O almeno così si dichiarano, stando alle carte depositate nelle Camere di appartenenza. Letta e Fini sono praticamente nullatenenti. La Bonino ha una barca a vela. Bossi possiede solo la porzione di una villetta. Abbiamo spulciato tra le dichiarazioni dei redditi e le sorprese non mancano
Altro che apriscatole. Con l'ingresso del Movimento 5 Stelle in Parlamento, lo strumento per aprire le lattine è divenuto l'emblema della nuova stagione politica: il sogno della trasparenza totale, di rendicontar e anche le caramelle contro l'opacità e le malversazioni della Casta. Ma l'aprisca tole non è bastato a Beppe Grillo per far sognare gli italiani inferociti contro i politici fannulloni e disonesti. Il leader del M5S ha voluto aggiungere qualcosa in piú, la minaccia di utilizzare il "politometro", magico strumento in grado di scovare tutte le ricchezze accumulate grazie alla politica. L'idea sembra per il momento essere stata accantonata dal comico genovese ma l'indagine è già possibile consultando la documentazione patrimoniale e le dichiarazioni dei redditi che per legge gli eletti sono tenuti a depositare nella Camera di appartenenza.
"L'Espresso" ha consultato queste carte e ha ricostruito le progressioni patrimoniali di una serie di parlamentari protagonisti della vita nazionale degli ultimi anni. Per vedere se davvero si sono arricchiti con la politica. Risultato: al di là di qualche (notevole) sorpresa, la cosiddetta Casta ne esce almeno in apparenza quasi come una confraternita di francescani. Lo dimostra il caso di
Enrico Letta che, insieme agli altri membri del governo, ha appena resa pubblica la sua ultima dichiarazione dei redditi: praticamente un nullatenente, cui lo scranno parlamentare pare addirittura aver portato sfortuna. Quando entrò a Montecitorio, nel 2001, il giovane Enrico possedeva un fabbricato a Pisa. Oggi non ha piu nemmeno quello, non dichiara auto né titoli azionari, nonostante il reddito annuo oscillante fra 125 mila e 165 mila euro messo a segno nell'ultimo quinquennio. Insomma, un premier "Cenerentola" dopo il nababbo Silvio Berlusconi. Il premier in carica può fortunatamente contare sulle sostanziose disponibilità della moglie, la giornalista Gianna Fregonara, proprietaria a Roma di una casa e nella "sua" Novara di altri quattro appartamenti, un ufficio, un negozio più le quote di altri due.
EMMA VA A GONFIE VELE Assai previdente, a fronte delle consistenti erogazioni al Partito radicale (108 mila euro solo nel 2012), si rivela il ministro degli Esteri
Emma Bonino , il cui ingresso a Montecitorio risale al lontano 1976. "L'Espresso" ha scoperto che gli immobili sparsi tra Alassio, Torino e il cuneese di cui risulta comproprietaria sono tutti frutto di eredità, mentre la storica casa di Trastevere dichiarata in passato è stata ceduta lo scorso anno dopo un quarto di secolo per far posto a un'altra abitazione. Unico "lusso", l'acquisto nei primi anni Ottanta di una barca a vela insieme al compagno di battaglie (e di vita, a quel tempo) Roberto Cicciomessere. Per il futuro, al di là dell'incerto destino del governo e in attesa di riscuotere il ricco vitalizio parlamentare, la Bonino non sembra tuttavia avere di che preoccuparsi, potendo già contare su una pensione da commissario europeo da quasi quattro mila euro al mese e su un tesoretto da oltre mezzo milione: 340 mila euro depositati in un fondo di investimento gestito dalla lussemburghese Fideuram Bank, più altri 170 mila euro in Btp.
Praticamente nullatenente come il presidente del Consiglio Letta è
Gianfranco Fini . L'ex presidente della Camera, ormai fuori dal Parlamento, entrò a Montecitorio nel 1983, a 31 anni: guadagnava appena 17 milioni di lire e girava con una 126. Dopo trenta anni passati sugli scranni della Camera, Fini sembra essere tornato al punto di partenza. Separato anche da Elisabetta Tulliani, il fondatore di Fli non possiede una casa. Un paradosso, per chi è finito sulla graticola per la vicenda dell'appartamento di Montecarlo abitato dal cognato.
