C’è chi la chiama “ministro con le palle” e chi “ministro d’emergenza”. Ma più che altro, nella sua informativa alle Camere sul caso Ligresti, il ministro Anna Maria Cancellieri pattina via come sui binari, in bilico preciso tra “la persona e il ministro”: respinge le accuse, spiega di non aver mai sollecitato scarcerazioni, rivendica l’essere persona “libera”, fatta da sé, difende il figlio, difende se stessa. La sciarpa bordeaux in velluto di seta, il braccio sinistro appeso alla borsetta di pelle nera, Enrico Letta a fare da garanzia e scudo, Cancellieri sembra non avere con sé sacchi di parole da spendere, grandi spiegazioni da dare. Sorprese, di certo, nessuna.
Tutto il contrario dell’affannoso affastellarsi delle geometrie di Angelino Alfano quando gli toccò riferire del caso Shalabayeva. All’epoca, il ministro dell’Interno ebbe da lei la grazia dell’endorsement: “Sono convinta che non sapesse nulla”, spiegò a luglio Cancellieri, da ex ministro dell’Interno. Oggi, in una staffetta immaginaria, l’ex ministro della Giustizia e segretario Pdl ricambia (tutt’altro che disinteressato) il favore, garantendo alla Guardasigilli “la nostra massima fiducia”.
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Insomma politicamente fila via tutto a modino, il dibattito in Parlamento da copione. L’unica faccenda interessante è quella dell’opportunità. “Lei si è mossa per amicizia con una famiglia che ha una vicenda giudiziaria pesantissima”, fa notare al Senato il grillino Alberto Airola, spiegando con una buona sintesi del pensiero cinque stelle che nel comportamento di Cancellieri non c’è “nulla di illegale”, e invece qualcosa da “evitare” sì. Ecco, il punto di opportunità, un’obiezione che risulta pressoché impossibile fare, a un ministro che quel tessuto e quella continuità (vita, relazioni, intrecci familiari) rivendica, pacificamente, a margine della sue spiegazioni.
Mentre Cancellieri elenca la cronologia della scarcerazione di Giulia Ligresti, per dimostrare che “il carcere si era attivato prima delle mie telefonate”, e che anche invece lei “non è intervenuta in alcun modo” dopo la telefonata con la Fragni (“ho usato parole finalizzate a creare empatia, mi rendo conto che abbiano creato dubbi e me ne rammarico”), alcuni dettagli raccontano quella trama. Più di tutti le poche parole che dedica ai suoi rapporti con la famiglia Ligresti: “Sono stata e sono amica di Antonino Ligresti, l’ho conosciuto tanti anni fa a Milano, per ragioni del tutto esterne alla mia professione”. Capace di stringere amicizie come persona e non (per dire) come prefetto, Cancellieri però da ministro è “se stessa”, cioè si comporta “senza distinguere il ministro dalla persona”, quindi telefona anche se si tratta di amici. Il punto di discrimine, lo si vede, è impossibile da trovare, sguscia sempre via. Come quando parla del figlio, rivendicando che “quando è stato assunto in Fonsai, avevo già cessato le funzioni a Bologna ed ero una tranquilla signora in pensione”. Ecco, all’epoca (maggio 2011) Cancellieri non era più commissario a Bologna da pochi giorni, ma neanche in quei giorni alcuno si sarebbe sognato di percepire l’ex prefetto di ferro come “una tranquilla signora in pensione”. Infatti, a ottobre, un mese prima di divenire ministro, era di nuovo commissario straordinario a Parma.
L’autodifesa, puntuale, sfiora paradossalmente l’ingenuità. “Quando pervengono le comunicazioni al sistema penitenziario nessuno si chiede chi ci sia dietro, nessuno si cura che dietro vi sia un nome importante”, spiega Cancellieri. Nessuno se lo chiede, certo. E, invece, “è vero” che non tutti hanno il cellulare del Guardasigilli, cioè che “non tutti hanno la possibilità di bussare alle porte del ministro della Giustizia”: “Ma nessuno più del ministro ha l’acuta e desolante percezione di questa ingiustizia”, spiega Cancellieri. Nessuno, più di lei. Neanche chi, magari, la vorrebbe contattare e non può.
Dettagli di costume italico, alla fine, mentre il ministro promette al Parlamento il “passo indietro” “se capisco che è venuta meno o si è incrinata la stima istituzionale”, sapendo che la fiducia del Parlamento arriverà per certo.