Gli alfaniani confidano sui franchi tiratori, in particolare nell'alleato Pd. Che ha anche consentito di allungare i tempi sulla richiesta di domiciliari per Bilardi, accusato di peculato e pure lui di Nuovo centrodestra

Azzollini, mercoledì 29 si vota per l'arresto Ncd ottimista: «Il voto segreto lo salverà»

«E invece scommettiamo che lo salvano?». Il senatore di Nuovo centrodestra chiede l'anonimato ma ostenta sicurezza: Antonio Azzollini la scamperà anche stavolta. E si dice certo che alla prova del voto segreto, il Senato respingerà la richiesta d'arresto avanzata dai pm di Trani per il crac della Divina Provvidenza. Ormai, dopo rinvii e temporeggiamenti vari, c'è anche il giorno: mercoledì 29. È fallita la manovra di Ncd, che puntava a far slittare a dopo l'estate la votazione («Hanno deciso di fargli fare le vacanze, così magari poi va ad Hammamet» il commento beffardo del grillino Cioffi). Fra gli alfaniani c'è comunque la diffusa convinzione che alla fine molti senatori dem si esprimeranno contro l'arresto.

In Giunta delle autorizzazioni due settimane fa è finita 13 a 7 per il "sì" ai domiciliari:  da una parte Pd e M5S, dall'altra Nuovo centrodestra, Forza Italia, Gal e Psi. «Ma in Aula col voto segreto sarà tutta un'altra storia» assicura il senatore Ncd. Se il Pd è compatto, il film dovrebbe essere lo stesso. Il punto è che fra i democratici, che in Giunta hanno votato uniti per disciplina di partito (ma solo dopo che il tribunale del Riesame respinto il ricorso di Azzollini) molti sono perplessi. Così finora è andato in scena il perfetto gioco delle parti: in privato più di un commissario Pd, anche con l'Espresso, ha manifestato scetticismo sull'arresto ma non ha mai fatto trapelare le proprie considerazioni pubblicamente. Per questo Ncd è così ottimista: al netto delle assenze, per salvare Azzollini sarebbero sufficienti una trentina di franchi tiratori.

Ma c'è anche un'altra ragione che induce i sodali di Alfano a essere fiduciosi: da quando è iniziata la legislatura sono già cinque le richieste di arresto giunte in Parlamento e fra vari esponenti democratici si è fatta strada che la magistratura stia esagerando. Sotto certi aspetti lo dimostra proprio il caso che vede protagonista Giovanni Bilardi, l'altro senatore Ncd nei cui confronti sono stati chiesti i domiciliari per la Rimborsopoli calabrese. Nella motivazione della richiesta d'arresto, il gip ha scritto che l'onorevole potrebbe reiterare il reato di peculato perché "nella veste di senatore della Repubblica egli gode della disponibilità di ingenti fondi pubblici a diverso titolo". Solo che Bilardi non è capogruppo né tesoriere, quindi di fatto ha a disposizione solo il suo stipendio da parlamentare (che però in parte viene erogato sotto forma di rimborsi previa rendicontazione). Ma questo passaggio dell'ordinanza ha fornito l'occasione al democratico Giorgio Pagliari per proporre di chiedere al presidente Piero Grasso una certificazione delle somme erogate mensilmente a Bilardi. Una mozione accolta coi soli voti contrari dell'eretico Pd Felice Casson e dei Cinque stelle.

Prevedibile la conseguenza: Grasso rileverà che Bilardi non dispone di fondi fuorché della retribuzione da parlamentare e, in base a tale responso, chi è contro l'arresto potrà giocare la carta del fumus persecutionis. Nell'immediato, intanto, il risultato è stato di far slittare i lavori di due settimane. Giusto il tempo di vedere come va a finire con Azzollini.

In ogni caso, quando si riparlerà del caso Bilardi, non sono escluse sorprese: come conseguenza di alcune polemiche, il presidente della Giunta Dario Stefàno (Sel) - che ha curato gran parte dei dossier più delicati (Azzollini compreso) - ha lasciato l'incarico di relatore. E ha ceduto l'incarico alla democratica Stefania Pezzopane. La patata bollente adesso passa nelle mani del Pd.

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