Ma non è sempre stato così. In soli due anni, fra il 1989 e il 1990, Fini e l'allora consorte Daniela Di Sotto comprarono casa a Santa Maria delle Mole (ai Castelli romani) e ad Anzio. E nello stesso periodo il delfino missino lasciò la 126 per una Lancia Delta, sostituita poco dopo da una potente Bmw 316, a sua volta rimpiazzata nel giro di un paio d'anni da un'ancora più potente Bmw 1800. La passione per le auto sembra tuttavia essere rimasta, visto che nel 2008 Fini dichiarava di essere intestatario di ben tre vetture (e così dovrebbe ancora essere, non avendo segnalato in seguito variazioni): un'Audi S4 cabrio, una Mini Cooper e una Smart coupé. Alla prima consorte va invece attribuita in tempi più recenti la proprietà della Davir srl, la società che aveva partecipazioni nella clinica Panigea, finita in un'inchiesta del pm John Wookdcock per una convenzione ottenuta in tempi record dalla Regione Lazio, all'epoca guidata da Storace.
POVERO UMBERTO Altro esempio di apparente pauperismo è quello di un altro big in declino,
Umberto Bossi . Per entrare al Senato nel 1987 spese in campagna elettorale più di quanto all'epoca guadagnava: 20 milioni di lire a fronte di un reddito annuo di 15 milioni. Oggi, nonostante l'inchiesta della Procura di Milano abbia svelato il premuroso welfare della Lega a favore della "family" (dalla paghetta per i figli Renzo e Riccardo all'intervento di rinoplastica per Eridano), nessuna esplosione proprietaria traspare dal politometro: il Senatùr risulta infatti avere solo la disponibilità di una porzione della celebre villetta di Gemonio, acquistata nel 1991 e peraltro in comproprietà con la moglie Manuela Marrone. L'unico altro acquisto effettuato in oltre un ventennio da Bossi è un grande appartamento da sette vani a Milano, comprato nella primavera del 2010 e ceduto dopo meno di un anno. Nulla, almeno stando alla documentazione depositata in Parlamento, risulta invece dell'appezzamento che sarebbe stato comprato negli scorsi anni dalla signora Bossi in Valcuvia nel Varesotto e, secondo le cronache, utilizzato dai figli per allevare capre e asini.
D'ALEMA A TERRA Assai spartano pare anche
Massimo D'Alema , alla Camera per un quarto di secolo prima di cedere il passo alle ultime elezioni. Nel 1987, fresco deputato, possedeva solo il "Margherita", una barca a vela da 12 metri in comproprietà con la moglie. L'acquisto della casa arrivò solo un decennio dopo: nel marzo del 1996, quando era segretario del Pds, sull'onda delle polemiche suscitate dall'affitto a prezzi stracciati per un appartamento di 150 metri quadrati a Porta Portese, di proprietà dell'Inpdap. Operazione poi seguita dall'acquisto di un altro immobile in comproprietà con la moglie Linda Giuva (denunciato nel 2001).
E poi c'è il grande amore per la vela, salito anche alla ribalta delle cronache per gli acquisti delle due imbarcazioni Ikarus e Ikarus II. Una passione sacrificata negli ultimi anni alla improvvisa attrazione per la campagna e per il vino ("Sfide" la sua etichetta) prodotto in un podere in Umbria acquistato per i figli.
Nella sua lunga carriera da parlamentare l'ex presidente del Copasir ha anche ottenuto consistenti finanziamenti privati: 120 milioni di lire fino al 2002, più altri 185 mila euro negli ultimi dieci anni. Con qualche elemento curioso. Scorrendo l'elenco si scopre ad esempio che
Vincenzo Morichini , coinvolto nello scandalo delle tangenti Enac, nel 1996 finanziò con 10 milioni di lire la campagna elettorale dell'allora leader del Partito democratico della sinistra (che raccolse in tutto 80 milioni). Amico di vecchia data, Morichini poi divenne socio del segretario del Pds nell'acquisto di Ikarus. Anche il costruttore "rosso"
Alfio Marchini , di recente aspirante alla poltrona di sindaco di Roma in competizione con il centrosinistra, è venuto in soccorso di D'Alema, con 20 milioni di lire nel 2001 e 15 mila euro nel 2004. Per non parlare dei 25 mila euro erogati, sempre in quel periodo, dalla Air One di Carlo Toto. Il "premio" fedeltà va però alla bolognese Goodlink, società di eventi che nel 2008 ha erogato a D'Alema ben 50 mila euro sui 90 mila raggranellati complessivamente per la campagna elettorale.
URSO RECORD Buon attrattore di risorse private si è dimostrato anche un altro fresco ex parlamentare come
Mario Baccini, entrato alla Camera nel 1992 a 34 anni con la Democrazia cristiana e rimasto in Parlamento fino a marzo dopo aver ricoperto le cariche di sottosegretario agli Esteri, ministro della Funzione pubblica e vicepresidente del Senato. Solo fra il 1996 e il 2001 Baccini ha incassato 397 milioni di lire di contributi: 84 milioni dalla Laborgas, 54 milioni dalla Fiamma laziale spa, 47 milioni da Energas, 25 milioni dalla Siram, 20 milioni dalla Salini costruttori e via dicendo. Baccini risulta possedere solo un appartamento con cantina e box a Roma in comproprietà col coniuge, una casa vacanze in Costa Smeralda e un sidecar. La moglie Diana Battagia è proprietaria della casa di vacanze sulle Dolomiti e di una Fiat Punto, mentre al figlio Alan (neo-consigliere comunale a Roma) è intestata una casa a Cerveteri, sul litorale romano.
