Politica
9 luglio, 2025Nell'atto di chiusura indagini del tribunale dei ministri i carteggi tra funzionari di via Arenula e la capo gabinetto Bartolozzi, che ha consigliato di parlare su Signal per garantire "massimo riserbo". Smentita la versione del governo: l'Italia avrebbe potuto sanare il vizio sul mandato d'arresto del comandante libico, ma scelse di non farlo
Emergono nuovi dettagli sul caso Almasri, elementi che potrebbero mettere in una posizione più scomoda il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Le novità sono contenute tutte negli atti di chiusura indagini del tribunale dei ministri nel procedimento che coinvolge, oltre al Guardasigilli, anche Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano. A giorni il tribunale deciderà se archiviare oppure se rinviare a giudizio per favoreggiamento, peculato e omissioni di atti d’ufficio per aver liberato il comandante libico, su cui pendeva un mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale.
La smentita della versione di Nordio
Al di là dei risvolti processuali, quel che emerge dalle mail allegate all’atto di chiusura indagini – come scrivono Corriere della Sera e Repubblica – è che il ministero della Giustizia, e ragionevolmente anche il suo titolare, cioè Nordio, abbiano saputo dell’arresto a Torino di Almasri immediatamente, fin dal pomeriggio di domenica 19 gennaio. Se così fosse, verrebbero meno gli alibi usati dal Guardasigilli per giustificare la scarcerazione e il rimpatrio del generale libico. E cioè che fosse mancata la trasmissione degli atti al ministero della Giustizia. Nordio disse che la domenica giunse solo “una comunicazione informale di poche righe, priva di dati identificativi”, e che solo l’indomani, lunedì 20, il procuratore generale di Roma “trasmetteva il complesso carteggio”. In realtà già la domenica il magistrato di collegamento nell’ambasciata italiana in Olanda aveva inviato l’atto di accusa dei giudici de L’Aja.
"Massimo riserbo e cautela"
Il 19 gennaio, il capo del Dipartimento per gli affari di giustizia Luigi Birritteri (poi dimissionario) aveva scritto una mail al capo di gabinetto di Nordio, Giusti Bartolozzi, per indicare la mancanza dell’autorizzazione all’arresto di Almasri - il via libera ai mandati d’arresto internazionale è di competenza ministeriale -. Bartolozzi aveva risposto di esserne già a conoscenza e aveva richiesto “massimo riserbo e cautela” e di utilizzare la piattaforma Signal per garantire maggiore riservatezza. Ma il tema più spinoso è che l’Italia avrebbe avuto tutto il tempo per riparare all’errore segnalato insistentemente dalla Corte d’appello di Roma sulla mancata trasmissione degli atti al ministero di via Arenula. Agli atti ci sarebbe anche una bozza preparata dai funzionari del ministero per “sanare” il vizio rilevato sul mandato d’arresto, ma poi non se n’è fatto niente. Com’è noto, Almasri è stato rimpatriato in Libia dopo pochi giorni a bordo di un aereo Falcon in uso ai servizi segreti. In applicazione – questa è stata una seconda strategia difensiva di Nordio e del governo – di un mandato d’arresto spiccato dalla stessa Libia. Ma anche questa argomentazione, secondo la stessa Corte penale internazionale, fa acqua da tutte le parti.
Archiviazione o rinvio a giudizio
Nelle scorse settimane, oltre a Birritteri e altri funzionari del ministero della Giustizia, anche Bartolozzi è stata ascoltata dal tribunale dei ministri. Pure Nordio è stato convocato, ma non si è mai presentato. Intanto, la procura della Corte de L’Aja ha chiesto di deferire l’Italia. E, sul piano interno, si aspetta nei prossimi giorni la decisione del tribunale dei ministri sugli indagati.
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