Con un ordine del giorno - bocciato - il Movimento, Di Battista in testa, chiede al governo di non modificare la legge elettorale. Ironico il sottosegretario Scalfarotto: «Era ora. Si sono accorti che è una buona legge». Ma Toninelli poi spiega: «Era una provocazione»
L’intenzione pare fosse quella di interrompere la continua trattativa sulla legge elettorale, che ha accompagnato l’intero percorso delle riforme costituzionali - e che in parte accompagna anche le trattative sulle coalizioni per le amministrative. Dal Nuovo centro destra in giù, i partiti più piccoli non hanno mai smesso infatti di chiedere modifiche alla legge elettorale tanto cara a Matteo Renzi. E così i 5 stelle - primi firmatari
Alessandro Di Battista e Danilo Toninelli -, in una sorta di cortocircuito, hanno presentato un ordine del giorno collegato alla riforma costituzionale che avrebbe impegnato il governo «ad astenersi dall’adottare iniziative legislative recanti proposte di modifica della disciplina elettorale per l’elezione delle camere una volta giunti all’approvazione della riforma costituzionale».
L’ordine del giorno è stato bocciato dall’aula - quasi all’unanimità, e gli stessi 5 stelle hanno votato contro - ma ha innescato ovviamente una serie di piccate reazioni politiche. Di stupore, dai banchi di Sinistra italiana («Forse non so leggere», dice Arturo Scotto, il capogruppo, «perché non capisco come si possa raccogliere insieme le firme per i ricorsi contro l’Italicum e poi chiedere che non venga modificato»), e di sarcasmo dai banchi del governo e del partito democratico. «Esprimo soddisfazione per il cambio di linea di M5S, che oggi in aula, con un ordine del giorno del deputato Alessandro Di Battista, ci ha chiesto formalmente di non cambiare la legge elettorale, che dopo 10 anni abbiamo faticosamente modificato», ha detto sorridendo il sottosegretario alle riforme
Ivan Scalfarotto, ai margini della capigruppo: «Con grande ritardo i 5 stelle hanno finalmente cambiato idea. Ci hanno impiegato del tempo ma dopo tanto hanno capito. Bene, meglio tardi che mai».
«Dico a Scotto che ci sono bambini che frequentano la prima elementare che avrebbero capito prima di lui che questo era un testo provocatorio», ha detto subito in aula
Danilo Toninelli, difendendo il suo gruppo. I 5 stelle parlano di una «provocazione» per mettere il Pd nell’angolo, ma i più leggono l’episodio con la malizia del fittiano
Maurizio Bianconi, che è l’unico a dire chiaramente ciò che tutti pensano. A insinuare che più che una provocazione quella dei 5 stelle sia acquolina: «Io», ha detto in aula il deputato, «lo avevo detto a questi scienziati che con l'Italicum avrebbero fatto vincere i cinque stelle...».
Arturo Scotto parlando con l’Espresso si interroga però anche sul voto del Pd. Bocciando l’ordine del giorno dei 5 stelle, Scotto non vorrebbe che in realtà si stia proprio fotografando il fatto che l’Italicum si possa modificare a seconda dei bisogni: «Siamo noi i primi a chiedere da tempo che si modifichi il premio di maggioranza e che spariscano le liste bloccate», dice, «ma qui parliamo di merce di scambio». Ed è proprio questo che - assicura Toninelli - volevano denunciare i 5 stelle: «Il Pd cambierà la legge elettorale quando e se il movimento 5 stelle vincerà a Roma, a Milano, a Torino o a Napoli», ha detto in aula il deputato, «per questo noi voteremo contro l’ordine del giorno. Se lo devono votare loro, perché i loro leader dicono di non voler modificare questa legge».