PERSONAGGI E INTERPRETI
Un governatore conta più di un premier?
Se il pericolo di un eccesso di potere fosse reale, il divieto di terzo mandato dovrebbe valere per tutti
Se la regola dei due mandati fosse stata adottata anche per il presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi non sarebbe mai arrivato al suo ottavo governo, Giulio Andreotti non avrebbe potuto giurare sette volte come premier e Silvio Berlusconi sarebbe uscito di scena il 23 aprile 2005, invece di restare in campo fino a stabilire il record di permanenza a Palazzo Chigi: nove anni, un mese e venti giorni. Però questa regola, come sappiamo, non c’è nella Costituzione e dunque un presidente del Consiglio può rimanere in carica - se ci riesce - anche più di dieci anni. E può essere nominato anche sei, sette, otto volte. Come del resto accade in Germania, dove Angela Merkel è stata bundeskanzlerin per sedici anni (ed Helmut Kohl due settimane più di lei). O in Gran Bretagna, dove Tony Blair è rimasto a Downing Street per tre mandati, come Margareth Thatcher. Nessuna democrazia parlamentare fissa dunque un limite alla permanenza in carica del capo dell’esecutivo, a differenza dei sistemi presidenziali come gli Stati Uniti e la Francia, nei quali non può ricandidarsi chi è già stato eletto due volte.
In Italia invece il terzo mandato non è proibito ai parlamentari né ai ministri e neppure al capo dello Stato. Ma il fatto che il divieto valga per i presidenti di Regione sta scatenando una polemica trasversale che taglia in due non solo il governo - la Lega contro gli alleati, in difesa del governatore del Veneto Luca Zaia - ma anche il principale partito dell’opposizione, diviso dal no di Elly Schlein alla ricandidatura di Vincenzo De Luca in Campania.
Questa regola - che non esisteva quando furono istituite le Regioni, nel 1970, e neppure quando fu decisa l’elezione diretta dei loro presidenti - è stata introdotta solo nel 2004. Con la stessa motivazione con la quale nell’antica Roma, dopo la fine della monarchia, si stabilì che i consoli potevano restare in carica solo per un anno: i senatori temevano che qualcuno di loro diventasse un nuovo re. Per spiegare lo sbarramento alla durata del potere dei presidenti di Regione qualcuno li ha accusati di voler diventare dei cacicchi, dei ras, dei capibastone. Moderni feudatari senza però un sovrano al quale rispondere. Eppure negli Stati Uniti, dove il divieto del terzo mandato ha messo fine alla carriera di grandi presidenti, non esiste una regola così tassativa per i governatori (che sono anche comandanti della guardia nazionale). E infatti Terry Branstad è stato governatore dell’Iowa per 24 anni, accumulando sei mandati, e Greg Abbott - eletto per la prima volta nel 2015 - resterà in carica almeno fino al 2026: poi, se vorrà, potrà ricandidarsi, perché la legge del Texas non glielo vieta.
Insomma, se il pericolo di uno straripamento dei poteri fosse davvero reale, allora questa regola dovrebbe valere per tutti, non solo per i governatori (e per i sindaci). «Manca il limite più importante - scriveva dieci anni fa un professore di diritto pubblico romano - quello per chi governa il Paese. Perché non si fissa il limite dei due mandati anche per il premier? E magari, dopo due legislature, anche una pausa per i parlamentari. Ho allergia per ogni “ventennio”, di qualunque colore sia e chiunque lo incarni». Quel professore, Giuseppe Valditara, prima di diventare ministro dell’Istruzione nel governo Meloni si è fatto eleggere senatore per tre legislature consecutive. Il suo terzo mandato se l’è fatto.