Il condannato per frode fiscale legge una delle dodici testimonianze in base alle quali chiederà la revisione del suo processo. Il senatore scandisce la lettera che ha scritto ai “colleghi di Palazzo Madama” dopo “vari colloqui vani” per persuaderli a “rimandare” il voto sulla decadenza, anche con vaga minaccia alla loro coscienza (“se non lo fate ve ne pentirete”).
Il leader di Forza Italia tace circa la posizione del suo movimento sulla legge di stabilità, perché, dice, una riunione apposita dovrà deciderla.
L’ex leader del Pdl ricorda di aver fatto già un passo indietro tre anni fa per, fra l’altro, occuparsi di costruire ospedali per i bambini del terzo mondo, e sottolinea che stavolta non è intenzionato a ritirarsi dalla vita politica.
L’ex premier garantisce di non aver condotto con il Quirinale “nessuna trattativa”, ma assicura anche di non aver intenzione di ottenere passaporti diplomatici o comunque di lasciare l’Italia (circola anche questa, tra le voci di Palazzo). Cinque personaggi in un solo autore: Silvio Berlusconi. Pirandelliano protagonista di una psico-conferenza stampa all’antivigilia del voto sulla decadenza (confermato per il 27) che davvero, un po’ come per lui il numero dei suoi processi, “non ha eguali nel passato, nel presente e probabilmente anche nel futuro”.
Là dove una volta c’era l’uomo solo al comando, infatti, c’è piuttosto l’one man show: nel senso che il Cavaliere è costretto a fare tutto da solo, e senza nemmeno cambiarsi d’abito. Una volta a fargli da spalla ci sarebbero stati i leghisti di Bossi, i democristiani di Casini, la destra di Fini, o almeno un Angelino Alfano. Adesso, nella nuova sede di Forza Italia a Piazza San Lorenzo in Lucina, a parte lui, si intravede solo Roberto Gasparotti, regista d’Arcore costretto al ruolo di velina che passa il microfono ai giornalisti, tra gracchi e fischi di un sistema audio davvero indegno del signore delle tivvù.
[[ge:rep-locali:espresso:285475611]]
Non reiterando ancora la parola “golpe”, della grande conferenza stampa resta immortalato anzitutto questo: un signore azzimato e piuttosto avanti con gli anni che pare aver scambiato la sede di un partito per un tribunale, e legge una lunghissima testimonianza fatta di “Mister Agrama” e “mister Chan” e “Mister Berlusconi” – in due casi, “mister Bernasconi”, non si sa chi sia - sigle scandite in inglese, ricostruzioni di incontri e scambi davvero difficili da seguire per chi non conosce i dettagli del processo Mediaset (“a parte mister Agrama non capisco di che si parla”, è un commento su twitter), senza mai alzare gli occhi dal testo (tre volte nei primi sei minuti), in una completa immersione nei fogli.
Il perfetto comportamento di un qualsiasi imputato. Quando riemerge dal suo personale abisso giuridico, Berlusconi spiega che questa, insieme ad altre 11 testimonianze “smentiscono completamente la base su cui si fonda la sentenza del collegio feriale della Cassazione che mi ha condannato'', e che quindi sarà presto presentata “alla corte d’Appello di Brescia la richiesta di revisione” del processo relativo ai diritti tv Mediaset.
Annuncia anche, Berlusconi, che sono in arrivo altri documenti dall’Irlanda e dalla Svizzera. Perché ne parli ai microfoni e non ai giudici, è in fondo la sintesi del personaggio. Pare che non siano stati fatti recapitare al Quirinale, comunque.
Accantonato il fascicolo testimonianze, Berlusconi prende in mano la lettera che ha scritto ai senatori del Pd e Cinque stelle, e legge integralmente pure quella, proprio come un antico signore puntiglioso. Chiede “rispetto” come avversario politico, ricorda le larghe intese, e soprattutto chiede il rinvio del voto di mercoledì: “I documenti che presenterò porteranno alla revisione del processo, togliendo alla sentenza quella definitività che è il presupposto per il voto sulla decadenza”. Siamo ai tentativi estremi, come si vede. “Ma io non mollo”, assicura il Cavaliere " voglio uscire da questo attacco per come sono e cioè come un cittadino esemplare che ha sempre pagato le tasse". Saranno giorni lunghi.