Opinioni
23 dicembre, 2025La memoria dei giorni è stimolo al cambiamento. Sfuggendo al ruolo di spettatori passivi e rassegnati
Come nel romanzo “Quel che resta del giorno”, di Kazuo Ishiguro, e nel film omonimo che James Ivory ne trasse nel 1993, anche noi ci concediamo un viaggio nel tempo appena trascorso di questo anno che volge al termine e mutuiamo da quel libro il titolo per la copertina dell’ultimo numero del 2025. Ci sembra raccontare bene lo spirito con cui guardiamo ai dodici mesi appena trascorsi: una sorta di attraversamento della memoria collettiva, fatto di risultati ottenuti, di occasioni mancate, di conflitti irrisolti, di consapevolezza della fine di un’era, ma allo stesso tempo animati dalla speranza di un mondo migliore.
Anche perché in questo bilancio c’è la tenacia di chi innova, insegna, cura, racconta. Di chi non smette di chiedere verità. E L’Espresso si impegna a stare lì, dove il potere non ama essere criticato, e il futuro ha bisogno di essere immaginato e capito.
Il protagonista di Ishiguro rilegge la propria vita mentre percorre l’Inghilterra in automobile. L’Espresso ripercorre il 2025 muovendosi tra le stanze del potere e i diritti delle persone, tra i palazzi della politica e le pieghe dell’esistenza quotidiana.
In Italia, il decennale della presenza di Sergio Mattarella al Quirinale ha coinciso con un dibattito acceso sulla riforma del premierato e sul ritorno ciclico dell’idea presidenzialista. Ancora una volta, la poltrona del Colle più alto si è confermata garanzia di democrazia, ma anche simbolo di un equilibrio istituzionale messo alla prova. Sul fronte economico, il risiko delle banche ha ridisegnato gli assetti del capitalismo nazionale, cambiando il volto di Mediobanca e confermando l’importanza del potere finanziario per la politica.
Fuori dai confini, il 2025 è stato dominato dal dramma senza fine di Gaza e dalla guerra infinita in Ucraina. Con il conto delle vittime che cresce e la diplomazia che stenta a trovare soluzioni. E così, come nell’ultima scena del film, resta la sensazione di un’occasione mancata.
Ma il 2025 sarà ricordato anche come l’anno dell’Intelligenza artificiale. Non più promessa o minaccia lontana, bensì presenza quotidiana: nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle relazioni personali. Un’invasione silenziosa e prepotente che ha sollevato interrogativi enormi su libertà, diritti e tutela della privacy. Domande alle quali la politica ha tentato timidamente di rispondere.
È stato anche l’anno della morte di Papa Francesco, figura capace come poche di parlare ai poveri e al mondo, e dell’elezione del suo successore, Leone XIV, chiamato a guidare una Chiesa che ogni giorno invoca, inascoltata, una «pace disarmata e disarmante».
Sul fronte della geopolitica mondiale è stato l’anno dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, del ritorno di un’America che ha rimesso al centro il conflitto, i dazi, la forza come linguaggio della politica internazionale, l’anno di un’Europa divisa e più debole, ininfluente ai tavoli che contano, in difficoltà nel contrastare le mire espansionistiche di Vladimir Putin.
Nel libro, il vecchio maggiordomo comprende troppo tardi quanto sia stato caro il prezzo della propria fedeltà, rimpiangendo a lungo le occasioni mancate, noi, alla fine del 2025, temiamo che anche la speranza di libertà e di pace per i popoli rischi di assottigliarsi, lasciandoci in mano soltanto quel che resta dei giorni. Sta a noi decidere se limitarci a ricordarli o provare, finalmente, a cambiarli.











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