Cultura di destra: si può solo sperare nei voltagabbana

In un articolo del 1992, dal titolo “Le salubri insolenze”, Franco Fortini sottolineava che era giunto il tempo di essere diretti: in quell’occasione, ricordò una sberla data da suo padre, «uomo mitissimo, quando, dopo anni di umiliazioni, ebbe a incontrare in un luogo affollato del centro di Firenze, la mattina successiva all’arresto di Mussolini, 1943, un tale che da lungo tempo gli aveva tolto il saluto e che gli si era fatto incontro sorridendo, anzi togliendosi il cappello». Succede sempre, in casi in cui occorre riposizionarsi per salvare la faccia o per guadagnare la pagnotta: e nella stragrande maggioranza delle occasioni non si accoglie il riposizionando a ceffoni, ma con grandi sorrisi. Ora, fa un certo effetto parlare di voltagabbana nel momento in cui la Terza guerra mondiale romba sulle nostre teste, però vale la pena riflettere un po’ sulla cultura italiana, perché, a pensarci molto bene, c’è da analizzare un fenomeno interessante.

 

Non si registrano clamorosi passaggi di intellettuali dalla sinistra a Giorgia Meloni: più o meno, gli intellettuali della destra sono gli stessi dai tempi dei «Berluscolti», Marcello Veneziani, Pietrangelo Buttafuoco, Vittorio Sgarbi e le firme di un quotidiano molto intellettuale e molto schierato. Quindi, ogni volta che il ministro Alessandro Giuli protesta e grida «non vogliamo inquilini del privilegio», come ha fatto recentemente in due occasioni (il declassamento del Teatro della Toscana e dunque dell’assai sgradito Stefano Massini e il finanziamento di un film di un assassino, che però è stato finanziato da Nicola Borrelli che era stato nominato da Sandro Bondi), ci si chiede con chi sostituirebbe questi benedetti inquilini, perché rischia di ritrovarsi la casa sfitta. Certo, c’è Mogol, che Gennaro Sangiuliano nominò consigliere per la cultura popolare, senza mai specificare che cosa avrebbe dovuto consigliare. E poi tutti coloro che affollarono il famoso convegno sull’egemonia culturale, da Pier Francesco Pingitore a Pippo Franco. Tant’è vero che il povero Sangiuliano dovette rivolgersi a Dante per trovare un fondatore del pensiero di destra italiano (era il 15 gennaio 2023 e non sono note le reazioni dello spettro del Sommo).

 

Attenzione, questo non significa che la cultura sia obbligatoriamente di sinistra né che la sinistra medesima sia stata pura come un angelo nella gestione delle cose culturali di questo Paese (tutt’altro). È vero che nel famoso portale “Open to Meraviglia” del governo Meloni è stato fatto un pasticcio e che la meravigliosa città marchigiana di Camerino è divenuta nella traduzione tedesca Garderobe, ma anche in altri portali gestiti da ministeri non di destra sono stati fatti non pochi pasticci. Significa semplicemente che, invece di coltivare un pensiero di destra innovativo, si tuona su quello di sinistra e sui suoi esponenti, o li si dileggia. O li si querela. Sarebbe, infine, quasi preferibile avere qualcuno da prendere a schiaffi o da condannare in una poesia, come fece Giorgio Bassani nel 1973 in quella dedicata agli «ex fascistoni di Ferrara» che, finita la guerra, gli gettarono le braccia al collo.

 

Per questo, la cosa preziosa di oggi è “Il miracolo” di Lorenza Sabatino, che esce per Guanda e racconta l’assai singolare resurrezione di un bambino investito da un’automobile, con conseguenze non facili per la famiglia. Perché ci vorrebbe un miracolo, per riempire la casa della destra di inquilini. E ci vorrebbe per noi tutti, per il mondo, ma questa è un’altra, terribile storia.

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