Il primato per la capacità di attrarre finanziamenti spetta tuttavia a un altro ex:
Adolfo Urso , entrato alla Camera con An nel 1994, confluito nel Pdl, transfuga con Fli e infine ravveduto e tornato nuovamente in orbita berlusconiana con Fareitalia, senza con ciò ottenere una ricandidatura alle politiche dello scorso febbraio. Nelle ultime campagne elettorali Urso si è trasformato in una macchina da guerra: nel 2008, prima della sua nomina a sottosegretario allo Sviluppo economico, a fronte di spese elettorali per 67 mila euro, è riuscito a raccogliere contributi privati per 145 mila euro.
Nella lista spicca il sostanzioso assegno di Federacciai (40 mila euro) e della Todini costruzioni generali (20 mila). Ma ancora meglio Urso era riuscito a fare due anni prima, al termine dell'esperienza da viceministro alle Attività produttive, quando aveva raccolto la bellezza di 320 mila euro. Avendone spesi soltanto 70 mila, nei fatti si tratta di un saldo positivo di 250 mila euro. Erogazioni anche in questo caso arrivate per lo più da grandi gruppi industriali come Federacciai (50 mila euro), Finda e la Riva Fire patron dell'Ilva (30 mila), Indesit e Duferdofin (25 mila) e perfino 10 mila euro dall'Anci, l'associazione dei sindaci che dovrebbe portare avanti le istanze (apartitiche) dei comuni. Nella capitale Urso ha collezionato un tesoretto immobiliare non indifferente: l'acquisto nel 2004 di un grande appartamento in via Po (poi venduto), un altro a Ponte di Nona nel 2006, un immobile da 215 mq dietro piazza Cavour nel 2009. E un box auto nel 2012 in cui parcheggiare tre vetture di tutto rispetto: un Suv del 2003 (Toyota Rav 4), una coupé del 2004 (Alfa Gt) e una berlina del 2006 (Audi A3).
MUSSOLINI A RAFFICA Operazioni in linea con quelle di un altro ex Msi, ex An e ora nel Pdl come
Altero Matteoli , che in trent'anni da parlamentare si è dato parecchio da fare. Senza nemmeno una casa di proprietà ma con una grande passione per le auto, il primo acquisto dell'allora deputato missino fu nel 1987 una grossa Bmw 520 al posto di una vecchia Ford Sierra. Preludio, l'anno seguente, di un appartamento bifamiliare su due piani vicino Livorno. E a seguire, col passare del tempo, due appartamenti a Roma, uno a Cecina e uno a Casale Marittimo, nel Pisano. Ma a scorrere la sua dichiarazione patrimoniale, sono sempre state le auto il chiodo fisso di Altero Matteoli: la Diane per la moglie e utilitarie per i figli neo-maggiorenni, compresa una scattante Spider Alfa Romeo. E per sé, in breve successione, una Thema, una Rover, un'Alfa, una Bmw 645 e una Porsche.
Se i motori sono una passione prettamente maschile, il pallino per le case - bene rifugio per eccellenza - sembra essere la caratteristica della politica in rosa. La presidente del Maxxi
Giovanna Melandri , pure lei per vent'anni alla Camera, dopo essere stata più volte ospite della lussuosa dimora di Flavio Briatore a Malindi, alla fine nel 2010 si è decisa all'acquisto per 255 mila euro della casa in Kenya del cantautore Roberto Vecchioni. La ex vicepresidente leghista del Senato
Rosi Mauro , invece, nel giro di un paio d'anni ha comprato una casa per le vacanze in Costa Smeralda e una sul lago Maggiore, a Sesto Calende.
Il titolo di reginetta dello shopping immobiliare va tuttavia ad
Alessandra Mussolini . Quando entrò a Montecitorio, nel 1992, la nipote del Duce non aveva ancora 30 anni e possedeva solo una nuda proprietà a Ladispoli. In breve il patrimonio è aumentato con rogiti a raffica: una casa a Montecompatri (1994), un'altra al Terminillo (1996) e tre appartamenti a Roma fra il 1999 e 2007. Fino all'exploit del 2011, con ben quattro case acquistate fra aprile e novembre nella zona compresa tra via Nomentana e piazza Annibaliano. Casse familiari prosciugate? Nemmeno per sogno: in quegli stessi mesi il marito Mauro Floriani ha rilevato dalla sorella il 50 per cento di un altro immobile nella stessa zona. E poi si parla di crisi del mattone.