Le decisioni prese in seno all'Ue introducono spesso vincoli con profonde implicazioni economiche, che ricadono su famiglie e imprese. Mentre prevedere sostegni a livello centrale non è semplice, anche perché il budget è limitato. A quello dovrebbero pensare i singoli Stati

La recente protesta degli agricoltori europei ha diverse motivazioni da Paese a Paese (taglio dei sussidi al gasolio in Germania, maggiori tasse sul reddito in Italia, e così via). Ma c’è un elemento in comune: la protesta contro il Green Deal europeo. Non entro nelle questioni specifiche sollevate dagli agricoltori, troppo complesse per trattarle in poche righe. Vorrei invece chiarire alcune questioni generali che riguardano le decisioni prese «dall’Europa», visto che c’è confusione in proposito. E, soprattutto, vorrei sottolineare un limite a queste decisioni, limite che può essere superato non indebolendo le istituzioni europee, ma rafforzandole, soprattutto rispetto alla dimensione del bilancio dell’Unione.

 

Iniziamo dal chiarimento. Quando si dice che un provvedimento è stato deciso «dall’Europa» i più pensano a decisioni prese dai «burocrati di Bruxelles». Non è così. La legislazione europea è approvata attraverso un processo democratico che solitamente coinvolge due co-legislatori: il Parlamento Europeo, che ci apprestiamo a rieleggere, e il Consiglio Europeo, formato dai governi dei vari Stati membri, a loro volta eletti democraticamente. I dettagli sono complicati, con diverse maggioranze decisionali e diversi ruoli dei co-legislatori a seconda della materia trattata (per esempio, nel caso della tassazione si richiede l’unanimità e solo il Consiglio Europeo può decidere). Si tratta comunque di un processo democratico basato su trattati approvati all’unanimità.

 

Ma, al di là di come le decisioni sono prese, c’è un’altra questione fondamentale che le riguarda. Queste decisioni introducono spesso vincoli di diverso tipo che hanno profonde implicazioni economiche, in termini di costi che ricadono su famiglie e imprese. Eppure, al contrario di quello che accade per decisioni prese da singoli Paesi o da Stati federali, non è facile prevedere a livello europeo misure di sostegno economico per i settori interessati dalle regole introdotte. Se il Congresso statunitense introduce una regolamentazione che comporta costi per un certo settore, può, al tempo stesso, introdurre sussidi per rendere più facile la transizione. In generale, in Europa questo non è possibile perché il bilancio dell’Unione è molto piccolo: vale solo l’1% del Pil e non può mai andare in deficit, quando invece quello americano vale il 20-25% del Pil e può andare in deficit.

 

La compensazione delle conseguenze economiche delle regole europee viene quindi lasciata ai singoli Stati. Questa mancanza di responsabilità economica rende più facile l’approvazione di regole stringenti a livello europeo, regole che però poi affrontano difficoltà di applicazione a livello di singoli Stati per mancanza di risorse destinate a lenire le conseguenze economiche delle regole medesime.

 

Per superare questa incoerenza tra regolamentazione e impatti economici della stessa è necessario aumentare la dimensione del bilancio europeo in modo significativo, sia in termini di spesa sia in termini di tassazione e di emissione di eurobond, trasferendo quindi a livello centralizzato spese e imposte ora gestite in modo decentralizzato. Aver centralizzato il potere di regolamentazione e non il potere di spesa e di tassazione è stato fonte di troppe difficoltà di implementazione e di tensioni. Rimuovere questa incoerenza dovrebbe essere un obiettivo chiave per tutti gli europeisti.