I toni usati da Trump sulla questione Ucraina sono stati tali da distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale da quella che è invece la questione principale, ossia le motivazioni che lo hanno spinto a schierarsi con Putin, abbandonando, almeno così ora sembra, Kiev al suo destino. Certo il suo comportamento può essere influenzato da “affinità elettive” che lo avvicinano a Putin o dal desiderio di aumentare il suo potere negoziale avendo di mira le ricchezze naturali dell’Ucraina. Ma queste possibili motivazioni contingenti non potrebbero prevalere in assenza di un obiettivo strategico.
E quell’obiettivo strategico ha un nome preciso: Cina. Trump deve allontanare la Russia dall’orbita cinese verso la quale la reazione occidentale all’invasione dell’Ucraina l’ha inevitabilmente spinta. È chiaro, infatti, che la partita che l’America dovrà giocare nei prossimi anni è quella con la Cina. E questo perché, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno un vero avversario per l’egemonia globale. Per quanto pericolosa per il suo arsenale nucleare, l’Unione Sovietica non era comparabile agli Stati Uniti come potenza mondiale. Secondo il Global Power Index (Gpi) preparato dal Frederick S. Pardee Center for International Futures dell’Università di Denver, che tiene conto di un insieme di fattori economici, militari e politici per valutare la quota di “potere” detenuto da un Paese nel mondo, l’Urss nel suo periodo d’oro aveva una quota di potere di due o tre volte inferiore a quella degli Stati Uniti. Le cose sono ora cambiate. La quota di potere globale degli Stati Uniti è stimata al 25 per cento; quella cinese, che alla fine degli anni 70 era solo del 3 per cento, è ora del 20 per cento e nelle previsioni dello stesso Centro nei prossimi anni supererà quella americana. Per la prima volta dall’ultima guerra ci sono due galli nel pollaio.
Per molti aspetti la Cina sopravanza gli Stati Uniti. A tassi di cambio a parità di potere d’acquisto - il che significa in termini di volumi di produzione - il Pil cinese nel 2024 era del 27 per cento più grande di quello Usa, secondo il Fondo Monetario Internazionale. Lo squilibrio è poi molto forte nel settore manifatturiero dove la Cina rappresenta oltre il 30 per cento del prodotto mondiale, più del doppio degli Stati Uniti. La Cina produce il 54 per cento dell’acciaio mondiale, dodici volte e mezza la produzione degli Stati Uniti e il 70 per cento delle “terre rare”, una percentuale che sale all’85 per cento se si considerano i materiali derivati da queste. Gli Stati Uniti hanno la leadership nel campo degli investimenti in intelligenza artificiale (con spese ben oltre i 300 miliardi l’anno, tre volte la spesa cinese). Ma è l’eccezione, non la regola.
Nel campo militare la Cina sta però indietro. La sua spesa è il 60-70 per cento di quella americana e, soprattutto, il suo arsenale nucleare è limitato a 500 testate. Anche prevedendo un suo raddoppio entro il 2030 (questa sembra essere l’intenzione) è poca cosa rispetto alle 3.700 testate a stelle e strisce. Ed è qui che entra in gioco la Russia, che di testate nucleari ne ha ancora migliaia. Essenziale, quindi, per l’America distanziare l’orso russo dal dragone. Chi ci va di mezzo in questo gioco è l’Europa e, nel caso specifico, l’Ucraina che viene sacrificata in nome degli interessi strategici dello zio Sam.