Cose Preziose
Il caso Saviano a Francoforte: un paradosso spiegato bene
In occasione della Fiera in poche ore il Paese è riuscito a fare una figuraccia mondiale. Ma il problema è che gli scrittori e le scrittrici sono tenuti in considerazione minima nella quotidianità. Tranne quando bisogna querelarli
Per spiegare il gran pasticcio della presenza italiana alla Buchmesse di Francoforte bisogna evocare il duo più sarcastico dell’Inghilterra vittoriana, Arthur Sullivan e W.S. Gilbert: fra le più famose operette con cui hanno deliziato gli spettatori c’è “The Pirates of Penzance”, storia di strampalatissimi pirati, di un improbabile Generale e di un paradosso. In breve, quando l’apprendista pirata Frederick, compiuti i 21 anni, decide di lasciare la banda per diventare un bravo ragazzo, la governante gli spiega che, essendo nato il 29 febbraio, è in realtà un bambino di cinque anni. Giusto, dice Frederick, e rimane.
Il “Most ingenious paradox” dell’operetta ci porta al paradosso assai meno ingegnoso della Fiera di Francoforte: perché in poche ore l’Italia è riuscita a fare una figuraccia mondiale in vista di quello che è l’appuntamento più ambito, ed economicamente importantissimo, del mondo dei libri. Gilbert & Sullivan, per dire, si sarebbero divertiti molto a mettere in musica la storia del mancato invito a Roberto Saviano, che si può riassumere così. Il 19 ottobre dello scorso anno Mauro Mazza, commissario del governo per Italia Paese ospite alla Buchmesse, alla domanda su come verranno scelti gli autori risponde: «Scremeremo le proposte degli editori».
Lunedì 27 maggio, alla domanda di un giornalista tedesco sull’assenza di Saviano risponde: «Saviano non c’è perché non è stato invitato. Tra i criteri che ci hanno ispirato nella scelta degli autori, da un lato, c’è stata la volontà di dare spazio alle altre voci possibili e, dall’altro, di presentare autori con opere integralmente originali». Il martedì Mazza non rilascia dichiarazioni e dice di riconoscersi nella posizione del presidente Aie, Innocenzo Cipolletta, il quale si tira fuori dicendo che Saviano non era presente nella lista presentata dagli editori e che Aie si è limitata ad accogliere le liste medesime. Un’ora dopo arriva la precisazione di Fuoriscena, casa editrice del Gruppo Rcs ed editore italiano del suo ultimo libro, che dice che sostiene Saviano in ogni modo. Il giorno dopo, Mazza invita Saviano. Due giorni dopo, Cipolletta invita tutti gli autori che nel frattempo hanno declinato l’invito assicurando che potranno parlare in piena libertà. Continua.
È un paradosso, certo: perché dimostra l’impreparazione con cui si è arrivati a un’occasione a cui si sarebbe dovuto lavorare da anni, almeno con l’obiettivo di non sfigurare davanti al bagno di folla tributato a Umberto Eco nel 1988, anno della precedente presenza italiana. Il problema è che gli scrittori e le scrittrici sono tenuti in considerazione minima nella quotidianità, tranne quando bisogna querelarli o farne oggetto di linciaggio sui social o, al più, dichiararli superflui e ininfluenti rispetto ai problemi reali.
Per questo, la cosa preziosa di oggi è “Storia di mia vita” di Janek Gorczyca, pubblicato da Sellerio. Gorczyca è un senza dimora, arriva in Italia nel 1998 dopo aver attraversato mezza Europa. Dorme sui marciapiedi, sdraiato sui cartoni. Conosce uno scrittore che lo ospita, gli racconta la sua storia e quella storia diventa un libro, scritto nella sua lingua. Per dimostrare che si sarà anche ininfluenti, ma che chi scrive non somiglia affatto all’immagine sgangherata che del mondo letterario è emersa nei giorni scorsi.