“Ci fidavamo, ma forse abbiamo fatto male”, a parlare così, stanca, demoralizzata eppure ancora combattiva è Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno. Sono le 8 del mattino e lei sta andando al Senato, dove assisterà, con l’animo pesante, all’intera giornata di lavori.
Parole le sue che fanno eco a quelle di Arcigay, che nella mattinata rilascia un comunicato durissimo contro la decisione del M5S, nel quale dice "Avete ancora un'opportunità per non passare alla storia come il movimento che è riuscito a negare i diritti dei gay, delle lesbiche e dei loro figli, per un calcolo politico miope e senza prospettive" e che trovano albergo nei social impazziti per quello che è stato ribattezzato il #dietrofront5stelle.
“Ci avevamo creduto - continua Grassadonia- , avevamo creduto davvero che la legge si potesse fare, e avevamo creduto che i Cinque Stelle, un partito che dice di essere aperto alla base e alle opinioni dei cittadini, potesse aiutarci. Ci avevo detto che sarebbero stati garanti dell’integrità della legge e che avrebbero fatto pesare i loro voti per evitare qualunque compromesso al ribasso. E invece ora, proprio loro, rischiano di far saltare tutto”.
In realtà, a ben guardare, i voti dei Cinque Stelle non sono stati esplicitamente contro la legge Cirinnà, ma solo contro ‘il canguro’, ossia un aspetto squisitamente procedurale del dibattito in Senato, che avrebbe potuto ‘mangiarsi i 4000 (ora circa 500) emendamenti delle opposizioni e sveltire i tempi di approvazione della legge, evitandole agguati e il dibattito sui passaggi più spinosi, come la Stephchild, sui quali la legge rischia di cadere.
“Credo - dice la Presidente di FA - che i senatori Cinque Stelle non si siano resi conto della gravità di quello che hanno fatto: forse pensano di aver votato solo su una questione procedurale, dicendo che il canguro è antidemocratico e che non si può togliere al Senato la possibilità di discutere e dibattere. In linea di principio ci può stare, ma non è questo il caso. Sul tavolo non c’è una questione procedurale: sul tavolo ci sono i diritti di persone che vivono alla giornata da anni. Sul tavolo c’è una battaglia per i diritti civili di gente che non ne ha. E i Cinque Stelle, tra una questione di principio e i diritti delle persone, hanno scelto la prima. Non è una scelta da poco”.
Una scelta politica, quella di ieri, che ha gettato nel panico e scatenato l’ira i gruppi LGBT e che rischia di risolversi o con un accantonamento in toto della Cirinnà (come successe, dieci anni fa, con i DICO di Prodi) o con un suo ridimensionamento, stralciando la stepchild adoption. L’ipotesi è che il PD, visto che non può fare affidamento sui voti grillini, torni a Canossa da Alfano e dai centristi rimangiandosi la Stepchild in cambio, almeno, delle Unioni Civili.
“E’ uno scenario possibile ma non ci piace per niente. Sarebbe assurdo perché la stepchild è il cuore della legge, la parte più importante, quella che tutela i bambini. L’unione, che comunque non ci piace e che comunque è un compromesso al ribasso, riguarda gli adulti. La stepchild invece si occupa dei nostri figli”.
E così, in queste ore convulse, ci si trova nella situazione paradossale in cui chi (M5S) aveva giurato di difendere la legge rischia di affossarla e che chi invece a questa legge guardava con malanimo perché la considerava ‘solo il minimo indispensabile’ (le associazioni omosessuali) ora si ritrova a difenderla a spada tratta.
“Non so che cosa aspettarmi, non so che previsioni fare: le nostre vite e quelle dei nostri figli sono appese ai singoli voti sui singoli emendamenti, e tutto può saltare da un momento all’altro. O forse no, magari non tutto è perduto. e oggi arriva qualche bella sorpresa, chissà”.