Monsignor Nunzio Galatino vede il rischio di «sfasciare tante famiglie»? Fa nulla. Se il Senato, come promettono tutti, dovesse approvare rapidamente e senza modifiche il testo, il divorzio non sarà più una penitenza. Se la scelta è consensuale, infatti, il vincolo matrimoniale si potrà sciogliere dopo sei mesi di separazione. Nulla cambia se ci sono o meno figli. Se la separazione è giudiziale, invece, servirà un anno, più gli ovvi e lunghi tempi di giudizio. Dai tre che servono ora, è un bel passo avanti. Il provvedimento, se approvato in via definitiva, varrà anche per le pratiche di separazione già avviate.

E se l’alfaniana Eugenia Roccella ha parlato di «una legge ideologica» che favorisce «una famiglia liquida» che ovviamente «non è la famiglia prevista e tutelata dalla nostra costituzione», Paola Binetti dell’Udc si è detta proprio contraria al divorzio «salvo pochi casi drammatici», convinta che serva piuttosto «più consapevolezza» da parte degli sposi e poi promuovere politiche familiari: «Se arrivi a casa la sera spremuto come un limone» ha detto a Repubblica «è chiaro che la relazione ne risente. Se lei è un precario ovvio che la sua vita coniugale sarà attraversata da tensioni continue». Loro hanno votato contro. Ma per il resto, tutto bene.
Ma tra Italicum, riforma del Senato, e Jobs act, il parlamento riuscirà a fare altro sul fronte dei diritti? Dello Ius soli, ad esempio, che pure era un cavallo di battaglia del premier, messo sul piatto anche nel primo discorso per la fiducia in parlamento, si sa soltanto che Renzi vorrebbe «individuare la soluzione entro l’anno». Dovevano essere «cento giorni», saranno un po’ di più, ma pazienza. Khalid Chaouki, deputato Pd che segue il tema, conferma l’ottimismo, «potremmo farcela», dice, ma poi precisa che «al momento non si è ancora arrivati alla definizione di un testo base».
La discussione in commissione affari costituzionali partirà dopo i ballottaggi, e la novità post elettorale è che Forza Italia, tallonata dalla Lega, potrebbe mettersi di traverso: «ai tempi del governo Letta» dice Chaouki, «parevano molto più disponibili». Il Pd da parte sua non farà troppi problemi, e anche se «la proposte depositate dai nostri deputati parlano tutte di cittadinanza alla nascita per chi nasce qui da genitori residenti e al ciclo scolastico per chi viene da fuori», non si faticherà a «trovare un’intesa con il governo» e poi, se dovesse servire, un ponto con le opposizioni, Sel e 5 stelle.

Delle Civil partnership, invece, non si parla, figurarsi dei matrimoni gay, che non sono mai stati nel mirino. La deputata di Sel Titti Di Salvo esagera nella lista dei desideri: «Procreazione assistita, eccessivo abuso dell'obiezione di coscienza, riconoscimento delle famiglie arcobaleno, matrimonio alle coppie omosessuali e adozione ai single e alle coppie omosessuali, dichiarazione di volontà anticipate per fine vita, sistema penitenziario e penale in Italia sono problemi, in Europa sono diritti» dice senza dimenticare nulla. Salvo che persino la legge contro l’omofobia per cui si è tanto speso il renziano Ivan Scalfarotto, ora sottosegretario alle riforme, e che non aveva comunque incontrato il plauso convinto dei movimenti lgbt, arranca in commissione giustizia, al Senato.
Scalfarotto si dice convinto: «ho la fondata speranza che questo sul divorzio breve sarà il primo di una serie di provvedimenti sul tema dei diritti civili, su cui la politica finora è rimasta troppo indietro rispetto al posto che gli compete tra i grandi paesi del mondo». Sarà. Intanto però, almeno per la legge sull’omo e transfobia la stessa senatrice del Pd Rosanna Filippin dice che non sbaglia «chi dice che se non finisce l’ostruzionismo non basterebbe tutta la legislatura per approvarla». Tanti sono gli emendamenti di Forza Italia e del Nuovo centro destra, infatti, «che solo un accordo politico, auspicabile, potrebbe sbloccare la legge», che già non è il primo pensiero della commissione giustizia, alle prese con testi complessi come quello sul voto di scambio e sul riciclaggio.