
Bersani, tra Renzi, la Merkel e l’Ue è scontro. Condivide i toni usati dal premier?
«Abbiamo ottime ragioni per chiedere chiarimenti, ma con i tempi e le priorità giuste. Sulle banche sarebbe stato meglio segnalare le nostre specificità prima di votare il bail-in, non dopo. Se il contenzioso con la Ue si riduce a conquistare margini per le nostre politiche, potrebbero risponderci che in Europa ovunque esiste la tassa sulla casa... Dobbiamo spendere le nostre risorse negoziali non sugli zero virgola».
Eugenio Scalfari ha scritto che in Europa ritorna il nazionalismo e che Renzi non fa eccezione.
«Più che nazionalismo è un rigurgito protezionista. E non possiamo rispondere solo con la retorica europeista. Condivido quanto dice Enrico Letta sull’Europa a due cerchi, il primo basato sui Paesi fondatori, il secondo formato dagli altri. Ma per questo non possiamo rompere il cuore dell’Europa».
Si vota sulle unioni civili, con il Pd spaccato. Questa volta la divisione passa tra i renziani.
«Da sempre penso che il Pd abbia bisogno di un rimescolamento culturale. Sulle unioni è come se mancassero le premesse per cui si fa la legge: non si possono saltare per postura decisionista o per esigenze di velocità».
Che fa? Si schiera con chi vuole bloccare la legge?
«Nient’affatto. Sulle adozioni è emersa la questione dell’utero in affitto. Non ha niente a che fare con la legge, tuttavia la preoccupazione c’è, non solo tra i cattolici ma anche tra le donne. Dobbiamo pensare a elementi maggiormente dissuasivi di questa pratica, in attesa di capire se parliamo di libertà della donna o di un’altra forma di subordinazione e di schiavitù. Sul resto non ho dubbi, si deve andare avanti».
C’è stato un deficit di discussione all’interno del Pd?
«Discussione? Non abbiamo fatto nessuna vera discussione, su questo e su altri temi. La direzione dove si parla cinque minuti è un formalismo...».
Al referendum costituzionale su cui punta Renzi lei voterà sì?
«Il Pd sarà unito. A meno che si contraddica il punto di equilibrio che ci ha spinto tutti a votare la riforma, l’elettività dei senatori. Mi schiero con il senso comune: la gente pensa che sia un passo in avanti da appoggiare, ma non percepisce un appuntamento epocale. Se trasformi il voto in Armageddon rischi un ballottaggio anzitempo tra chi è pro o chi è contro Renzi, con qualche rischio. Non ne vedo l’utilità né per l’Italia né per il Pd. E neppure per Renzi».
Verdini voterà sì, per “affiliarsi” al Pd. Un termine tecnico...
«Ho visto che poi si è corretto, parla di affiancarsi al Pd ma ha ragione lui: se fai un listone con un altro partito il termine tecnico è affiliazione... E se dovesse esserci lui con noi avrei un bel problema. Non accetterei mai uno snaturamento del Pd così evidente e palese. Il Pd non può diventare l’indistinto dove tutto si ammucchia. Queste pensate tattiche e trasformistiche sono destinate a essere spazzate via».
Non c’è solo Verdini. Come giudica su Banca Etruria i giri di faccendieri che sfiorano la Boschi e lo stesso Renzi?
«Lasciamo fare alla magistratura che chiarirà quel che c’è da chiarire. Ma sul piano dei comportamenti emerge una sovrabbondanza di relazioni amicali, localistiche. Troppe cose in pochi chilometri quadrati. Lette con attenzione anche all’estero dagli investitori. Consiglierei a Renzi e alla Boschi di non usare toni troppo assertivi che possono apparire arroganti. Un po’ di umiltà non guasta. Su Banca Etruria e sulle banche è stata proposta una commissione di inchiesta parlamentare. Non sono d’accordo, farebbe solo confusione. Serve invece una commissione di indagine che preluda a una nuova normativa sul risparmio. Dopo il bail-in serve una muraglia cinese da alzare tra la gestione del risparmio e la gestione delle azioni e delle obbligazioni. Sono indignato quando vedo autorevoli commentatori prendersela con i consumatori. L’obbligazionista deve conoscere inconvenienti e margini di rischio. Ci vuole il bollino rosso per segnalare il margine di rischio ma le norme devono rafforzare le responsabilità di chi vende, non di chi compra. Vanno ridefiniti i compiti di Consob e Banca d’Italia».
