"La canottiera di Bossi" è il titolo del nuovo libro di Marco Belpoliti (Guanda, 10 euro). Un'analisi accurata e divertente di gesti e politica del Senatur. Qui sotto un estratto del primo capitolo
Umberto Bossi è un senatore lombardo dal linguaggio rude che ama presentarsi con i capelli in disordine, la cravatta slacciata e abiti che gli cascano addosso... Quel disordine che appare così evidente in tutte le istantanee del Senatùr a partire dal 1987, quando è eletto per la prima volta in uno dei due rami del Parlamento di Roma, solo tre anni dopo aver fondato la "Lega autonomista lombarda", riguarda uno stereotipo, quello del bar di provincia frequentato da giovanotti che, con neologismo entrato nella lingua corrente, Federico Fellini ha definito "i vitelloni ", dal titolo del suo film del 1953: un giovane perdigiorno, abbastanza stagionato, che qualcuno bene o male mantiene...
Ecco, per capire lo stile e i gesti di Umberto Bossi bisogna partire da qui. Bossi è un vitellone, non uno dei ragazzi nullafacenti, sognatori, umanamente mediocri, degli anni Cinquanta, bensì un vitellone degli anni Settanta e Ottanta. Per collocare la sua figura - Bossi è, a suo modo, egli stesso uno stereotipo, seppur nella sua unicità, una maschera, se si vuole, cioè un ruolo e insieme un attore - bisogna tornare a un episodio su cui si sono soffermati i rotocalchi e i settimanali trattandolo come un fatto di colore, che tuttavia, in un personaggio in cui il colore - ovvero lo stile, l'abito e i gesti, oltre alle parole - è tutto, riveste un ruolo significativo. A vent'anni, tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, il futuro leader leghista ha tentato la carriera di cantante. Si fa chiamare Donato e gira per le balere con la sua band facendo il verso ai cantanti dell'epoca: Fred Buscaglione, Adriano Celentano, Giorgio Gaber. Ha fondato infatti un piccolo gruppo musicale e scritto delle canzoni. Una s'intitola "Col caterpillar", e contiene un brano che recita così: "Noi siam venuti dall'Italy / Abbiamo un piano / per far la lira / Entriamo in banca col caterpillar / e ci prendiamo il grano". Arriva anche a Castrocaro, al festival per le voci nuove... Ma non vince. Incide tuttavia un 45 giri.
Nel suo atteggiamento gestuale, nell'abbigliamento, nello stile, c'è dunque in Bossi qualcosa di Moraldo e Alberto, dei vitelloni felliniani, qualcosa, appunto, di provinciale. Se si osservano le foto del Senatùr all'epoca - nel 1987 ha quarantasei anni -, immagini assai rare in verità, si nota che indossa spesso la medesima giacca, a quadretti, le stesse cravatte. Porta sopra il vestito un inconfondibile impermeabile di colore chiaro, che all'occorrenza tiene ripiegato sul braccio. Ricorda, almeno in questo, un personaggio di un serial televisivo, il tenente Sheridan, o, per la trasandatezza, piuttosto il tenente Colombo, interpretato da Peter Falck. Ma nelle pose che lo vedono incitare una folla di sostenitori e curiosi, il suo stile è quello del cantante.
Lo si capisce da come si atteggia davanti al microfono. Lo afferra con le due mani, si avvicina quasi per sussurrare, anche se poi la voce esce alta dall'impianto di amplificazione. Uno stile decisamente diverso da quello dei politici degli anni precedenti, democristiani, comunisti, socialisti, missini, che, sì, parlano davanti al microfono, ma sempre a debita distanza, come si trattasse di un oggetto interdetto, attraverso cui la voce per effetto magico si diffonde nell'etere.
Somigliano, in alcuni casi, ai predicatori che arringano la folla dal pulpito, e le loro posture sono rivolte più al pubblico che non all'oggetto che hanno dinanzi. Bossi, invece, sul palco è proprio un cantante. Si muove avanti e indietro senza lasciare il microfono, che tiene sempre molto vicino alla bocca, cammina come un urlatore degli anni Sessanta, o Settanta, un cantante italiano, per quanto certe mosse ricordino le pop star straniere.
Quando i fotografi cominciano a seguirne i comizi e le esibizioni, a Pontida, Bossi al termine di ciascuna si avvicina al bordo del palco sotto cui s'accalcano i fan; si inginocchia e firma autografi. Un atteggiamento da piccola stella, che è il riflesso dell'atteggiamento dei fan: tra il concerto rock e la partita di calcio. Quelle che i fotoreporter ritraggono nel pratone della cittadina bergamasca sono infatti delle vere e proprie kermesse, che ricordano in qualche modo le Feste dell'Unità, che a loro volta rinviano alle feste di paese.
Politica
20 febbraio, 2012Per capire la parabola del leader leghista bisogna tornare agli anni '70, quando era un perdigiorno senza mestiere che voleva fare il cantante. Poi ha incrociato la politica, e ha avuto più fortuna. Un'anticipazione dal nuovo libro di Marco Belpoliti
Bossi? Soltanto un vitellone
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