Opinioni
11 luglio, 2025Stati Uniti d’Europa o si rischia l’irrilevanza, che nella geopolitica è l’anticamera della dipendenza
C’è stato un tempo in cui l’Europa era il cuore pulsante della politica mondiale. Un tempo in cui le decisioni prese a Parigi, Berlino, Roma o Londra modificavano gli equilibri planetari. Oggi, invece, nelle stanze dove si decidono le sorti del mondo – dalle guerre alle crisi economiche, dalle sfide climatiche agli equilibri commerciali – l’Europa è spesso assente. O peggio: c’è, ma non conta.
Negli ultimi anni, come L’Espresso ha più volte documentato, l’Unione Europea si è rivelata spettatrice più che protagonista. In Medio Oriente, dove si alternano tragedie umanitarie e conflitti senza fine, Bruxelles ha balbettato. Nella guerra in Ucraina, l’iniziativa è rimasta in mano a Washington. Nelle trattative sui dazi e sul commercio globale, sono stati Pechino e gli Stati Uniti a dettare le condizioni. E l’Europa? Presente con ventisette voci diverse, spesso dissonanti. A volte in conflitto fra loro.
Questa impotenza non è frutto di debolezza strutturale. Al contrario: l’Europa ha tutte le caratteristiche per essere una grande Confederazione. È la seconda economia mondiale, può contare su un patrimonio culturale, scientifico, industriale e tecnologico di prim’ordine. Ha una popolazione numerosa, con un’ottima formazione scolastica. Ma continua a comportarsi come una collezione di Stati sovrani, ognuno preoccupato più del proprio orticello che del giardino comune.
La verità è che il sogno europeo – nato con forza nel dopoguerra, forgiato sulle macerie dei nazionalismi e sugli ideali di pace e di democrazia – si è arenato. L’Unione Europea, oggi, appare una costruzione incompiuta. Funziona sul piano burocratico, ma a livello mondiale fatica ad avere peso politico. Ha una moneta unica, ma non una politica estera comune. Ha istituzioni sovrannazionali, ma resta ostaggio delle agende nazionali. Il risultato è una sorta di paralisi che ci rende marginali.
È per questo che oggi, con questa copertina, lanciamo una proposta che speriamo possa trovare consenso e attuazione in futuro: è tempo di costruire gli Stati Uniti d’Europa.
Siamo fermamente convinti che non è un’utopia, che è invece un progetto realizzabile e che è ormai anche una necessità storica. Solo una vera confederazione di Stati – con una guida politica forte, un esercito comune, una voce unica nei consessi internazionali – può restituire all’Europa un ruolo di protagonista. Non per nostalgia di grandezza, ma per rispondere alle sfide reali del nostro tempo: cambiamento climatico, migrazioni, difesa, innovazione tecnologica, competitività economica, diritti civili.
L’idea non è nuova. A evocarla sono stati grandi europeisti come Altiero Spinelli, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e oggi, per la prima volta, diventa urgente e concreta. Perché senza una svolta federale, l’Europa rischia l’irrilevanza, che nella geopolitica globale è l’anticamera della dipendenza. E dalle pagine di questo giornale tante volte abbiamo messo in guardia contro il rischio della sudditanza verso le altre potenze mondiali.
Siamo davanti a un bivio: continuare a esistere come un’Unione debole, litigiosa, incapace di decidere. Oppure avere il coraggio politico di compiere un salto verso una vera unione politica. Gli Stati Uniti d’Europa non sono una chimera, sono l’unica strada per tornare a essere protagonisti.
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