Noti filantropi, nel 2004 i Sandler avevano contribuito a far nascere MoveOn.org, un movimento di sinistra che all'epoca sosteneva le ambizioni presidenziali di Howard Dean. Anche nel corso della telefonata a Steiger i Sandler parlarono di filantropia. E gli annunciarono di voler donare 10 milioni di dollari all'anno per finanziare attività di giornalismo investigativo non profit. Aveva qualche idea da suggerire?
Oltre un anno dopo, eccoci nell'ufficio di Steiger. Non più al 'Wall Street Journal', che lui ha lasciato il 31 dicembre per andare in pensione, bensì a Pro Publica, l'agenzia che ha appena fondato grazie ai soldi dei Sandler: "Con 10 milioni di dollari si può fare parecchio giornalismo investigativo", dice inarcando le sopracciglia. Siamo al 23esimo piano di un grattacielo su Broadway, accanto a Wall Street, in una redazione nuova di zecca che si affaccia sulla baia di New York. L'ufficio di Steiger è uno dei pochi occupati, assieme a quello di Steve Engleberg, che in passato è stato capo del settore inchieste del 'New York Times', e poi direttore dell''Oregonian', importante quotidiano della costa pacifica. Di Pro Publica Steiger è il presidente, Engleberg il direttore operativo: due tra i più brillanti giornalisti americani che oggi presidiano una redazione ancora deserta, con una ventina di scrivanie vuote.
"Abbiamo ricevuto 850 domande di assunzione", spiega Steiger, "e nell'elenco ci sono nomi assai noti del giornalismo americano, assieme a giovani appena usciti dal college". Dopo una prima selezione, Steiger ed Engleberg hanno decimato la lista a 250 candidati: presto saranno ridotti a una rosa di 50 che saranno intervistati uno per uno."Alla fine ne assumeremo 22 o 23. A metà marzo avremo una massa critica di reporter che ci consentirà di cominciare a lavorare; a metà aprile il sito web sarà pronto; a giugno cominceremo a produrre le prime inchieste: le cederemo gratis ai giornali interessati o le pubblicheremo sul nostro sito".
Solo pochi anni fa nessuno avrebbe immaginato che centinaia di reporter avrebbero fatto la fila per entrare in una agenzia non profit, abbandonando le testate più prestigiose del Paese. Ma oggi il giornalismo americano sente i morsi della crisi. Ogni giorno arrivano funeste notizie di tirature in calo, fatturati pubblicitari in declino, redazioni tagliate, testate vendute. Internet sta mettendo a soqquadro l'editoria americana. I giovani non comprano più i giornali e nelle redazioni si respira un'aria di insicurezza. Ogni redattore sa che nell'elenco dei prossimi licenziati potrebbe esserci il suo nome. L'ultima doccia fredda, ricorda Steiger, è arrivata poche settimane fa, quando il 'New York Times' ha annunciato un calo del 20 per cento nel fatturato dell'ultimo trimestre 2007, confermando una tendenza negativa che va avanti da anni. "Il modo più semplice per reagire a queste docce fredde è tagliare i costi, sfoltendo la redazione", dice Steiger.
La qualità del giornalismo americano sta scendendo? Steiger risponde in modo difensivo: "Non ancora". Lui da nove anni è nella giuria nazionale che assegna i premi Pulitzer e da quel punto di osservazione non nota un calo della qualità. Ma sa che i continui tagli stanno lasciando il segno. Una ricerca pubblicata dall'Arizona State Journalism School rileva una netta diminuzione dei giornalisti investigativi, quelli pagati per andare oltre la cronaca quotidiana e scavare in profondità, magari dedicando mesi a un'inchiesta. In futuro quanti giornali potranno investire in attività così costose?
Il giornalismo di qualità, spiega Steiger, fu la risposta dell'editoria cartacea americana alla sfida delle televisioni. Erano gli anni Sessanta, il pubblico era incantato a guardare Walter Cronkite che la sera raccontava le news dagli studi della Cbs, e gli editori capirono che l'unica strada per attirare investimenti pubblicitari era conquistare la fedeltà del pubblico più colto e benestante. "Quella strategia andò avanti immutata fino agli anni Novanta", racconta Steiger, "ma ora il Web ha mandato tutto all'aria". Fino a dieci anni fa i quotidiani cartacei avevano successo perché erano come grandi supermarket dell'informazione, dove i lettori potevano trovare un po' di tutto, dallo sport alle previsioni del tempo. Ma con l'arrivo del Web quei supermarket hanno perso clienti a favore dei negozi specializzati nelle news di settore. Così calano le vendite, crolla la pubblicità, e per mantenere i margini di profitto si tagliano le redazioni. Al 'Los Angeles Times' si sono dimessi due direttori in sei mesi per aver rifiutato di firmare centinaia di licenziamenti.
