari programmi tv alla stregua delle idee di “liberi pensatori e pensatrici” – vanno appunto etichettate come rossobrune.
A questo cromatismo politico “in purezza” si rivela riconducibile anche l’esperimento patrocinato da Gianni Alemanno: il Forum dell’Indipendenza italiana, al quale guarda con favore Marco Rizzo, e che va corteggiando i vari volti noti della compagnia di giro del cosiddetto “antisistema”. Un partito in via di formazione dichiaratamente «non di destra, né di sinistra» – uno dei travestimenti tipici della saldatura di quelli che nel passato si chiamavano gli “opposti estremismi” – unificato dall’essere contro: gli Usa, l’Unione europea, la Nato, l’Ucraina, Israele e, naturalmente, la finanza e il liberalismo (assurte a malvagie entità metafisiche).
Una piattaforma densa di populsovranismo perfettamente collocata sotto l’ombrello del dilagante «rossobrunismo 2.0», che si fa largo sempre più potendosi avvantaggiare del clima di opinione e dello spirito dei tempi postmoderni, nei quali tutto si mescola e il principio di non contraddizione risulta ampiamente caduto in disuso. Così nel frullatore ci finiscono tutti gli “ismi anti-qualcosa” di questi anni: anti-Illuminismo, antioccidentalismo, antiuniversalismo, antivaccinismo, irrazionalismo, negazionismo climatico, cospirazionismo, islamofascismo e islamogoscismo. A maggior gloria – spesso consapevolmente – dei regimi autocratici, e a supporto della loro guerra ibrida per destabilizzare le nostre affaticate società aperte.