'I dirigenti democratici trangugeranno anche questo, pur di restare al governo. E il Cavaliere sa che questo esecutivo sta facendo perdere più voti al partito di Epifani che a lui. Quindi, tireranno avanti finché possono'. L'opinione del docente e politologo

La Cassazione ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale, ma per il politologo Piero Ignazi, «non cambierà assolutamente nulla». Politicamente, si intende. Berlusconi «non è stato sconfitto, ma condannato». Sbaglia quindi chi si rammarica di non averlo sconfitto politicamente, perché anzi semmai «elettoralmente Berlusconi era sconfitto. Poi è stato resuscitato».

Al governo, professore, non accadrà nulla?
«Assolutamente no. Il Pd ha già detto che aspetta le reazioni del Pdl, ponendo come limite 'la compostezza', e il Pdl certo sosterrà il governo perché è nel suo interesse sostenerlo. Quale alternativa avrebbe se non le larghe intese? Il Pdl sa bene che questo governo crea molti più problemi al Pd…».

In termini di logoramento e di disaffezione dell'elettorato?
«Esattamente».

Berlusconi esce quindi paradossalmente più forte, dalla condanna?
«Più forte non direi, ma comunque non particolarmente indebolito. Tanto che continuerà a gestire il proprio partito, sia pure con qualche difficoltà logistica».

Nel Pdl non cambierà nulla?
«Dal punto di vista politico, anche lì, non credo possa cambiare nulla: Berlusconi continuerà ad essere il capo assoluto. Nessuno avrà il coraggio di dirgli qualcosa, se mai qualcuno ne ha avuto. Non c'è nessuno che possa proporsi».

Funzionerà ancora la storia delle 'toghe rosse'?
«Non lo so. Possono provarci, è certo, perché per il Pdl quello è un riflesso pavloviano. Loro lo utilizzeranno, ma è un argomento che, ormai, nell'opinione pubblica non passa più».

La palla è dunque al Pd?
«Ed evidentemente non gli piace averla».

Ma saranno i democratici a staccare la spina a Letta?
«Non nell'immediato. In un periodo medio sarà però il Pd, per via delle diverse strategie che lo animano, a chiedere uno showdown, mettendo in crisi il governo. Anche perché un governo d'emergenza non può durare in eterno. Non si può dire in eterno che ci sono alcune cose da fare: in massimo un anno si devono risolvere».

Può il Pd restare al governo con un condannato in via definitiva per frode fiscale?
«Anche in questo caso, non vedo cosa dovrebbe cambiare: che Berlusconi sia ora un condannato in via definitiva non può che essere una conferma di quello che il centrosinistra ha sempre pensato di Berlusconi, di una persona che aveva una lunga serie di processi in corso. Digerita la condanna in primo grado, non vedo la differenza».

Questa è definitiva.
«Trangugerà anche questo»

Anche la base del Partito?
«Ripeto: non vedo un cambiamento notevole. Se così non fosse, se ci fosse stata una qualche incompatibilità con Berlusconi, non ci sarebbe stato il governo. Se c'è il governo, vuol dire che una certa compatibilità c'è».

Abbiamo assistito all'ennesima conseguenza del leaderismo?
«Senza dubbio. Ma per il Pdl il tema è il partito padronale, più che il leaderismo».

Oppure potremmo dire che siamo di fronte alle conseguenze di una legge sul conflitto d'interessi mai fatta...
«Potremmo, volendo. Ma anche quella legge si sarebbe potuta violare».

Può essere questo un campanello d'allarme sulla questione morale?
«No, assolutamente. E anche se fosse, non creerebbe alcun sussulto: su questo il paese è anestetizzato. Anzi...».

Che cosa pensa del rammarico di chi dice, «sì però non l'abbiamo battuto politicamente»?
«Che mi pare ovvio che sarebbe stato più piacevole, consumare una vittoria politica. Ma è comunque sbagliata la frase, perché Berlusconi oggi non è stato sconfitto ma condannato. E non è un problema politico, è un problema giudiziario. Chi dice così, confonde piani che non vanno confusi. Giudiziariamente, Berlusconi è stato condannato. Politicamente, anzi elettoralmente Berlusconi era stato sconfitto, perché ha perso 6 milioni di voti. Poi, semmai, è stato resuscitato da questo governo».

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