La megasocietà travolta dallo scandalo. Avrebbe sottratto al fisco più di 280 milioni

L'impero dell'evasione

Nei primi anni del Duemila il nome di Angeloguido Mainardi valeva molto nel mondo della finanza. Nato a Stresa nel 1949, si era fatto le ossa come docente ai master dell'Ipsoa, la scuola di formazione dov'è passato il fiore dei commercialisti italiani (a cominciare da Giulio Tremonti), per diventare poi una delle firme del quotidiano "Sole 24 Ore". La sua Mythos era nata nel 1997 e, attorno, Mainardi e soci avevano costruito una fitta rete di attività con partner eccellenti fra imprenditori, aristocratici, professionisti per vari motivi vicini alla pubblica amministrazione. "Boutique" della consulenza, fiduciarie, banche d'affari, società di formazione o di gestione di fondi comunitari erano il pane quotidiano della Mythos, il cui nome veniva spesso celebrato dalla stampa specializzata. Poi, il tracollo. Nel settembre 2005, le manette per uno dei soci fondatori, Giuseppe Berghella, filmato mentre versava tangenti all'Agenzia delle entrate di Milano. Nel febbraio 2008, altri quattro arresti addirittura per associazione per delinquere. L'indagine per corruzione, che riguarda Berghella come singolo professionista, scatena una valanga di inchieste collegate per reati fiscali, che coinvolgono decine di collaboratori e clienti di mezza Italia.
Dopo le prime confessioni, un plotone di condannati ha già patteggiato e risarcito allo Stato circa 30 milioni. La Mythos, dichiarata insolvente, è finita in liquidazione coatta. Ora a Milano prosegue il processo a nove imputati, tra cui spicca il fondatore Mainardi, che negano di essere stati mai coinvolti nei reati tributari: fatture per operazioni inesistenti e dichiarazioni fiscali fraudolente. In queste settimane le difese stanno chiamando a testimoniare numerosi consulenti e collaboratori, per convincere i giudici penali della prima sezione che le fatture contestate corrispondevano ad effettivi servizi aziendali.
In vista della futura sentenza, la Procura di Milano, e l'Agenzia delle entrate come parte civile, hanno chiesto e ottenuto un sequestro conservativo di beni fino a 286 milioni di euro. Un valore che, dalle proprietà rintracciate finora, appare però ben difficilmente raggiungibile.

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