Opinioni
20 agosto, 2025Chi si oppone al ponte sullo Stretto chiede acqua e infrastrutture vere per il territorio. Non propaganda
Il ponte non è un’infrastruttura, ma un dispositivo finanziario/politico», si poteva leggere su di un cartello lo scorso 9 agosto in piazza Cairoli a Messina. Da lì è partito un corteo di diecimila persone, con più di ottanta adesioni tra realtà, movimenti e partiti, sotto lo slogan: «Vogliamo l’acqua, non la guerra». La manifestazione è stata chiamata a seguito del progetto definitivo di Cipess per il ponte sullo Stretto di Messina, che i comitati hanno ribattezzato «il ponte della propaganda». L’approvazione del progetto definitivo, nelle parole dell’assemblea “No Ponte”, è il «frutto dell’arroganza di un governo che calpesta tutto e tutti, soprattutto gli interessi reali degli italiani». La piazza è stata un’occasione per diversi movimenti e cittadini attivi per incontrarsi di nuovo: coloro che hanno lottato contro i missili nucleari a Comiso, contro il Muos di Niscemi e per la denuclearizzazione dello Stretto, ma anche le realtà nazionali che nei decenni si sono mobilitate contro la guerra, per la giustizia e per il clima. «Questa – dichiara l’assemblea “No Ponte” di Messina – è un’emorragia di risorse pubbliche», chi si oppone «all’opera inutile e imposta» si occupa di difendere «il mare, la terra e il futuro».
Nel comunicato del corteo d’inizio agosto è centrale l’impatto che l’opera ha sul territorio siciliano e calabrese: «I soli lavori sullo Stretto sottrarrebbero 5 milioni di litri di acqua al giorno, pari al 20 per cento del fabbisogno idrico di Messina». Nei decenni, le contestazioni all’opera hanno sempre formulato delle richieste molto chiare ed esplicite (e abbastanza basilari) per il territorio: l’acqua, l’istruzione, la sanità, la sicurezza sismica e la sicurezza idrogeologica. «Nel 2023 ci avevano già detto che era l’ultima estate, che eravamo alle soglie dell’avvio dei cantieri del ponte sullo Stretto. Sono passati due anni e ancora una volta ci troviamo di fronte ad accordi e cronoprogrammi che alludono alla messa in moto delle ruspe». E continuano: «Ancora una volta ci troviamo, d’altronde, di fronte a un’estate di passione per l’assenza di acqua nelle nostre abitazioni». E ci si chiede davvero come faccia l’accesso all’acqua per dei territori a non essere una priorità nazionale.
Ma, d’altronde, già nella relazione che accompagnava il dl 35/2023, il ponte sullo Stretto veniva descritto come opera di interesse strategico, anche militare. L’opera va dunque inquadrata, suggerisce l’assemblea, all’interno di «una strategia politica e mediatica messa in atto mentre il mondo intero continua la folle corsa verso la guerra e il riarmo». Tuttavia, l’opposizione c’è e negli anni sembra rafforzarsi: le dimensioni del corteo del 9 agosto «ci autorizzano a dire che possiamo avere l’ambizione di fermare i cantieri. Sappiamo bene che si sono premuniti con il decreto (ormai legge, ndr) Sicurezza, ma sappiamo che contro il popolo non si può governare e che più saremo e meno potranno reprimerci», ha dichiarato Antonio Mazzeo dell’assemblea di Messina. L’opposizione al ponte sullo Stretto non è solo una contestazione, ma è anche il racconto di un’idea diversa di progresso, così come una chiave di lettura lucida della gestione del dissenso e del conflitto sociale in Italia. L’assemblea non si ferma per le ferie: «Non ci stiamo a vedere svendere la nostra terra. Calabria e Sicilia non sono zone da occupare, da espropriare, da militarizzare. No al Ponte, sì al futuro. No alla mangiatoia, sì alla dignità dei nostri territori».
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