Sinistra

Le migliori stoccate di Massimo D’Alema

di Matteo Marchetti e Luca Sappino   11 marzo 2016

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Dal primato dei politici di professione agli attacchi a Matteo Renzi. Tra politica, sarcasmo e saccenza un repertorio delle frasi più riuscite di Massimo D’Alema

Con un’intervista al Corriere della Sera Massimo D’Alema scuote il dibattito nel partito democratico. Evoca una possibile scissione o comunque la nascita di una forza a sinistra del Pd che possa attrarre elettori ora scontenti («Nessuno può escludere che, alla fine, qualcuno riesca a trasformare questo malessere in un nuovo partito»), e fa i calcoli alla strategia di Matteo Renzi, D’Alema: «Secondo me» è il ragionamento «una volta lacerato il centrosinistra, non viene il partito della Nazione; viene il populista Grillo. O viene la destra. Perché il ceto politico berlusconiano che oggi si riunisce attorno a Renzi non gli porterà i voti di Berlusconi. La destra è confusa ma esiste, e una volta riorganizzata voterà per i suoi candidati. Renzi sposterà voti marginali, non paragonabili a quelli che perde».
 
Il tono di D’Alema è quello un po’ saccente di sempre, che tanto piace ai fan e tanto infastidisce gli altri. Con quel tono l’ex presidente del Consiglio ne ha per tutti: per Roberto Giachetti ad esempio («Giachetti si è fotografato su Internet mentre traina un risciò su cui è seduto Renzi. Ma questa non può essere l’immagine del sindaco di Roma, neanche per scherzo. Il quadro è estremamente preoccupante») e per il suo ex pupillo Matteo Orfini («Bassolino denuncia un mercimonio. Produce video che lo provano. E il presidente del partito, con il vicesegretario, rispondono che il ricorso è respinto perché in ritardo? Ma qui siamo oltre l’arroganza. Siamo alla stupidità»).
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È un concentrato, il ritorno di Massimo D’Alema, di giudizi sicuramente profondi ma categorici e sarcastici. Uno stile retorico affinato negli anni. Ecco una rassegna.
 
A margine di un convegno di Sinistra Italiana, 11 marzo 2016: «Quello che doveva fare l'Italia era proporre una figura politica di primo piano come rappresentante delle Nazioni Unite in Libia. Come Romano Prodi. Ma evidentemente il nome non convinceva. Forse potevano proporre Verdini»
 
Commentando la foto di Orfini e Renzi che giocano durante lo spoglio delle regionali di giugno, 29 novembre 2015: «Il controllo delle Playstation sembra un attacco ai vertici del partito del governo...»
 
Intervistato dal Fatto il 25 aprile 2015: «Io non odio Veltroni, ma gli imputo la colpa del leaderismo che ci ha portati dove stiamo. Non è un fatto criminale, ma io ho un'altra concezione. Lui una volta ha detto che non è mai stato comunista, io non potrei dirlo non solo perché non è vero ma perché lo sono stato e non me ne vergogno!»
 
Renzi a Che tempo che fa ha attaccato D’Alema: «Pensa che se vinciamo noi distruggiamo la sinistra, dimenticando che l’hanno distrutta loro, la sinistra. È la prima volta che D’Alema perde un congresso, lo voglio dire». L’indomani, il 17 novembre 2013, D’Alema ha risposto al sindaco di Firenze ad Agorà: «Renzi è ignorante e superficiale»; per vedere cosa può essere il Pd sotto la sua guida occorre aspettare la «prova del budino: lo si scopre mangiandolo. Non ho cambiato idea su di lui, penso non sia adatto a fare il segretario del Pd. Il vero cavallo di battaglia di Renzi, che di idee nuove ne ha proposte pochissime, è continuare ad attaccare me. Vorrei ricordargli che noi, le elezioni, le abbiamo vinte due volte nel corso di questi anni, e abbiamo portato la sinistra italiana per la prima volta nella sua storia al governo del paese».
 
Intervistato da Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, il 1 maggio 2013: «Durante l’elezione per il capo dello Stato, il presidente Berlusconi ha avuto la cortesia di chiamarmi al telefono per spiegarmi le ragioni per le quali non riteneva possibile la convergenza sul mio nome: “La maggior parte dei nostri elettori non capirebbe, perché la considerano uno dei nostri avversari più pericolosi”». «E lei che gli ha risposto?». «La ringrazio: se volesse fare un’intervista per spiegare questo concetto anche a qualche elettore di sinistra...».
 
