Troppa pressione. Il prossimo 24 luglio avremo consumato più di quanto la Terra ci offre ogni anno per vivere. Dal giorno dopo, le risorse che utilizzeremo non potranno più essere rinnovate. Così l’overshoot day, il giorno in cui l’umanità consuma tutte le biocapacità che il Pianeta è in grado di rigenerare e assorbire, arriva sempre prima. Nel 2024 è stato il primo agosto. Negli ultimi 50 anni la nostra impronta ecologica – la somma di ciò che ci serve per vivere, dal cibo all’energia, ai materiali – è raddoppiata. Mentre la biocapacità messa a disposizione dal Pianeta per ogni persona è diminuita del 30 per cento, come denuncia il Global Footprint Network. Che cos’ha determinato uno squilibrio così grande? Un’economia basata sui combustibili fossili, l’alto consumo energetico, l’industria pesante e quella delle armi, i consumi fuori controllo dei super ricchi che inquinano come il 50 per cento del resto della popolazione, l’urbanizzazione selvaggia, la dipendenza dalle importazioni, l’agricoltura intensiva, i trasporti e le infrastrutture ad alto impatto come inceneritori e grandi opere.
Per il nostro Paese, la data in cui possiamo considerarci in debito con la Terra è arrivata addirittura prima: il 6 maggio. Nel 2024 era il 19 maggio. Non siamo certo un esempio di sostenibilità ed equità, anzi. Queste date fotografano il disastro ecologico italiano e l’inadeguatezza del governo Meloni, che nega l’evidenza, intenzionato a bruciare danaro pubblico nel riarmo per compiacere l’oligarchia che sostiene Donald Trump. Scegliendo la guerra, mentre le priorità sono altre: la crisi ecologica, l’aumento di disuguaglianze e conflitti sociali, la diminuzione della partecipazione. Non possiamo più utilizzare le risorse che ci vengono messe a disposizione a una velocità superiore a quella di rigenerazione degli ecosistemi della Terra, anche nel nostro Paese: questo il punto. Il sovrasfruttamento porta a deforestazione, perdita di biodiversità, erosione del suolo, aumento delle emissioni di gas climalteranti responsabili della febbre del Pianeta e dell’afa che avvolge le nostre città. Causando inevitabilmente l’aumento delle ingiustizie sociali. Un circolo perverso che prova il fallimento del modello fondato sulla crescita economica. Un sistema che va cambiato, se vogliamo evitare di scannarci per le risorse rimaste. La bugia secondo cui bisogna dare priorità alla crescita economica per creare lavoro e poi pensare all’ambiente non funziona più. Le due cose sono strettamente collegate: la giustizia sociale dipende dalla capacità di garantire la giustizia ambientale.
L’unica strada che ci restituisce il potere di cambiare le cose è la riconversione ecologica, non la crescita verde che tanto piace ai ricchi e a chi non vuole individuare le responsabilità della crisi. Per incidere, la riconversione dev’essere pianificata, inclusiva, equa, partecipata e decentrata attraverso le leve degli investimenti pubblici, del lavoro di cittadinanza e della socializzazione delle infrastrutture strategiche tra paesi e municipi. Visione sistemica, innovazione e attività di riproduzione socio-ecologica per rimandare indietro le lancette dell’orologio. Per restituire un futuro di prosperità e pace all’umanità. Si può fare, ma bisogna cambiare rotta. In gioco sono le nostre vite. Rivolgiamo una domanda a Giorgia Meloni: che fa il governo per garantire la nostra sicurezza sanitaria, sociale e ambientale? Facciamo Eco!