Steiger scuote la testa. Questi appelli a sfondo etico non lo convincono: "Non si può chiedere agli editori di accontentarsi di minori profitti: è contro la natura umana". E forse non servirebbe a niente perché il mondo della carta stampata è comunque destinato a cambiare volto. "In giro vedo un enorme processo di distruzione creativa", dice prendendo a prestito la vecchia definizione di Joseph Schumpeter. E in effetti negli ultimi due anni è successo di tutto. La catena dei quotidiani McClatchy è stata smembrata e rivenduta a pezzi. Il Times Mirror ha ceduto il 'Los Angeles Times', un gioiello pregiato del giornalismo americano, che ora è finito nelle mani di un immobiliarista, Sam Zell. E Dow Jones, dove Steiger ha lavorato per 25 anni, appartiene ora a Rupert Murdoch. Steiger non si avventura in previsioni sul futuro, né sa dire quanto durerà il processo in corso: "Alcune società sopravviveranno, molte altre andranno in bancarotta. Ma certo non si può chiedere agli editori di comportarsi come se fossero un servizio pubblico".
Ma siccome negli Stati Uniti la filantropia è un aspetto importante della cultura del business, una delle soluzioni adottate per affrontare la tempesta è la creazione di iniziative non profit. Non si tratta di una novità. Da anni la Npr (National Public Radio) e la Pbs (Public Broadcasting Service), due emittenti che ricevono anche fondi pubblici, sono in larga parte finanziate da donazioni private. E importanti quotidiani come il 'Christian Science Monitor' e il 'St. Petersburg Times' sono organizzazioni non profit legate a fondazioni private. Ora queste iniziative si stanno moltiplicando. In California è nato 'The Voice of San Diego', giornale on line non profit che si occupa di politica locale, ha otto giornalisti ed è completamente finanziato dalle donazioni. A Minneapolis è sorto il 'MinnPost', sia on line sia sulla carta, fondato da un gruppo di giornalisti fuorusciti dal locale 'Star Tribune', per coprire in modo serio la politica e la cultura locali. Con obiettivi analoghi in Minnesota è stato creato il 'Minnesota Monitor', filiazione del Center for Independent Media, e nel Connecticut il 'New Haven Independent', nella regione della Yale University.
In questo panorama, Pro Publica è certo l'iniziativa più ambiziosa e meglio finanziata. Steiger dice di volersi porre un obiettivo limitato, ma fondamentale: "Voglio trasmettere alla prossima generazione di cronisti le tecniche del giornalismo investigativo. Nelle nostre inchieste ci concentreremo su chi abusa del suo potere, ma non ci occuperemo solo del governo e del potere economico. Terremo sott'occhio qualunque forma di potere: gli avvocati e i giudici, i sindacati e le scuole, i medici e gli ospedali, le associazioni non profit e i media". Steiger definisce il nuovo mondo di Internet "un'affascinante dicotomia". "Da una parte assistiamo a un'esplosione di opinioni. Ma allo stesso tempo, per effetto dei tagli alle redazioni, l'offerta di informazioni di base sta diminuendo. La blogosfera non può offrire nulla di simile al giornalismo investigativo di istituzioni come il 'Wall Street Journal', dove gruppi di reporter dedicano settimane a una sola inchiesta".
Steiger non crede che Pro Publica sia l'unico modello da seguire, ma solo uno dei mille tasselli di un puzzle che sta prendendo forma. Nel nuovo mondo che sta nascendo le organizzazioni non profit dovranno svolgere le attività che potrebbero non essere più sostenibili da un punto di vista economico, ma che sono indispensabili per garantire un equilibrio dei poteri all'interno della società. Ma i blogger e il citizen journalism sono altre tessere dello stesso mosaico. "Le inchieste di Pro Publica saranno distribuite principalmente sul Web", promette Steiger: "Diremo ai bloggers: ecco quello che abbiamo scoperto, se volete potete linkarci".