Scelta Civica non esiste più. Ichino, Lanzillota, Tinagli, il ministro Giannini e altri quattro migrano nel Pd. E gli emissari del premier parlano di altri acquisti, da ex M5S e Sel. I vendoliani però smentiscono: «Bugie, millantano per far rientrare Berlusconi»
di Luca Sappino
6 febbraio 2015
Otto, per ora, sono i nuovi acquisti di Matteo Renzi. Non sono numeri in più per la maggioranza parlamentare, perché Scelta Civica è già fedele sostenitrice del governo, ma sono innesti importanti, soprattutto al Senato, nei gruppi dei democratici.
Per alcuni è un ritorno, come per il senatore Pietro Ichino, padre della riforma del lavoro, del jobsact, o per Linda Lanzillotta, vicepresidente del Senato e già ministro di Romano Prodi. Entrambi erano già nel Pd, prima di votarsi alla causa di Mario Monti, e come loro anche Alessandro Maran, deputato, era già nel Pd, e prima ancora nei Ds e pure nel Pci. Per altri è un approdo abbastanza naturale, come per la deputata Irene Tinagli, che prima di esser montiana era in Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo, insieme ad Andrea Romano, già da tempo traslocato nel Pd. Da Italia Futura è passato anche Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo economico, ex manager Ferrari e Sky. Per altri ancora, come per Stefania Giannini, è una scelta obbligata, anche nella speranza di mantenere la poltrona al ministero dell’Istruzione. Per il senatore Gianluca Susta è un successo annunciato perché «il Pd renziano» dice «ha assorbito il centro della società prima ancora che quello politico. Ha assorbito la base sociale ed elettorale di scelta civica che, infatti, alle elezioni europee nel maggio scorso ha scelto in massa le liste di questo nuovo Pd». Poi c’è Ilaria Borletti Buitoni.
Tutti insieme dicono: «Accogliamo l'invito rivoltoci da Matteo Renzi a un percorso e a un approdo comuni e riteniamo che si debba andare nella direzione che i nostri elettori ci hanno già indicato. Per questo decidiamo di aderire ai Gruppi del Pd di Senato e Camera, alcuni di noi anche al partito stesso». È l’effetto Matteo Renzi, una formidabile calamita. L’effetto del partito della Nazione. Funziona verso il centro, soprattutto, e però non solo. Questo almeno stando alle voci renziane in parlamento. «Mi auguro che la scelta di colleghi così autorevoli sia seguita da altri parlamentari» dice il senatore Andrea Marcucci, «Il Pd è un partito aperto ed inclusivo»
Da Gennaro Migliore a Pietro Ichino, Pd è con il consenso dei cittadini un partito a vocazione maggioritaria. #Lingotto#SceltaCivica
La rottura con Forza Italia ha infatti spinto il premier e i suoi emissari ad intensificare le operazioni di pesca d’altura. E ad annunciarla, soprattutto, mettendo nelle mani dei cronisti parlamentari liste ed elenchi. Si cercano pesci grossi, soprattutto, voti che non siano già stabilmente in maggioranza, come è per quelli di Scelta Civica. Due sono i branchi dovi si stanno gettando le esche.
Il primo è proprio quello dei forzisti. Il partito di Silvio Berlusconi, come noto, è in pieno ciclone, e i democratici sono convinti che da lì potrebbero arrivare una decina di senatori, magari a partire dai fedeli di Denis Verdini. Il senatore Giuseppe Ruvolo di Gal al Corriere si dice sicuro: «Alla fine, se mai dovesse avere difficoltà di numeri una decina di responsabili Renzi li trova, certissimamente. Ne ho sentiti diversi di miei colleghi girare per il Palazzo raccontando che sì, hanno ricevuto una telefonata dal presidente in persona. Chissà se è vero...». Magari sono vanterie.
Questa ricerca di transfughi fa però risvegliare Domenico Scilpoti, che si sente chiamato in causa, offeso: «Renzi dovrebbe scusarsi pubblicamente con il senatore Scilipoti» dice al Fatto con la consueta terza persona, «contro di me furono usati termini fuori del normale». Matteo Renzi, in effetti, mentre oggi si dice pronto ad accogliere a braccia aperte eventuali responsabili, nel 2013 di Scilipoti diceva: «Non lasceremo la politica nelle mani dei Batman e degli Scilipoti». E due anni prima: «Non esco dal Pd nemmeno se mi cacciano. Non sono mica uno Scilipoti. Se uno smette di credere in un progetto, non deve essere costretto a restare. Ma quando se ne va, deve lasciare il seggiolino». Ma è evidente che dipende dal progetto.
Il secondo bacino è quello dei vendoliani. Lì il Pd ha già pescato Gennaro Migliore, ormai uno dei maggiori sostenitori del premier, che non si risparmia in complimenti e tweet, e una prima pattuglia di deputati. Ancora sul Corriere Monica Guerzoni fa altri tre nomi in uscita.
Dal partito di Nichi Vendola però arrivano secche smentite. Il capogruppo alla Camera dei deputati, Arturo Scotto, parla di «bulimia renziana». Il senatore Pepe De Cristofaro, uno di quelli dati sulla porta, smentisce categorico: «Il Corriere della Sera questa mattina mi attribuisce l'intenzione, assieme a due altri senatori del mio gruppo, di voler 'salire sul carro dei Dem' per sostenere il governo Renzi. Siamo alle solite: la giornalista avrebbe potuto verificare questa 'notizia' con una semplice telefonata, anziché affidarsi a pettegolezzi di corridoio».
Da Scelta civica a Scelta Cinica...Le bulimia del renzismo non ha precedenti...#Sel
Anche un ex deputato di Sel, ora nel Pd, si dice convinto che non ci saranno altri cedimenti tra i suoi ex compagni. Fornisce però una precisa lettura dei pettegolezzi di corridoio: «I nomi che girano sui giornali sono sicuramente stati suggeriti a qualche tuo collega da qualcuno nel Pd» ragiona con l’Espresso. Sarebbe l’ennesimo avvertimento: «E non escluderei che sia stato fatto per suggerire a Berlusconi di rientrare. L’idea di esser sostituito, potrebbe indurlo a comportamenti più morbidi».
Più concreta è invece la sponda degli ex 5 stelle. Alla Camera gli ultimi fuoriusciti hanno formalmente fatto nascere la loro componente nel gruppo misto, Alternativa libera. Sono dieci deputati. Al Senato poi Francesco Campanella dice senza giri di parole che «molti colleghi del Pd ci hanno detto di aver bisogno di noi» e che siccome «il quadro politico è molto cambiato», «se i provvedimenti li condividiamo possiamo anche votarli». Non si pensa come uno Scilipoti, ovviamente, Campanella, ma vorrebbe lavorare di sponda con Sel e con la minoranza Dem: «L’obiettivo è un partito di sinistra alternativo a Renzi».