Silvio Berlusconi multitasking, dall'accordo con Renzi al processo Ruby

Imputato, condannato, testimone, leader politico, il leader di Forza Italia può almeno bearsi dell'intesa sul nuovo Senato. Conclusa (con scorno dei Cinque stelle) proprio mentre si apre a Milano il procedimento d'appello

Nella sua terza vita, dopo quella da imprenditore e quella da politico puro, Silvio Berlusconi ha imparato la via del multitasking: oggi per esempio con i piedi è a Cesano Boscone, dove è condannato a passare i suoi venerdì per un anno causa sentenza Mediaset, con la testa a Milano, dove si apre il secondo grado del processo Ruby (nel primo i giudici gli hanno dato sette anni), col cuore a Roma, sull’accordo appena ri-siglato con Renzi, via Boschi-Romani, che gli assicura almeno per un altro pezzetto quel “ruolo” nella vita politica del Paese senza il quale sarebbe spazzato via, lui e la sua Forza Italia. Obiettivo col quale il premier può ben convenire, avendo come contraccambio la prosecuzione spedita delle riforme.

L’intesa sul nuovo Senato è infatti sostanzialmente conclusa, si stanno definendo i dettagli dei dettagli, mentre il dialogo è continuo tra il ministro Pd dei Rapporti col Parlamento e il capogruppo Fi al Senato e relativi emendamenti sono sul punto di planare in commissione Affari costituzionali dove sono attesi a braccia aperte entro sera.
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Poco importa all’ex Cavaliere se alla fine, tra i cento senatori che proverranno nella gran maggioranza dai Consigli regionali, i sindaci a Palazzo Madama saranno ventuno o meno, se quelli nominati a vita dal presidente della Repubblica saranno cinque o più. “Di questi tecnicismi a me non frega nulla”, aveva detto qualche giorno fa.

Quel che conta è la sostanza, e cioè che è bastato (come ad Arcore si sperava) battere un colpo e confermare il “manteniamo i patti” per far passare in secondo piano l’altrimenti pericolosa (per Fi) profferta al dialogo per le riforme avanzata in questi giorni dai Cinque Stelle. La nervosa sollecitazione di Beppe Grillo a una risposta (“Renzi ci stai o no?”), così come la cortesemente beffarda replica del premier (“ci vediamo mercoledì, ditemi se volete incontrarmi come premier o come capo del Pd”), Berlusconi se le è fatte raccontare mentre – accordo Pd-Fi già in tasca - digeriva la pizza margherita, la mozzarella e il bigné mangiati a Napoli dopo aver deposto – multitasking, appunto – da testimone nel processo contro Valter Lavitola per le presunte tangenti a Panama.
Palazzo
Senato, c'è l'accordo. E' di nuovo tempo di larghissime intese tra Pd, Forza Italia e Lega
19/6/2014

Non che tutto fili liscio, è chiaro: sempre a Napoli, parlando ai magistrati, Berlusconi – che perlatro ha altri cinque procedimenti aperti, in cui è coinvolto a vario titolo - si è lasciato scappare le solite frasi sulla “magistratura irresponsabile e fuori controllo” perché, a sua volta nervoso, aveva già in mente il frastuono che torna a scatenarsi oggi, sulla sedicente nipote di Mubarak e sesso con minorenni eccetera eccetera. E’ naturale del resto che, specie coi computer sovraccarichi d’anni e di file, l’apertura contemporanea di più applicazioni mandi in tilt la macchina: basta riavviare.

Però, almeno, il ruolo in Parlamento è messo in sicurezza: contando, fra l’altro, sul convergente interesse di Renzi a non ridursi a contrattare senza spalle coperte con gli insidiosi Cinque stelle. E se non si può sbandierare ancora il patto di rame con Palazzo Chigi, lo si potrà fare tra qualche giorno.

Una volta passati i titoloni su Ruby (per l’ex Cavaliere) e portato avanti fino al probabile naufragio il dialogo coi grillini (per Renzi). Ci sarà poi tempo, quando si tratterà di nuovo di discutere l’Italicum (un file ripreso anche negli incontri di queste ore), o magari anche prima per distorcere di nuovo il rame e rimettere, eventualmente, tutto in discussione. Come tante volte s’è già fatto.

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