L’aver perseguito politiche liberiste e aver seppellito il Green Deal segnano un’indifferenza complice

Sott’acqua nelle nostre città coperte dal fango, mentre aumenta la conta dei morti. Le nostre vite sono sempre più insicure, come i nostri territori, le nostre case, il nostro lavoro, la nostra salute, le nostre economie, minacciate dalle conseguenze già in atto del collasso climatico.

Prospettive? Sappiamo che gli eventi meteorologici estremi continueranno ad aumentare. Sono una delle tante conseguenze negative della crisi ecologica provocata dal modello economico liberista. Che bisogna fare? Adattarsi e mitigare gli effetti dei cambiamenti già in atto, investendo nella riconversione ecologica, che deve essere inclusiva, equa, decentrata e pianificata attraverso la fiscalità generale. Chi governa invece finge di non vedere, pur di continuare a tenere in vita un sistema ingiusto che ci rende sempre più diseguali e peggiora la nostra salute, spingendoci verso il baratro.

Responsabili di esporci a maggiori pericoli e maggiore insicurezza sono tutti coloro che impediscono il cambiamento necessario. E tra i principali responsabili un posto di rilievo ce l’ha la presidente von der Leyen, colpevole di aver messo una pietra tombale proprio sul Green Deal. Si era impegnata subito dopo la pandemia, consapevole che i processi di trasmissione di patologie come il coronavirus sono conseguenza proprio dei cambiamenti climatici e della riduzione della biodiversità. La riconversione ecologica rappresentava il progetto politico più importante ed efficace per noi europei. E invece la presidente della commissione Ue ha dichiarato che «non è più in cima alle priorità, che sono sicurezza e competitività». La nomina a commissario di Wopke Hoekstra, ex consulente della compagnia petrolifera Shell, evidenzia una volta di più la contiguità tra gli interessi della dark economy e le classi dirigenti delle destre.

Ma le responsabilità dell’aumento delle ingiustizie ambientali e sociali sono anche di chi come Draghi afferma che «c’è il rischio che la decarbonizzazione sia contraria alla competitività e alla crescita». Così come sono responsabili quelli che continuano a puntare su cemento, fossili, inceneritori, grandi inutili opere e megaprogetti estrattivi. Perché non ci sono progresso e modernità nelle vecchie soluzioni. Non promuovono né equità sociale né sostenibilità ambientale ma servono solo a nascondere la fase regressiva che attraversa da tempo la nostra democrazia, acuita dall’assenza di progetti alternativi in grado di mobilitare il Paese. Non riconoscerlo ci rende collusi.

Se vogliamo evitare di ritrovarci a fare la conta di devastazioni, morti e danni, dobbiamo cambiare modello economico e culturale. Serve un approccio sistemico ai problemi, prima di qualsiasi tecnica o intelligenza artificiale. Le forze politiche di opposizioni escano dall’ambiguità di politiche economiche ed ambientali che da troppi anni sono spesso simili a quelle delle destre liberiste. La sinistra abbia il coraggio e la coerenza di sfidare gli interessi delle vecchie rendite di posizione per redistribuire diritti e opportunità, creando ricchezza nuova puntando su un altro sistema di valori. Guardando all’unico campo possibile: quello della cittadinanza attiva e dei soggetti sociali . Sono le mani sporche di fango che spalano per liberare la vita quelle di cui avremmo bisogno per governare il cambiamento e impedire altre tragedie. Facciamo Eco!