Ospite di Ottoemezzo, su La7, il 24 settembre 2012: «Renzi appertiene alla nomenclatura fin da piccolo. Lui ha detto che vuole allearsi con il popolo, sono frasi non nuove… Se vince lui non c’è più il centrosinistra»; «Non chiederò deroghe, con Bersani candidato, il rinnovamento lo agevolerò e il segretario avrà il mio posto in lista a disposizione… Ma se vince Renzi sarà scontro, in quel caso ci sarà scontro politico»
 
In un dialogo con Diego Bianchi, “Zoro”, il 9 settembre 2011, alla festa dell’Unità di Ostia, Roma. Dice Bianchi, rivolto al pubblico: «Volevo far notare che D’Alema ha appena detto una cosa di sinistra. Ridilla un po’». D’Alema ripete: «Le tasse giuste sono quelle dove i più ricchi pagano più dei più poveri. Si chiama progressività del sistema fiscale. È un principio costituzionale oltre a essere di sinistra». Ancora Bianchi: «Si vabbé lascia fare..»
 
Ospite di Crozza Italia Live, 3 febbraio 2011: «La politica è peggiorata quando vi è entrata in massa la cosiddetta società civile. il parlamento oggi si compone di imprenditori, professionisti, avvocati, medici… la politica professionale dei grandi partiti che hanno ricostruito la democrazia era molto più efficace. La crisi dei partiti ha fatto venire meno una classe dirigente che veniva selezionata con severità».
 
Disturbato da Luca Telese allora cronista del Fatto Quotidiano, nel 2011: «Voi del Fatto siete tecnicamente fascisti»
 
Su Renzi, il 16 settembre 2010: «Basta che un giovanotto dica che vuole cacciarci a calci in culo, e subito gli vengono date le paginate»
 
Ancora su Renzi, rispondendo alla prima promessa di “rottamazione”, il 30 agosto 2010: «Se vogliono rottamarmi devono inseguirmi in giro per il mondo, perché, oltre al fatto che non ho cariche di partito, ho impegni internazionali»
 
 
Franceschini lo paragona al famoso scorpione che si fa traghettare da una rana, ma non può fare a meno di pungerla, uccidendo entrambi. La replica arriva dall’apertura della campagna per la segreteria di Bersani, il 6 settembre 2009 da Milano: «Io sono un ariete, non uno scorpione. Sono un ariete soprattutto di carattere e non solo come segno zodiacale. E per una rana è difficile portare un ariete sulle spalle. È una favola triste perché alla fine tutti e due vanno a fondo, bisogna invece lavorare tutti insieme e vincere nel Pd»
 
Il 31 luglio 2009 rilascia un’intervista a Panorama. Lo scambio è con Maurizio Belpietro.
«Nel 1997 candidò Antonio Di Pietro nel Mugello in quota Ds, creando il più pericoloso concorrente del Pd. Pentito?»
«Di Pietro è una personalità politica. Fu Berlusconi a proporgli di fare il ministro dell’Interno nel 1994. Poi Prodi nel 1996 lo nominò ministro dei Lavori pubblici. Io sono arrivato terzo. Di Pietro si dimise perché fu oggetto di indagini giudiziarie. Io, che sono un sincero garantista più di quanto lo sia lui, gli fui vicino e poi gli proposi di candidarsi alle elezioni».
«Con il senno di poi fu un errore o no associarlo al centrosinistra? Non mi dica che pensa che l’Idv sia di sinistra».
«È un’epoca di strani cambiamenti. Cos’era la Lega?»
«Lei disse che era una costola della sinistra».
«No, del movimento operaio, ed era un’analisi giustissima. Adesso che gli operai votano Lega lo dicono tutti, io l’ho detto 15 anni fa».  
 
Intervistato da Magazine, settimanale del Corriere, 4 giugno 2009: «I giornali italiani non sono tanto dannosi quanto irrilevanti. Il confronto con i giornali stranieri è umiliante. Quelli si occupano di cose serie mentre da noi si stampano solo cazzate. Provo ripugnanza per questo modo di fare giornalismo».
 
Intervistato da Massimo Giannini su Repubblica, 1 aprile 2006: «Io giro l'Italia e il tema drammatico che vedo emergere è la profonda sofferenza e la grande inquietudine della gente. Il Paese è pervaso da una passione triste. L'unico che si è dipinto un sorriso in faccia è il Cavaliere, ma lui com'è noto vive in un'altra dimensione che non ha niente a che vedere con la realtà».
 
È appena nato l’asinello dei Democratici, si comincia a ragionare su un partito unico del centrosinistra. A D’Alema allora l’idea non piace e al congresso dei Verdi, 13 marzo 1999, dice: «Ci mettiamo un po’ di ambientalismo. Poi siamo un po’ di sinistra come Blair, perché è sufficientemente lontano. Poi siamo anche un po’ eredi della tradizione del cattolicesimo democratico. Poi ci mettiamo un po’ di giustizialismo che va di moda e abbiamo fatto un nuovo partito. Lo chiamiamo in un modo che non dispiace a nessuno, perché Verdi è duro, Sinistra suona male, democratici siamo tutti. E chi può essere contro un prodotto così straordinariamente perfetto. Auguri!»
 
