Il personaggio dei cartoni animati usa l'astuzia per generare cambiamento. L’opposto di molti che popolano il Parlamento. E che spacciano battaglie ideologiche per scienza

Se fossimo nel mondo dei sogni dove ogni cosa diurna si trasforma nel suo contrario, come sosteneva fra l’altro James Hillman, potremmo dire che nel regno onirico Maurizio Gasparri è Bugs Bunny. Partiamo dal secondo, anche per dar sollievo a chi legge: Bugs Bunny non è solo un coniglio dei cartoni animati, ma un semidio. Lo sostenne Marco Giusti in un bel libro del 1993, “Cartoni animali”: Bugs è l’anti Mickey Mouse ed è parente stretto de “L’uomo di fiducia” di Herman Melville, che ingannava con arte i passeggeri di un battello a vapore. È insomma, un trickster, e il trickster non è un volgare imbroglione ma una creatura sacra, destinata a produrre cambiamento in un mondo stagnante.

 

Bene. Maurizio Gasparri è l’esatto opposto: come è noto, all’inizio di agosto la Camera ha approvato l’emendamento al ddl Sicurezza che equipara la cannabis light a quella con Thc. Il che non comporta solo l’annichilimento di decine di migliaia di lavoratori del settore, ma anche una non sorprendente incompetenza. Gasparri è dunque lieto di dichiarare: «Chi difende la cannabis light difende sostanzialmente attività ambigue e pericolose. Va stroncata ogni forma di incoraggiamento all’uso delle droghe e alla propaganda delle droghe. Non mi meraviglio quindi che quelli che vogliono legalizzare le droghe difendano anche la cannabis light». Naturalmente non un dato a supporto, ma sarebbe chiedere troppo.

 

Ora, Fanpage ha intervistato Marco Pistis, farmacologo del gruppo dipendenze patologiche della Società Italiana di Farmacologia, professore ordinario di Farmacologia all’Università di Cagliari, direttore della scuola di specializzazione in Farmacologia. Dunque, uno che ne sa. Pistis ha dichiarato che la cannabis light, che per legge deve contenere una bassissima percentuale di Thc per essere definita tale, «non è una droga» perché «non ha effetti psichici nemmeno lontanamente paragonabili a quelli del tetraidrocannabinolo e non ha di certo la capacità di dare dipendenza che in alcuni casi può avere il Thc». Farmacologicamente, insomma, non è una droga, ma «in senso giuridico, se non è più legale, è una “droga” a tutti gli effetti».

 

Insomma, è l’emendamento ad aver reso una droga quella che non lo era, il tutto in nome del solito decoro, spettro agitato da sinistra (decreto Minniti 2017, la premessa per le panchine anti-uomo e la decenza di facciata) e da destra (il decreto anti-rave). Poco importa che non abbia senso, esattamente come non lo hanno quei meravigliosi comunicati della questura che, dopo una manifestazione musicale e culturale con decine di migliaia di partecipanti, dichiarano di aver sequestrato 300 grammi di hashish, sempre 300 anno dopo anno, al punto che lo spettro di Fibonacci si sta chiedendo come sia possibile che l’hashish non si moltiplichi come i suoi conigli.

 

Per questo, la cosa preziosa di oggi è “Out of the grid. Italian zine 1978-2006”, libro e progetto artistico curato da Dafne Boggeri con un nutrito numero di collaboratori e pubblicato da Les Presse du réel (sarà in mostra a Milano a fine novembre). Sono 100 riviste italiane pre-Internet, ciclostilate o fotocopiate, che nel tempo hanno sperimentato l’Arte Postale, la segreteria telefonica, il fax, il vinile, i nastri magnetici, i floppy disk, i vagoni dei treni fino ad arrivare al mondo dei blog. Un universo di intelligenza e di voglia di cambiamento da non rimpiangere, ma semmai da far rivivere. Perché sempre dalla parte di Bugs Bunny bisogna stare.