L'elezione dei giudici in scadenza ripropone il problema della logica spartitoria. Con una maggioranza a cui la legge elettorale garantisce una forza eccessiva. E che, evidentemente, non sopporta un organo di garanzia indipendente

Verso il regime, si potrebbe commentare così la conferenza stampa di Giorgia Meloni durante la quale ha affermato che l’autonomia della Corte Costituzionale non costituisce un problema. La novità essenziale è che la destra ha il diritto di eleggere i quattro giudici che scadranno alla fine del 2024.

 

In realtà Silvana Sciarra è scaduta l’11 novembre dell’anno scorso assieme ai colleghi De Petris e Zanon di nomina presidenziale e Sergio Mattarella ha prontamente provveduto alla sostituzione; l’ex presidente della Corte era di nomina parlamentare e le prime due votazioni del Parlamento in seduta comune si sono svolte in novembre senza esito e si attende la terza votazione che richiede ancora un quorum alto, dei due terzi dei componenti. Dal quarto scrutinio il quorum si abbassa ai 3/5 dei componenti, ma è ancora irraggiungibile per la maggioranza di destra anche se premiata da una legge truffaldina. Il Rosatellum, grazie all’azione di Felice Besostri, autentico bardo della democrazia recentemente scomparso, è ora sotto il giudizio della Cedu, la Corte europea dei diritti umani.

 

Michele Ainis ha manifestato sconcerto per l’arroganza ancora non supportata dalla elezione del popolo e ha ricordato possibili antidoti all’inerzia del Parlamento e al silenzio di chi dovrebbe agire e parlare, dai presidenti delle Camere, che potrebbero istituire un conclave laico, al presidente della Repubblica che potrebbe richiamare a un dovere inderogabile. Il costituzionalista iconoclasta ha lanciato un invito disperato alla società civile perché dia un segno di vita e ha ricordato la denuncia estrema nonviolenta di Marco Pannella per impedire lo scempio delle istituzioni.

 

Questo andazzo non è una novità e risale a vecchi vizi della partitocrazia (oggi non ci sono i partiti e la deriva è più preoccupante) e ha coinvolto tante volte le elezioni del Consiglio superiore della magistratura e della Corte Costituzionale. La logica spartitoria fece vittime illustri, ricordo i casi di Federico Mancini e di Marcello Gallo e come deputati radicali contestammo in più occasioni la discriminazione verso le formazioni politiche estranee all’arco costituzionale. Chiedevamo candidature forti di esperienza, professionalità e indipendenza. Finalmente nel 2022 con la legge 71 è stata approvata una timida riforma per garantire trasparenza nell’elezione del Csm, ma con logica gattopardesca è stata vanificata non prevedendo la pubblicazione di curriculum e non effettuando la verifica dei requisiti.

 

La Corte Costituzionale pone un problema ancora più delicato per il giudizio sulla legittimità delle leggi, specialmente se approvate da un Parlamento che grazie al premio di maggioranza non rappresenta fedelmente la volontà popolare, e sull’ammissibilità dei referendum. È evidente che il potere non sopporta un organo di garanzia autonomo e gli esempi di intolleranza sono tanti, dalla Polonia all’Ungheria, dagli Stati Uniti di Donald Trump a Israele di Benjamin Netanyahu.

 

Presentai una proposta di legge con l’aiuto del costituzionalista Ernesto Bettinelli (n. 167 nella XIII legislatura) per vincolare l’elezione dei giudici costituzionali con un efficace deterrente. Ora si pone un allarme per la democrazia e va respinto lo spoils system. La preoccupazione è stata espressa dal presidente Augusto Barbera e il silenzio dell’opposizione è inquietante.