Il ministro degli Esteri Mogherini si è impegnata a tagliare il bilancio della Farnesina di 108 milioni di euro in tre anni. Così farà scendere le retribuzioni dei diplomatici, ma solo nella parte che non concorre al vitalizio. E i vertici continueranno a guadagnare ben oltre il tetto dei 240 mila euro lordi fissato da Renzi
Un sacrificio di circa 4 mila 400 euro netti nella retribuzione mensile. Ma pensioni più pesanti. E’ questo lo scambio proposto per gli ambasciatori dagli uffici del ministro degli Esteri Federica Mogherini, che il mese scorso si è impegnata in Parlamento a tagliare il bilancio della Farnesina di 108 milioni di euro in tre anni.
Secondo quanto riportato nella “prima ipotesi di simulazione media sullo stanziamento 2014”, inviata ai sindacati, gli ambasciatori di una “sede x”, presa a modello per i calcoli (non è stato detto quale), vedrebbero la loro retribuzione scendere da 22 mila 822 euro netti al mese a quota 18 mila 470, come mostra la tabella pubblicata dall'Espresso. Le modifiche retributive interessano l’intero personale di servizio all’estero, non soltanto i diplomatici, e prevedono aumenti per le posizioni più basse.
Cambiano sostanzialmente due voci: il cosiddetto stipendio metropolitano, cioè quello tassato, che vale per la pensione e che fino ad oggi i diplomatici all’estero ricevono dimezzato. In futuro aumenterebbe invece di oltre 3 mila euro, passando da circa 5 mila netti per 13 mensilità a oltre 8 mila euro. Al contrario, verrebbe dimezzata l’indennità di servizio all’estero, che non è tassata e non concorre alla pensione.
L’Ise è attualmente un’indennità complessiva, che comprende al suo interno la voce, variabile da sede a sede, “Maggiorazione rischio disagio”, che invece nell’ipotesi allo studio verrebbe spacchettata. Si riduce l’indennità mensile per il coniuge e aumenta quella per il figlio, nessun contributo alloggio per la semplice ragione che l’ambasciatore non paga la casa, mentre l’80 per cento delle spese di luce, gas e altre utenze sono e rimarranno a carico dello Stato.
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La tabella che pubblichiamo tace, però, di un’altra indennità di cui gli ambasciatori godono: quella di rappresentanza, per coprire le spese degli eventi organizzati dall’ambasciata, documentate con una semplice autocertificazione. Questa indennità, nelle sedi più costose, come Tokio, arriva a 20 mila euro netti al mese, che giungono direttamente sul conto dell’ambasciatore.
La soluzione che la Farnesina starebbe mettendo a punto, prevede che la rappresentanza venga invece liquidata direttamente sul conto dell’ambasciata, anche se poi a utilizzare quei soldi sarebbe egualmente il capo delegazione. L’aumento dello stipendio metropolitano, anche in prospettiva futura, sarebbe gradito ai 145 tra ambasciatori e facenti funzione che prestano servizio all’estero. Questo perché mentre prima con il sistema retributivo la pensione veniva pagata sull’intero ammontare, con quello contributivo solo i contributi versati ne costituiscono la base, e quindi fa testo lo stipendio metropolitano.
I mensili (netti) proposti in questa prima ipotesi, sono tuttavia ben lontani dal tetto dei 240 mila euro lordi fissato da Renzi e a cui il segretario generale Michele Valensise e i suoi più stretti collaboratori si sono già sottoposti. La convinzione, forse, è che soltanto lo stipendio metropolitano debba essere vincolato al tetto, e non anche le indennità all’estero.
Se comunque la simulazione fa calare i guadagni di ambasciatore, ministro vicario, consigliere d’ambasciata e di legazione, i funzionari (la cosiddetta “area 3”), il personale esecutivo e di cancelleria (“area 2”) e i commessi (“area 1”) in servizio all’estero aumenterebbero in misura consistente i loro introiti: le retribuzioni medie più basse passerebbero infatti da 6.590 a 8.979 euro al mese, sempre nel caso della “sede x” presa a modello della simulazione. Ma sono importi compatibili con la “spending review”? I dubbi che non lo siano lasciano presagire la messa a punto di una seconda e definitiva ipotesi di confronto, con l’aggiustamento di alcune cifre.