Antonella Ferrari è un’attrice, una scrittrice e ha la sclerosi multipla. Al Festival di Sanremo, nell’anno del Covid nel 2021, ha emozionato tutti con un drammatico monologo, tratto dal suo spettacolo teatrale, che riprende il lungo percorso che l’ha portata a conoscere la diagnosi corretta della sua malattia.
«Ho passato quasi vent’anni della mia vita consultando decine di medici, raccontando sempre gli stessi sintomi. Ero stanca, ma volevo sapere cosa avessi e, quando finalmente me l’hanno detto, mi sono sentita sollevata». Non era più spaventata – spiega Antonella – ma sollevata, perché avrebbe iniziato una nuova vita alla luce del Sole. «Senza timore, senza nascondersi, senza avere paura della paura». Aveva undici anni quando sono comparsi i primi sintomi, ma soltanto a 29 ha avuto le risposte che cercava, dopo essersi sentita dire: «Solo stress», risposta che sminuiva la sua sofferenza. Con la sclerosi ha imparato a convivere, conoscendo i suoi limiti, cercando di superare ogni prova con forza e consapevolezza, ma un’altra ferita ha iniziato a sanguinare senza mai essersi cicatrizzata del tutto.
Giorni fa, Antonella ha letto un articolo in cui si evidenziavano i cali di richieste di adozioni di bambini. Nell’articolo si citavano alcuni requisiti, fra cui la giovane età della coppia. «Sono questi i casi in cui soffro: perché si impedisce di realizzare questo desiderio? Avrei potuto avere figli naturalmente, ma non sono arrivati. Anni fa era sconsigliata anche la fecondazione assistita e quindi me l’hanno impedito. La ricerca ha fatto passi avanti, si possono avere figli, si può fare la fecondazione. Ma tutto è avvenuto troppo tardi».
Antonella ha 54 anni e convive da 21 con Roberto; sono una coppia stabile, innamorata. Viaggiano, lavorano, si sostengono l’uno con l’altra nei momenti difficili. «Saremmo stati dei bravi genitori, in grado di crescere un figlio amandolo. Eppure mi hanno detto che a me un figlio non l’avrebbero dato mai. E perché? Conosco tante donne con la sclerosi multipla che ne hanno avuti naturalmente e li hanno cresciuti anche vivendo su una sedia a rotelle. Perché, se la scienza va avanti, le linee guida che accompagnano alcune leggi non ne tengono conto? Mi sono informata attraverso diverse associazioni e assistenti sociali e ho scoperto che a una donna con una patologia neurodegenerativa come la sclerosi multipla non danno questa possibilità perché pensano che tu possa peggiorare».
Su questa ferita Antonella ha scritto un libro, dal titolo “Comunque mamma”, che ha presentato anche in Senato, perché voleva chiedere alla politica come migliorare il processo di adozione per tutti, anche per le coppie sane, ma soprattutto di permettere a una donna con una patologia come la sua di poter adottare.
«Non è nemmeno detto che degeneri, come nel mio caso. Ho un marito sano. Io ho dei sintomi invisibili presenti, fatico un po’ a camminare e uso una stampella. Nella vita di tutti i giorni potrei crescere un figlio. Ho fatto pace con la mia malattia, ma ancora soffro per la privazione di una possibilità: l’adozione. A giugno scorso mi hanno promesso di rivedere la legge sull’oblio oncologico per poterla estendere anche a casi come il mio. Spero che non sia troppo tardi anche questa volta. E se lo sarà per me, che non lo sia per tante altre donne, che meritano di avere questa possibilità».