Abracadabra, ecco l'altra Lega, quella che si tenterà di epurare. Un album di famiglia in bilico tra il noir e il burlesque, una famiglia più Addams che celtica, a pezzi l'orgoglio padano, addio barbari dalla solida incorruttibile barbarie politica. Maroni ha promesso di spargere incenso e tagliare teste. Ma lo scandalo abbattuto sul Carroccio per l'uso privato del finanziamento pubblico ai partiti rivelato dal diluvio d'intercettazioni, presunte mazzette e relazioni pericolose persino con la 'ndrangheta, ha mostrato la faccia che scotta delle camicie verdi. A galla è emerso il ritratto di una corte bizantina, altro che palazzo romano, al centro il messia malato, intorno figurine, superstizioni, nomi e soprannomi in un clima a cavallo del Malleus maleficarum, il testo base dell'anti-stregoneria e la visione antropologica di Amelia la nota fattucchiera che ammalia. Il tutto nel microcosmo di Gemonio, Windsor della famiglia Bossi, un parroco con un nome che sembra una barzelletta: don Silvio Bernasconi.
Nella versione non autorizzata leghista, spunta una tribù dai nomi felliniani, Daniela, la segretaria di Umberto Bossi si chiama Cantamessa; Dalmirino Ovieni è un galantuomo padano con trascorsi giudiziari ex consigliere di una società presieduta da Rosi Mauro; Helga Giordano, ex contabile di via Bellerio, ha millantato credito con un'imprenditrice di nome Silvana Corrado Quarantotto. Nella calda pancia del potere si snoda un milieu matriarcale, complice e protettore di eredi al trono bamboccioni e furbacchioni in un insieme noir si diceva, ben poco verde come da valori e vessillo padano. È nero il denaro, preoccupazione principe del tesoriere "più pazzo del mondo" (è un'autodefinizione) per soddisfare gli appetiti di familiari e famigli. È nera la magia prediletta dalla first dama da studiare dall'ultimo piano di casa osservando il passaggio di streghe, corvi e corpi astrali. È nera la lista dell'operazione pulizia di Maroni. Saranno pure padani i padani ma come somigliano agli arcitaliani.

Succede però che dopo la svelata dimensione siderale della first lady perfino le scope del popolo dei leghisti, simbolo del "fare pulizia" e mandare a casa "il branco di maiali" (leghisti corrotti forse trasformati in porci come negli incantesimi della maga Circe?) comincino a evocare altri esoterici raduni, vedi i simpatici simposi di maghe. E poi viste le inclinazioni di mamma, qual era l'espressione che il figlio Trota-Renzo non avrebbe mai dovuto usare per definire l'atmosfera? Quella che ha usato naturalmente. Ovvero "caccia alle streghe". Per una volta, ha commentato qualcuno, ben detto Trota!
Così al posto di ampolle e riti sacri, meglio l'acquisto di lussuose macchine (per il suddetto pesce) e i formanti confronti con le ex "Miss Padania maglietta bagnata" in un via vai di case di gran sfarzo ma dalla dubbia proprietà: di chi era per esempio una villa a Salò (e si pensa subito all'oro di Dongo) a disposizione del nostro e della di lui fidanzata di allora, una delle pupe di " La pupa e il secchione"? Così invece delle corna celtiche, ecco la seducente asina comprata per allietare le serate solitarie dei due asini maschi come da desiderio di Riccardo, figlio di primo letto del Senatur. Non druidi ma autisti Bancomat, uomini della scorta, 11 quelli del Trota dotato anche di un curatore d'immagine, mission impossible si direbbe, e maghe ancora maghe come Adriana Sossi, autrice di "La mia vita con gli spiriti" e animatrice dell'agenzia investigativa Cagliostro.
Per non parlare del crollo di un mito, la superiorità leghista nei confronti di un vizio capitolino: "A Roma siete tutti dottori, ah, ah!". A Roma? A quanto pare anche in Lombardia. Non solo l'assessore Rizzi si spacciava psicologa senza uno straccio di laurea tanto da dover poi balbettare un'adesione a un gruppo di floriterapeuti di cui, meglio per lei, nessuno sa nulla. Ma secondo quanto trapelato, era in "lavorazione" una presunta e piuttosto salata laurea del Trota in Inghilterra, si immagina non a Oxford. Mentre Belsito dixit, per Rosi Mauro, che ha smentito, la Lega avrebbe sborsato in Svizzera 60 mila euro per riportare in Padania diploma, laurea e finalmente il vituperato titolo. Titolo che sarebbe presto arrivato, per suo espresso desiderio, anche al toy boy (lei come Madonna, J-Lo e Demi Moore?) Pier Mosca, al secolo Pierangelo Moscagiuro, assistente capo della polizia di Stato, distaccato, guarda caso, al Senato e anche cantante dell'elegante brano "Kooly noody" (lettura all'inglese, significato italico). Al confronto, "A gelusia" di Mariano Apicella diventa un classico, quasi musica sinfonica.
Nell'evoluzione della specie leghista la corrente padana pop ma anche filosofica dei "Kooly noody" s'incrocia con una vague tricologica sempre padana che vanta esponenti di tutto riguardo. Per esempio, la stessa ugola dei "Kooly noody" detta da tutti "bellicapelli" per la florida e curatissima chioma. E poi l'imprenditore, link a quanto sembra di ambienti malavitosi, Stefano Bonet, cognome di un budino, soprannome da hair dresser: "lo shampato". Dopo la Lega di lotta e di governo, anche la Lega di spazzola e phon. n