"Lo scontro tra Renzi e Grillo è stato troppo machista e tutto questo misurare le piazze mi sembra un modo per passare dal celodurismo al celopienismo. E anche se vinciamo, non possiamo andare avanti con un governo con Alfano". L'intervista alla dissidente democratica candidata alle elezioni

Europee, parla la civatiana Elly Schlein "Vince il Pd, ma serve riflessione sul governo"

«Non siamo passati da Occupy-pd a Occupy-poltrona». Elly Schlein respinge al mittente le accuse dei 5 stelle e chiude, «stanca e senza voce», la sua campagna elettorale da dissidente nel Pd: «penso che vincerà il Pd, ma a prescindere dal risultato di Grillo, Renzi dovrà interrogarsi sul governo». Perché Schlein è convinta: «con alleati come Alfano non è possibile fare le riforme che servono al paese». E pazienza che anche Civati abbia votato la fiducia: «molti di noi pensavano che sarebbe stato meglio non votare la fiducia», ricostruisce, «però è passata la linea di chi diceva di mandare giù il boccone amaro e continuare a fare le battaglie di sinistra dentro il partito democratico». Anche candidandosi alle europee, in una campagna elettorale dai toni accesi, dove lo scontro tra Grillo e Renzi «è troppo machista» e «tutto questo misurare le piazze, mi sembra un modo per passare dal celodurismo al celopienismo».

Come finisce una campagna elettorale a caccia di preferenze?
«Finisce stanchi e senza voce, perché ho fatto molte iniziative al giorno, e abbiamo fatto una campagna elettorale a piedi, camminando, con tappe anche di cinque o sei chilometri, con alcuni percorsi simbolici, come quello in Friuli dal Cie di Gradisca al sacrario di Redipuglia per tracciare un filo di memoria che non dovremmo mai perdere: quella dei nonni che partivano per cercare opportunità come fanno i migranti, e quella delle guerre e del motivo per cui abbiamo fatto l’Europa, la pace».

E come va la campagna di una dissidente del Pd, del volto degli Occupy-pd, i militanti che hanno protestato ai tempi della rielezione di Napolitano, di quella mancata di Stefano Rodotà, e poi della nascita del governo delle larghe intese?
«Non siamo passati, come dicono i 5 stelle, da Occupy-pd a Occupy-poltrona. La mia candidatura è la naturale conseguenza di quelle manifestazioni, il cui senso era mettersi in gioco personalmente, soprattutto per chi è rimasto deluso dalle scelte della dirigenza del partito. Una campagna elettorale è perfetta per recuperare l’ascolto, che è quello che chiedevamo ai nostri vertici».

A proposito di ascolto. Quella che in cui vi inserite voi candidati è una campagna che sembra o viene raccontata a due, Grillo e Renzi, in cui strillano tutti, ascoltandosi poco.
«Lo scontro tra i due è troppo machista, muscolare. Tutto questo misurare le piazze, mi sembra un modo per passare dal celodurismo al celopienismo. Sarebbe il caso di recuperare una misura di sobrietà, contare meno la gente e ascoltarla di più»

Vale per Grillo e però anche per il segretario del Pd?
«Sì, ci sono toni molto accesi anche da parte di Renzi. Sarà che sono una donna, ma io preferisco i toni più distesi. Preferisco quando non si rinuncia al rispetto, se si può dire».

Renzi è sicuro di vincere. Però poi dice che se sta sotto il 30 non si dimette comunque. Come andrà il Pd?
«Il Pd andrà bene, anche se ci troviamo con uno scenario inconsueto ed è la prima volta che non sfidiamo la destra, ma un movimento come i 5 stelle. Io sono una candidatura borderline, e sto proprio cercando di recuperare i traditi, i delusi. Cerco di far capire che se si vuole un po’ di sinistra in Europa si può anche votare il Pd e questa ragazza che non ha nulla da invidiare alla lista Tsipras».

A proposito di Lista Tsipras. A Bologna il Pd perde pezzi verso sinistra. Una ragazza eletta all'assemblea cittadina del Pd è andata ad applaudire il leader greco alla chiusura della sua campagna elettorale e ora nel partito c'è chi ne chiede l'espulsione. La segretaria della sezione dove è iscritto Romano Prodi, è uscita e ha parlato dal palco…
«Cecilia Alessandrini la conosco bene. Anche io sono iscritta in quel circolo e abbiamo un ottimo rapporto da sempre».

 Ecco, e che succede, è l’effetto Renzi?
«Cecilia ha lasciato il partito quando è nato in governo Renzi, quindi in un certo senso sì. Quel momento è stato un momento drammatico, per chi come me ha sostenuto Civati alle primarie. Molti di noi pensavano addirittura che sarebbe stato meglio non votare la fiducia».

Poi però Civati l’ha votata.
«Perché è passata la linea di chi diceva di mandare giù il boccone amaro, votare la fiducia e continuare a fare le battaglie di sinistra dentro il partito democratico. La stessa cosa stiamo facendo con una candidatura come la mia, tenere il punto sinistra e alzare lo sguardo».

Che vuol dire?
«Vuol dire che in Europa spero di poter lavorare con la sinistra europea, con la lista Tsipras, con i Verdi. Vuol dire capire che se uno esce dal Pd, non è che il Pd sta cadendo a pezzi ma che c’è una visione comune nel centrosinistra e che è lì che dobbiamo guardare uscendo da queste stramaledette larghe intese».

Voi dite di uscirne. Eppure è il terzo governo che il Pd fa con maggioranze ad intese più o meno larghe.
«La nostra speranza è di andare il più rapidamente possibile al voto, con una nuova legge elettorale e fare poi un governo monocolore».

Monocolore vuol dire solo Pd?
«Assolutamente no. Monocolore vuol dire di centrosinistra, di un centrosinistra che sia più ampio possibile. Confesso che mi mancano molto gli amici di Sel».

Torniamo al risultato delle europee. Se il dato di Grillo dovesse essere alto, il governo, il Pd, Renzi, quali conseguenze dovrà trarre?
«Io sono sicura che Grillo avrà un risultato importante, alto, ma credo che il Pd vincerà. Poi però le valutazioni spettano a Renzi e io credo vadano comunque fatte sul governo, ma a prescindere dal risultato. Perché con alleati come Alfano non si possano fare le riforme che servono al paese».

Cosa andrebbe a fare in Europa?
«Bisogna cambiare le politiche economiche e sociali, le scelte disastrose di questi anni che hanno amplificato la recessione. Obama ha capito prima di noi che se non si sostengono i più deboli l’intera società non può ripartire. L’Europa deve tornare a investire, oltre i vincoli di bilancio, sull’ambiente, sulla cultura, sull’innovazione. Invece di competere con la Cina sul costo del lavoro, stracciando le conquiste sui diritti del lavoro, dovremmo puntare sulla qualità che i nostri territori esprimono».

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