La moglie del premier in un negozio del centro di Roma, a comprare tre austeri cuscini. Prima non la riconoscono. Poi si scatena il casino. Ma non per omaggiarla: per mostrarle che tutti i documenti sono in regola. Già, è l'aria del tempo
di Denise Pardo
27 gennaio 2012
CUSCINO DA FAVOLA. Sarà pur vero che non bisogna creare santi, beati e santini, più che mai in Italia e in politica ci mancherebbe, ma sentite qua. Questa è la storia del cuscino della signora Monti, una parabola, il modello di una società desiderabile, meglio di una favola di La Fontaine. Ecco come è andata. PREZZI STRACCIATI. Roma, viuzza del centro, negozio di tessuti e passamanerie di tono, Elsa Monti con amica al seguito è seduta su una poltroncina concentrata sulla gamma di cuscini. Precisa che vuole spendere al massimo trenta euro a pezzo, non un euro di più. "Signora", le dice con carineria il venditore che è il proprietario e che non l'ha riconosciuta, "va bene che siamo sotto saldi, ma perché non va a dare uno sguardo ai grandi magazzini? Alla Rinascente, da Coin ci sono tante cose carine a quel prezzo". La moglie del premier non batte ciglio, ne mette da parte tre, quattro, promette di decidere in tempi brevi e sillaba il nome "Mo-o-n-t-i". QUESTIONI DI STILE. Nonostante questo, nessuna lampadina si accende nella testolina del proprietario, non proprio un segugio. "Non ha capito chi è?" gli chiede una signora che ha assistito alla scena, sentito il nome e riconosciuto la first lady. Rossore e sgomento. Il commerciante non è abituato, spiega, al genere di comportamento. È molto più preparato a scafatissime dame che entrando avvertono "Mio marito è...", etc, etc. SIGNORA IN ANSIA. Passa qualche giorno e la signora che ha assistito alla scena si affaccia nel negozio per sapere cosa è successo dei cuscini dal destino forse invidiabile: non passare i propri giorni su un divano borghese qualunque ma entrare nella Storia, niente di meno che a Palazzo Chigi, magari diventando testimoni del pillow talk, le conversazioni sul cuscino, privilegio coniugale molto usato dalle parti della Casa Bianca.
MAIL & DURC. Il proprietario del negozio racconta ancora stupito e un po' ammirato che a fronte di una vendita modesta, tre cuscini, si è scatenato di tutto! Ha dovuto mandare sei mail. Riscriverne tre. Nella fattura gli è stato chiesto di specificare anche i singoli pezzi. Per non parlare del Durc, il documento unico di regolarità contributiva che certifica i versamenti previdenziali, nel caso ci fossero stati nel negozio commessi e dipendenti.
ALL'ALTEZZA DEL POUF. Naturalmente si è stra-capita l'aria del tempo. E il megatrend dell'austerità simboleggiato dall'acquisto della signora Monti e dal modo, sparagnino, anonimo, ponderato ne è un ulteriore manifesto, la mappa di una posizione sociologica. Nel rapporto con il potere, il soporifero accessorio ha avuto un suo ruolo nella Repubblica Prima e Seconda. Nel mezzo di Tangentopoli, l'imbottitura del pouf di Lady Poggiolini, moglie del potentissimo direttore generale della Sanità, era stata un astuto rifugio per dobloni sospetti, 11 miliarducci di lire in titoli di Stato. Con il Cavaliere che via vai di guanciali di letto e di diletto e anche di quelli indispensabili all'altezza dello statista: in Rai ricordano quando per le conferenze stampa c'era l'addetto di fiducia per spiumacciare, mettere e togliere sulla sedia preposta il cuscino di notevole spessore preteso dallo staff berlusconiano. Ah, la forza del cuscino.