Alle primarie 2012 Renzi andò a Siena per accusare il Pd sul Monte dei Paschi. E lei lo attaccò sul finanziere Davide Serra.
«Su Siena appoggiai Vincenzo Visco per disancorare il Monte dei Paschi dalla senesità, fummo sconfitti. Davide Serra mi querelò per le mie parole. Ho sempre pensato e detto che avrebbe fatto meglio a dare consigli alla regina di Inghilterra per cui paga le tasse, piuttosto che a noi. La querela è stata archiviata e non ho festeggiato, mi sarebbe piaciuto poterla discutere in tribunale. Ieri e oggi stigmatizzo la speculazione finanziaria, il familismo, i sistemi di relazioni che si sovrappongono ai rapporti istituzionali...».
Eccone un altro: l’amico del premier Carrai potrebbe diventare capo dell’agenzia governativa sulla cyber-sicurezza.
«Non riesco a credere che Renzi abbia pensato una cosa così... Se l’ha pensata ci ripensi. E non umiliamoci tutti a spiegarci per quale motivo debba farlo».
L’ex deputato Ds Caldarola ha scritto che gli amici negli apparati di sicurezza sono pericolosi.
«Per questo spero che Renzi non l’abbia mai pensato...».
Sono in ballo i nuovi vertici dei servizi segreti, i direttori Rai. E sugli enti pubblici la responsabilità passa dal ministero dell’Economia a Palazzo Chigi. Troppa concentrazione di potere?
«In questi anni la responsabilità delle nomine è stata affidata in parte al ministero del Tesoro. Vorrei sapere perché non è stato un bene. Il Tesoro è un’antenna sensibile agli umori economici internazionali. Non sono sicuro che Palazzo Chigi sia la stessa cosa. Sta prevalendo l’idea che per le nomine debba esserci un criterio di rapporto fiduciario. Non va bene. Un governo acquista autorevolezza se si crea una dissonanza tra chi nomina e chi è nominato. Serve un minimo di dialettica, non devono dirti di sì tutti i giorni! Sicurezza, finanza, informazione sono sfere delicatissime. Quando le tocchi non si scherza. Sappiamo quali sono in questi settori le personalità che hanno dimostrato autonomia, lealtà, schiena dritta e onestà. Se vedessi azioni che non mi piacciono non esiterei a reagire. Su questo non c’è disciplina di partito che tenga».
A proposito di nomine: Vasco Errani entrerà nel governo?
«Non sono un capocorrente. E Errani ha già dimostrato di non puntare a una poltrona, non ha esitato a dimettersi dalla presidenza dell’Emilia per difendersi in un processo. Il problema è politico: ci sarà un rimpasto per fare cosa? Per andare verso dove? Andrebbe discussa la linea del governo e il metodo con cui lo si conduce. Se c’è questa attitudine si può pensare di rafforzare la squadra. Altrimenti, se c’è da riempire qualche casella, qualcuno si trova sempre».
Nelle grandi città, invece, i candidati stentano a uscire. A Roma c’è Giachetti con cui lei ha avuto qualche scontro in passato.
«Arriviamo al voto con un Pd indebolito, ci manca il respiro del centrosinistra. Lavorerò per ricucire il mondo vasto che va dalla sinistra radicale al civismo liberale. Su Roma dopo Mafia capitale abbiamo pensato a una soluzione semplificata. Consiglio a Giachetti o ad altri di riprendere questa strada: senza un collettivo, senza il tuo popolo, dove vai?».
Ma lei lo voterà?
«Posso non pormi il problema. Non voto a Roma».