16 luglio 1998, insiste: «Sento dire che bisogna convocare gli Stati generali dell’Ulivo, bene io sono qui aspetto di essere convocato... Ma ho la sensazione che questo Ulivo ci sia soltanto nei giorni di festa. Quando il centrosinistra vince le elezioni, le ha vinte l’Ulivo, quando le perde le hanno perse i partiti. Quando c’è una grana l’Ulivo scompare e la grana se la deve mettere sulle spalle il segretario di questo partito troppo piccolo per governare l’Italia. Queste cose le dico con tutta tranquillità».
 
Sempre sul tema, al primo congresso dei Ds il 13 febbraio 1998: «Non sono ulivista. Preferisco essere ulivicoltore, far fruttificare la pianta».
 
All’ultimo congresso del Pds va in scena lo scontro tra il segretario D’Alema e il capo della Cgil Sergio Cofferati, 23 febbraio 1997: «Non chiedo certo al sindacato di legalizzare il lavoro nero, il lavoro precario, il sottosalario. sarebbe assurdo. Ma penso che dovremmopreferire esser lì con quei lavoratori e negoziare quel salario per migliorarlo anziché stare fuori da quelle fabbriche con in mano una copia del  contratto nazionale del lavoro».
 
Lo sfogo risale ai tempi della direzione dell’Unità, ma D’Alema l’ha confermata su La7 nel 2011: «Nessuno è obbligato a divertirsi quando viene preso in giro, anzi personalmente mi incazzo».
 
Nel 98, da presidente del Consiglio infastidito dalle continue mediazione a cui lo costringe la composita maggioranza avrebbe detto: «Sono sostenuto da un mezzo partito, cioè i Ds, e dodici virus»
 
«Io non conosco questa cosa, questa politica che viene fatta dai cittadini e non dalla politica. La politica è un ramo specialistico delle professioni intellettuali. E finora non si conoscono società democratiche che hanno potuto fare diversamente»
È il celebre discorso di Gargonza, il suo discorso meno ulivista, 9 marzo 1997
 
«Non esiste in Europa paese democraticamente maturo in cui il leader del partito non sia nello stesso tempo un capo del governo»
Al Il Fatto di Enzo Biagi, dicembre 1996
 
«Berlusconi ha il pregio di avere una carica umana e di essere simpatico e il difetto di non dire sempre la verità. Io invece mi ritengo sincero e spesso sono sgradevolmente sincero»
A Giovanni Minoli durante una puntata di Mixer, nel marzo 1996.
 
«Quei due flaccidi imbroglioni»
Definizione di Veltroni e Prodi, poi smentita da D’Alema
 
Riportata da La Stampa, il 12 maggio 1996, la frase risale alle consultazioni del Prodi I e l’avrebbe detta D’Alema a Veltroni: «Visto che al governo ci siete tu, Dini e Napolitano, sarà meglio che ci sia anche qualcuno di sinistra».
 
Contro i giornali, a Prima Comunicazione nel 1995: «Non esiste l'indipendenza dell'informazione: i giornali non sono un contropotere, ma un pezzo del potere. E come tali sono inattendibili». «Il loro compito è la destrutturazione qualunquista della democrazia politica». «Gli editori si contendono a suon di milioni i giornalisti più canaglia». «Perché comprare i giornali? È un segno di civiltà lasciarli in edicola»
 
Entra nella stanza di Achille Occhetto dopo la disfatta, il 27 marzo del 1994 della “gioiosa macchina da guerra” e gli fa: «Sei tecnicamente obsoleto». «Chi lo dice?» «Te lo dice un deputato di Gallipoli.»
 
Politiche 1994, Mario Segni alza sempre l’asticella per allearsi con il Pds. Lui sbotta: «Ci sono generali senza truppe che gentilmente acconsentono di essere votati da noi». Non se ne fece nulla.
 
«Lo dico e lo ripeto: Amato è un bugiardo e un poveraccio. È uno che deve far di tutto per restare lì dov'è, sulla poltrona. Ma che devo fare? Devo dire vaffanculo?»
«A chi, ad Amato?», chiedono i giornalisti.
«No, a voi». E se ne va.
Siamo alla fine del governo Amato, pronto governo dei tecnici. La Stampa, 11 marzo 1993.
 
«Capotavola è dove mi siedo io».
 
Leggendaria battuta dei tempi della Fgci.