Farmaci capaci di impedire che la malattia si formi o si sviluppi. È il nuovo fronte caldo della guerra ai tumori. Il celebre oncologo spiega come prevenire il grande male con una medicina

Arrivare prima della malattia. Trattando il corpo come un microambiente che si può condizionare a non accogliere il tumore. Ci si può riuscire con gli stili di vita, con il cibo sano. Ma anche con la farmacoprevenzione, usando cioè dei principi attivi che sono capaci d'interferire con la cancerogenesi. Fu il chirurgo inglese Stephen Paget, alla fine dell'Ottocento, a formulare la teoria del 'seme e suolo', in cui il cancro viene visto come una pianta infestante che germoglia se trova il terreno favorevole. Ma se invece il terreno viene trattato, il cancro non attecchisce. Una teoria affascinante, che però ha dovuto aspettare l'evoluzione della ricerca scientifica per cominciare a diventare plausibile.
Ci siamo ormai abituati all'idea che si possono prevenire infarto, ictus e aterosclerosi con i farmaci che abbassano il colesterolo e controllano l'ipertensione: milioni di persone in tutto il mondo riescono a vivere più a lungo e in buona salute proprio grazie a questi farmaci squisitamente preventivi: chi è a rischio di essere colpito da accidenti cardiovascolari può essere trattato con successo per lunghi anni.

Si punta adesso a ottenere gli stessi risultati per quanto riguarda i tumori. Come? Grazie agli sviluppi della medicina predittiva, siamo ormai in grado di identificare le persone a rischio di sviluppare un tumore, e tra le ricadute della mappatura del genoma ci sono alcuni test genetici utilissimi nella definizione del rischio. È il caso dei tumori della mammella per la mutazione dei geni Brca 1 e 2, è il caso dei tumori del colon per poliposi familiare. Ma gli indicatori di rischio oncologico allo studio sono molti. E la ricerca potrà presto indicare altri test capaci di dirci quanto un paziente è a rischio. Ai test coniughiamo la storia famigliare, la storia clinica (le cattive abitudini come il fumo e l'alimentazione) e tracciamo profili di rischio, che diventano sempre più accurati.

Così, per le donne a rischio, ad esempio, si apre la vera prevenzione: la risonanza magnetica una volta all'anno, e tra poco la prospettiva di un farmaco anti-cancro derivato dalla vitamina A, da prendere tutti i giorni come un semplice integratore. Ci sono poi gli importanti esempi di principi attivi preventivi come il tamoxifene e altri anti-estrogeni per la prevenzione del tumore del seno. All'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, con Andrea Decensi abbiamo sperimentato con successo l'uso di un derivato dell'acido retinoico (la fenretinide) per la prevenzione del tumore mammario delle donne giovani.

Un grande vantaggio è il fatto che i farmaci preventivi sono caratterizzati da una tossicità molto bassa, e da scarsi effetti collaterali. Ne è un esempio la notizia, convalidata l'anno scorso da uno studio apparso sull' autorevole rivista scientifica 'Lancet', che una semplice aspirina al giorno per periodi prolungati può diminuire l'incidenza di tumori al colon. Inoltre sono farmaci che costano poco (l'acido retinoico costa un euro) e potrebbero salvare la vita di milioni di persone.

Un caso curioso è quello del Finasteride, un principio attivo che inibisce l'enzima testosterone, e che è stato proposto per la prima volta una quindicina di anni fa per curare l'ipertrofia prostatica, cioè l'ingrossamento benigno della prostata, disturbo che colpisce un uomo su quattro dopo i cinquant'anni d'età, e che rende difficoltoso orinare. Il caso di questo farmaco è singolare, perché trattando gli uomini con ipertrofia prostatica, si è visto che il farmaco fermava anche la perdita dei capelli. In seguito si è scoperto che il Finasteride ha un importante effetto preventivo contro il tumore della prostata. Cinque anni fa, un ponderoso studio statunitense, finanziato in gran parte dal National Cancer Institute, ha provato il farmaco su 18 mila uomini dai 55 anni in su, in buona salute. Per sette anni metà di essi è stato trattato con il farmaco, l'altra metà con un placebo, cioè con una sostanza inerte sotto il profilo farmacologico. Tra coloro i quali avevano preso il farmaco, hanno constatato i ricercatori, la frequenza del tumore della prostata si è ridotta del 24 per cento. Un ottimo risultato, su cui però grava un'ombra che impone nuovi studi: chi, comunque, è stato colpito dal tumore, l'ha sviluppato in forma più aggressiva. Ora per il tumore prostatico si profila un nuovo agente protettore: la bicatulamide.

Altre ricerche di farmacoprevenzione appaiono promettenti. Una delle più interessanti è quella sull'attività antitumorale delle statine, già in uso per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Se sarà provata la loro efficacia contro i tumori, avremo una classe di farmaci utili su due fronti.

Da ricordare anche il progetto sull'uso inalatorio della budesonide, nei forti fumatori, quelli che presentano noduletti periferici che potrebbero essere precursori dell'adenocarcinoma, il più frequente istotipo di tumore del polmone. Se con l'inalazione i noduletti si ridurranno, l'azione preventiva della sostanza sarà provata.

Bisogna credere nella farmacoprevenzione, e impegnarvi cervelli e mezzi finanziari. Nella battaglia contro il cancro mi sembra talmente strategica da richiedere una grande attenzione da parte della comunità scientifica internazionale, accompagnata dalla decisione dei governi di investire in questa grande scommessa. Il cancro è un problema di salute pubblica, e le enormi potenzialità della farmacoprevenzione devono trovare risposta nelle decisioni politiche. Bisogna anche che gli enti pubblici e privati di ricerca creino dipartimenti dedicati alla farmacoprevenzione, come è stato fatto negli Stati Uniti negli ultimi anni.

Un'idea importante sarebbe creare un network europeo per la prevenzione dei tumori. Il movimento Europa contro il Cancro, di cui mi onoro di essere stato il promotore, ha creato negli anni '80-90 le basi perché oggi si possa cogliere questa nuova speranza di vita e di salute.