Lascia per conflitto di interessi dopo le telefonate intercettate a favore del fidanzato. Renzi paga una sua scelta: portare un'imprenditrice nel ministero di via Veneto. Un assist per i sostenitori del referendum sulle Trivelle. La minoranza dem: «Ora un tagliando al governo»

«Caro Matteo», «Cara Federica». Finisce con uno scambio di lettere, persino affettuose, chiamandosi rigorosamente per nome, l'esperienza di Federica Guidi nel governo di Matteo Renzi. Lascia il ministero di via Veneto, Guidi, dopo la pubblicazioni di una intercettazione che svela come, nel corso della discussione della legge di stabilità, nel dicembre 2014, l'allora ministro abbia chiamato il compagno Gianluca Gemelli, interessato ai sub appalti, per rassicurarlo sul destino di un emendamento capace di sbloccare i cantieri dell'impianto di estrazione di Tempa Rossa nella Val d'Agri.

Cade così per un conflitto di interessi, Guidi, che pare sia stata invitata a mollare subito dallo stesso Renzi che l'aveva difesa e fortemente voluta, perfetta per il varo del governo del cambiamento: donna, giovane e imprenditrice, seppur perché erede dell'impresa di famiglia, la Ducati Energia. Forte della chiamata di Renzi, e delle stima di Forza Italia (Berlusconi più volte chiese a Guidi di candidarsi), all'epoca Guidi si concesse anche una battuta, replicando alle accuse delle opposizioni, che da subito avevano notato i conflitti di interessi dell'ex vicepresidente di Confindustria e annunciavano immediata mozione di sfiducia: «Sto battendo ogni record», si vantò, «il governo ha appena ottenuto la fiducia e contro di me sta già arrivando la prima mozione individuale».

Ora però il conflitto di interessi ha preso forma - ed è una forma a cui nessuno aveva pensato, il compagno - e pare che la telefonata con Renzi sia stata questa volta più breve, anche se comunque cordiale: «Devi lasciare». Renzi sa che per il governo vive già un momento difficile, tra Maria Elena Boschi e le banche, le continue liti nel Pd, e il passaggio delle amministrative, e non può permettersi un'altra grana.

Meglio dunque ringraziare e salutare: «Cara Federica ho molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Serio, deciso, competente. Rispetto la tua scelta personale sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido: procederò nei prossimi giorni a proporre il tuo successore al capo dello Stato».

Un breve interim e poi subito una nuova nomina, dunque, questa è l'idea di Renzi, ancora negli Stati Uniti. È già partito il totonomi, ovviamente, con in pole l’attuale viceministro, l’ex Cgil Teresa Bellanova, l’immancabile Vasco Errani, e il sottosegretario Claudio De Vincenti che però lascerebbe un buco enorme a palazzo Chigi, dove sbriga il più delle grane. La vicenda però avrà un costo politico, e il premier lo sa.

È un assist perfetto, quello di Guidi, tanto per cominciare, alla campagna del Sì al referendum del 17 aprile sulle trivelle, e non è un caso che, tanto i 5 stelle che la sinistra dicano che ora la migliore lezione da dare «al governo del petrolio e degli affari di famiglia» (M5S) sia vincere quel referendum. Poi c'è la ricaduta sulla lotta interna al partito, che avrà lunedì l'ennesimo episodio, una direzione dove si dovrebbe, tra le altre cose, discutere proprio della posizione del partito sul referendum, perché Renzi ha scelto l'astensione senza convocare nessun organo, scatenando mille polemiche. Ma con il caso Guidi, c'è già chi, come Gianni Cuperlo, suggerisce che «forse il governo ha bisogno di un tagliando». Forse questo è il primo vero incidente, perché è lo stesso modello di Renzi, il modello che vuole un imprenditore al ministero dello Sviluppo economico, a mostrare i suoi limiti.

Lo nota, tra gli altri, il presidente della Toscana Enrico Rossi: «Ritrovarmi come ministro dell'Industria un esponente nazionale di Confindustria», scrive su Facebook, «mi ha sempre fatto una certa impressione, perché fin dall'inizio c'era un oggettivo conflitto di interessi che poi è esploso». La scelta di Guidi non si poteva dunque difendere. È stato chiaro da subito anche ai fedelissimi, anche perché già sarà faticoso replicare agli attacchi che arrivano su Maria Elena Boschi citata nelle intercettazioni in quanto favorevole all’emendamento caro al compagno di Guidi. Boschi in quanto ministro ai rapporti con il Parlamento firma tutti gli emendamenti: sapeva che quello avrebbe favorito Gianluca Gemelli? È una domanda a cui si può rispondere solo con valutazioni politiche, al momento.E se il Movimento 5 stelle suona la carica (seguito da Giuseppe Civati secondo cui «bisogna fare luce sul coinvolgimento del governo e del ministro Boschi»), quella dei renziani è: certo che no. «No, Boschi non c’entra», dicono nel giro di palazzo Chigi mentre in Parlamento si ricostruisce però la storia dell’emendamento.

È il dem Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente, a ricordare come nel novembre 2014 «Guidi ci aveva già provato nello “sblocca Italia” alla Camera», ma lo stesso emendamento «fu stoppato dal sottoscritto».

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso