Il dl all’esame del parlamento, con i provvedimenti su contratti determinati e apprendistato. In attesa del contratto unico. Ma i rischi sono tanti. Come racconta Stefano Vargiu, docente di design al Politecnico di Torino, che i contratti li ha vissuti tutti. E che ha abbandonato un apprendistato dopo solo 18 mesi.
Per Matteo Renzi la partita sui contratti di lavoro si annuncia tutt’altro che semplice. Il contratto unico di inserimento si farà, ma rimane incertezza sulle 46 tipologie di assunzione precarie. «Il governo punta a ridurre le tipologie contrattuali attualmente esistenti», affermava il ministro Poletti a Repubblica il 5 aprile. Per smentirsi solo 10 giorni dopo: «Non abbiamo un elenco dei contratti da eliminare».
Di tutto ciò si discuterà nel disegno legge delega sul lavoro, che, afferma Poletti: «Sarà operativo entro i primi sei mesi del 2015». Rimangono i provvedimenti contenuti nel decreto legge del 20 marzo, che approda oggi all’esame del parlamento. Quelle «Misure emergenziali studiate per dare una scossa al sistema» come ha
dichiarato a L'Espresso Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, in attesa del contratto unico.
I contratti determinati vengono allungati a 3 anni senza causale. L'apprendistato perde l'obbligo del piano formativo scritto (o lo semplifica) e la possibilità di assumere apprendisti una volta stabilizzati il 50% dei precedenti. Cosa significa? Ce lo spiega Stefano Vargiu, che lavora in una grande azienda di design ed è docente esterno al Politecnico di Torino. Stefano non è un esperto di lavoro ma a 28 anni i contratti li ha passati tutti: dallo stage al progetto, dal determinato all’apprendistato. Che ha abbandonato dopo soli 18 mesi.
I contratti di apprendistato si sono rivelati un flop: solo il 2.4% di avviamenti nel 2013. A te è servito?«Decisamente sì, ho avuto la fortuna di stare gli ultimi due anni in un posto con 30 anni di esperienza, che ancora ha la pazienza di farti crescere. Un po’ come avere mamma e papà. Ora mi sono buttato nel mondo reale: indeterminato, sì, ma devi produrre. E sono in condizione di farlo perché ho metabolizzato un apprendistato».
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Cosa significa abolire l'obbligo di un piano formativo scritto per l'apprendista?«La cosa buona dell'apprendistato è sapere che lo Stato c'è. Sia per i dipendenti, inseriti con un contratto indeterminato, sia per le aziende che possono pagare meno contributi. Abolire il piano formativo significa che l'azienda potrà fare di te apprendista quello che vuole. Farti fare da tappabuchi».
Esiste un rischio di apprendistati fasulli, come le false partite Iva?«Venendo a mancare l'obbligo viene a mancare anche la sanzione. Nel mio piano formativo c'era scritto che dovevo diventare modellatore di superfici, e mi sono specializzato a un punto che mi ha permesso di venire assunto poi. Senza un piano formativo non farai il caffè – ci sono gli stagisti – ma rischi di assumere un ruolo talmente flessibile che alla fine non saprai fare nulla davvero».
Prima dell’apprendistato hai sperimentato altri tipi di assunzione?«Ho fatto tutta la trafila: dallo stage al co.co.pro. (collaborazione a progetto), 6 mesi di determinato e alla fine apprendistato. Con cui prendevo circa 1.100 euro. Ora mi ha assunto un’altra azienda a tempo indeterminato».
Qual è stata la tua esperienza con gli altri contratti?«È un sistema sbagliato. Lo stage, ad esempio, dovrebbe avvenire all'interno del percorso universitario, non dopo. Sarebbero dei veri stage per inserirti nel lavoro, non si può fare lo stagista a 30 anni, a 200 o 400 euro al mese. Ho lavorato in Germania e Olanda, lì vedi tanti ventenni e trentenni con bambini piccoli, da noi non è così e i motivi sono questi».
I contratti determinati prorogabili per tre anni funzionano?«Tre anni sono troppi. Non capisco, se dopo 1 o 2 anni hai una persona che non vuoi assumere perché non lavora bene, perché continuare a tenerla a tempo determinato? Se la tieni è perché ti serve».
C'è una tipologia di assunzione che, per la tua esperienza, si potrebbe eliminare?«Il co.co.pro, il contratto a progetto. Non ha senso in azienda: se finisci il progetto assegnato e ne inizi un altro e un altro ancora significa che sei un dipendente. Se invece fai dei progetti esterni sei un lavoratore autonomo e dovresti aprire la partita Iva».
Ma l'obbligo di assumere l'apprendista o il determinato di lungo corso spaventa le aziende.«Se le aziende continuano a ragionare con la paura dell’assunzione aumentano il rischio imprenditoriale, è un controsenso. Dire al giovane apprendista: “Adesso devi tenere duro e aspettare” aumenta il rischio perché diminuisce la sua attenzione. Ora ho l’indeterminato? A costo di fare tardi tutte le sere e mordere sulle cose in cui sono indietro io ci sto. Perché mi hanno dato fiducia».