Opinioni
30 ottobre, 2025Articoli correlati
Per la crescita serve incidere con la revisione della spesa e con la semplificazione burocratica
La “manovra” di bilancio per il 2026 aiuta la crescita economica? Rispondo da tre punti di vista.
Il primo riguarda la stabilità finanziaria. Se la finanza pubblica è instabile, la crescita ne soffre. Pensiamo a quello che è successo nel 2011-12, quando eravamo al centro della “crisi del debito sovrano europeo”. Questa manovra è in linea col nostro piano di riduzione graduale del debito pubblico concordato con l’Ue ed è stata apprezzata dai mercati finanziari (vedi riduzione dello spread e miglioramento nel rating). Da questo punto di vista aiuta la crescita, ma solo parzialmente: il percorso è lento è ancora lungo.
Il secondo punto di vista riguarda la domanda. Quando l’economia è lontana dalla piena occupazione, una manovra espansiva (cioè in cui lo Stato dà più di quello che toglie) spinge la domanda di beni e servizi e il Pil. Questa manovra però porta a un calo del deficit pubblico (la differenza tra spese ed entrate pubbliche), ossia dei soldi in termini netti che lo Stato dà all’economia, dal 3,0 per cento del Pil nel 2025 al 2,8 per cento nel 2026, con ulteriori piccole riduzioni nel 2027-28. Da questo punto di vista la manovra non spinge la domanda e non aiuta la crescita. Si potrà disquisire se certe misure restrittive (per esempio i versamenti a carico delle banche) abbiano o no un effetto sulla domanda, ma in prima approssimazione è il deficit totale che conta e quello scende, la controparte del fatto che la manovra è un passo nel sentiero di rafforzamento dei nostri conti (vedi sopra). In ogni caso, stimolare la domanda ha comunque solo benefici sulla crescita di breve periodo, soprattutto se l’economia è già vicina alla piena occupazione (e il nostro livello di disoccupazione è ai minimi da vent’anni).
Il terzo punto di vista è quello più importante: la manovra aiuta ad aumentare la capacità produttiva dell’Italia? Rispondere richiede di andare a vedere la qualità delle misure sul lato delle entrate e delle uscite. La qualità, con qualche eccezione, è buona: c’è un taglio del cuneo fiscale, gli incentivi agli investimenti migliorano (col ritorno a qualcosa tipo Industria 4.0), ci sono un po’ di soldi per la famiglia, la natalità, e la sanità (anche se qui il legame con la capacità produttiva è più indiretto). La risposta sarebbe quindi positiva, ma, purtroppo, gli importi coinvolti sono limitati. Nel complesso la manovra vale lo 0,8 per cento del Pil. È l’importo più basso almeno dal 2014 e la metà dell’importo medio delle manovre da quella data. Si poteva fare di più? Certo, ma visto il vicolo di evitare manovre in deficit, per avere misure più consistenti sarebbe servita un’attenta e prolungata revisione della spesa per identificare misure poco utili alla crescita con cui finanziare misure utili (compreso un più ampio taglio dell’imposizione). Ma non c’è stata la volontà politica di muoversi in questa direzione, cosa comprensibile in assenza di un mandato popolare per farlo (vedremo alle prossime elezioni se qualcuno oserà chiederlo).
Tutto sommato, se la manovra mantiene la stabilità dei conti, nel complesso non penso possa spostarci da quello “zero virgola” di crescita a cui sembriamo condannati. Ma non disperiamo. Ci sono tantissime cose che possiamo fare al di fuori della manovra per crescere di più, a partire da una radicale semplificazione burocratica, che potrebbe essere fatta a costo zero, o quasi.
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