Tanto Meloni sulla Sanità quanto Salvini sulle banche usano dati autentici, ma parziali

La verità è sempre illuminante», avvertiva Aldo Moro che prima di essere assassinato dalle Brigate Rosse fu presidente del Consiglio e segretario della Dc, dunque conosceva perfettamente le regole della politica italiana. È passato mezzo secolo e da allora molte cose sono cambiate. La verità, per esempio, è diventata relativa. I politici hanno imparato che dire bugie non conviene, perché nell’era del web si rischia di essere smascherati in tempo reale. Meglio, molto meglio, spezzettare la verità, prendendo con sapiente astuzia il frammento che serve e nascondendo tutto il resto, per mettere nel tegame dei social uno spezzatino verace e verosimile che appaia veridico e veritiero.

Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader del maggior partito italiano - le stesse cariche che Moro occupò negli anni Sessanta - ce ne ha dato qualche giorno fa un esempio lampante, quando è stata accusata di aver stanziato pochi fondi per la sanità pubblica. Contestando quelle che lei ha definito «falsità», lei si è vantata di aver stabilito «il record nella storia d’Italia», destinando al Fondo sanitario nazionale 136 miliardi per il 2025 e 140 per il 2026. «Questi i numeri, il resto sono mistificazioni», ha aggiunto, categorica. Apparentemente la premier ha ragione. Le cifre sono autentiche. Le somme stanziate sono effettivamente più alte degli anni precedenti. E costituiscono davvero un record storico. Apparentemente. Perché tutti sanno che in tutto il mondo la spesa sanitaria si misura tenendo conto dell’inflazione e dello sviluppo di ogni Paese. Con un solo dato, che non è il totale dello stanziamento ma la percentuale della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo. Il rapporto spesa/Pil. È questo l’indice che viene utilizzato dalla Commissione Europea nei suoi rapporti. È lo stesso usato dall’Eurostat, la divisione statistica dell’Ue, per compilare quella classifica nella quale noi figuriamo (o meglio: sfiguriamo) al sedicesimo posto tra i 27 Paesi dell’area Ocse, e all’ultimo tra quelli del G7. Ed è lo stesso che usa anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, il quale alla vigilia del varo della manovra economica si diceva convinto che «il 7 per cento del Pil sia il livello minimo sul quale ci dobbiamo attestare». Ebbene, con i 136 miliardi stanziati dal governo Meloni questo indice è sceso dal 6,3 per cento dell’anno scorso al 6,2, un dato mai così basso dal 2014. Un record, dunque, ma negativo. Tutto questo Giorgia Meloni lo sapeva benissimo, ma per nascondere una verità scomoda ha deciso di enfatizzare un dato vero ma irrilevante. Non ha detto una bugia, ma non ha detto la verità.

La stessa operazione l’ha compiuta Matteo Salvini, dichiarandosi «orgoglioso» del fatto che banche e assicurazioni «restituiscano ai cittadini una parte dei loro guadagni miliardari» e lasciando così credere che sia passata la proposta leghista di tassare gli extra-profitti. In realtà, è vero che il governo ha recuperato 3,5 miliardi, ma si tratta solo di crediti d’imposta che banche e assicurazioni non riscuoteranno subito ma nel 2027. Dunque non c’è nessuna tassa sugli extra-profitti e nessuna «restituzione». Però Salvini sventola quella cifra come un vincitore, grazie all’uso strategico e manipolativo di una verità reinterpretata con disinvoltura.

È l'arte, ormai perfetta, del raccontare la realtà per come conviene. Un’arte, certo, che non è stata inventata dai governanti di oggi: loro l’hanno solo perfezionata.