Silvio Berlusconi è sceso a Roma personalmente. Ha rilanciato l’idea del presidenzalismo, si è beato dell'attenzione delle telecamere, ha raccontato la storiella su come aiuta a mangiare gli anziani di Cesano Boscone. Ed ecco che magicamente l’accordo sulle riforme prende nuovamente corpo. È nelle parole del leader forzista: «Siamo all’opposizione, ma finora abbiamo mantenuto gli impegni e siamo pronti a farlo in futuro. Vedrete, troveremo la quadra». Il quotidiano di famiglia, il Giornale titola: «È fatta».
Questa volta, però, l’accordo lo stringono Pd, Forza Italia e Lega. Più ovviamente Angelino Alfano. Lasciato da parte il presidenzialismo («non è condicio sine qua non» dice Berlusconi), l’accordo va perfezionato ma si fonderebbe su una ventina di emendamenti da votare in Commissione, a cura di Roberto Calderoli e Anna Finocchiaro.
[[ge:espresso:palazzo:1.169816:video:http://video.espresso.repubblica.it/tutti-i-video/berlusconi-ruolo-capo-dello-stato-e-patologico-serve-presidenzialismo/2410/2407]]
Ricordate il «senato alla francese»? Ecco, ora si parla di «senato alla tedesca», per quel che valgono questi riferimenti internazionali, usati spesso per marcare più l’avvento di alcune modifiche che un’effettiva somiglianza. In questo caso la modifica dovrebbe riguardare soprattutto il numero dei sindaci inclusi nell'assemblea, che forse diminuirà «sensibilmente», fino anche ad essere uno solo per regione. Gli altri senatori saranno dunque consiglieri regionali, eletti di seconda mano.
Le regioni saranno poi rappresentate proporzionalmente al numero degli abitanti. Per Renzi la concessione non è banale, visto l’esito dell’ultima tornata delle amministrative, che lasciava immaginare, con molti sindaci a palazzo Madama, una netta maggioranza per il centrosinistra.
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Ricordate il «senato alla francese»? Ecco, ora si parla di «senato alla tedesca», per quel che valgono questi riferimenti internazionali, usati spesso per marcare più l’avvento di alcune modifiche che un’effettiva somiglianza. In questo caso la modifica dovrebbe riguardare soprattutto il numero dei sindaci inclusi nell'assemblea, che forse diminuirà «sensibilmente», fino anche ad essere uno solo per regione. Gli altri senatori saranno dunque consiglieri regionali, eletti di seconda mano.
Le regioni saranno poi rappresentate proporzionalmente al numero degli abitanti. Per Renzi la concessione non è banale, visto l’esito dell’ultima tornata delle amministrative, che lasciava immaginare, con molti sindaci a palazzo Madama, una netta maggioranza per il centrosinistra.
Con questo passo in avanti, però, si affrontano gli incontri previsti. L’ennesimo vertice con Forza Italia (il ministro Maria Elena Boschi è ormai intima del capogruppo Paolo Romani), e soprattutto l’incontro di Renzi con il Movimento 5 stelle. Per mettere fretta a tutti c’è anche una data, il 3 luglio, giorno in cui palazzo Chigi vorrebbe vedere la riforma entrare in aula a palazzo Madama, con il via libera dalla commissione affari costituzionali.
Poi, certo, il più è ancora da fare. Valgano come campanello le parole che Renato Brunetta affida a Repubblica: «È una riformetta che non serve a granché, produce più problemi di quanti ne risolve e certamente non fa risparmiare nulla». Brunetta voterebbe più volentieri «la riforma disegnata dall’ordine del giorno Calderoli», «quella con il senato elettivo», ma Brunetta ha uno specifico ruolo in commedia. Sulla data del 3 luglio ricorda ad esempio che «è il solito gioco degli ultimatum di Renzi, e non ha funzionato molto» dice, «basta vedere come non sono state rispettate tante scadenze». Anche lui deve però poi confermare il nuovo schema: «so che Calderoli sta dando una mano sul titolo V in senso federalista e Forza Italia appoggia questo sforzo».
Poi, certo, il più è ancora da fare. Valgano come campanello le parole che Renato Brunetta affida a Repubblica: «È una riformetta che non serve a granché, produce più problemi di quanti ne risolve e certamente non fa risparmiare nulla». Brunetta voterebbe più volentieri «la riforma disegnata dall’ordine del giorno Calderoli», «quella con il senato elettivo», ma Brunetta ha uno specifico ruolo in commedia. Sulla data del 3 luglio ricorda ad esempio che «è il solito gioco degli ultimatum di Renzi, e non ha funzionato molto» dice, «basta vedere come non sono state rispettate tante scadenze». Anche lui deve però poi confermare il nuovo schema: «so che Calderoli sta dando una mano sul titolo V in senso federalista e Forza Italia appoggia questo sforzo».
Berlusconi: "Presidenzialismo". @matteorenzi : "Inopportuno e intempestivo". Totò: "Ma mi faccia il piacere"
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) 19 Giugno 2014
Più difficile è certo l’incastro con la legge elettorale. Lì pesa la mossa di Beppe Grillo e del Movimento 5 stelle, che propone un modello elettorale cucito per una riforma completamente diversa, e molto più simile a quella proposta dai “dissidenti” del Pd, da Vannino Chiti, Giuseppe Civati e il sostituito Corradino Mineo.
Il rinnovato spirito collaborativo di Forza Italia induce però a una certa prudenza su quel fronte, bisognerà pur «vedere le carte» di Beppe, ma senza lasciarsi sfuggire l’occasione di fare il primo vero passo significativo su Senato e Titolo V, per ora riformate solo a parole. E Berlusconi lo farà pure perché spinto da Denis Verdini e perché preoccupato dall’imminente appello del processo Ruby, ma Berlusconi è tornato l’uomo del dialogo e delle riforme e sarebbe un peccato lasciarselo scappare.