Maria Elena Boschi due ore dai pm, per l'emendamento che Matteo Renzi difende
L'intreccio tra l'aspetto politico e quello giudiziario non potrebbe essere più plastico, in ore nelle quali se l'inchiesta si ferma sull'uscio del governo (nessuno è indagato), sulla graticola c'è proprio il modo di procedere di questo “esecutivo del fare”, criticato da tutte le opposizioni, interne ed esterne al Pd
di Susanna Turco
4 aprile 2016
Lei a Palazzo Chigi con i magistrati, lui al Nazareno alla direzione Pd. Poche centinaia di metri di distanza. L'intreccio tra l'aspetto politico e quello giudiziario del caso Tempa Rossa non potrebbe essere più plastico. Nei prossimi giorni sarà sentita anche Federica Guidi. Domani i Cinque stelle depositano la mozione di sfiducia: "ombre" sulla Boschi, "condotta gravemente omissiva" quella di Renzi.
Maria Elena Boschi ascoltata, come persona informata sui fatti, dai magistrati che indagano sul petrolio in Basilicata, proprio mentre alla direzione Pd Matteo Renzi difende l'operato del governo nell'aver sbloccato il progetto Tempa Rossa. Lei negli uffici di Palazzo Chigi a Santa Maria in Via, lui a piazza del Nazareno, sede del Pd.
Poche centinaia di metri di distanza, stesse ore. L'intreccio tra l'aspetto politico e quello giudiziario non potrebbe essere più plastico, in ore nelle quali se l'inchiesta si ferma sull'uscio del governo (nessuno è indagato), sulla graticola c'è proprio il modo di procedere di questo “esecutivo del fare”, criticato da tutte le opposizioni, interne ed esterne al Pd.
“Ascoltarla era un atto necessario”, spiega il procuratore procuratore della Repubblica di Potenza, Luigi Gay, al termine delle due ore di audizione. Al centro dell'incontro, al quale erano presenti anche i pm titolari dell'inchiesta, l'emendamento che con la legge di stabilità del 2014 sbloccava gli interventi legati alle estrazioni del petrolio in Val d'Agri.
Quello stesso atto che il premier torna a rivendicare anche di fronte alla direzione Pd, dopo averlo fatto per l'intero weekend: “Tempa Rossa è un'opera che è stata decisa nel 1989. Se per 27 anni non si è fatta, lo scandalo non è l'emendamento”, dice, inanellando per slide tutto ciò che il suo governo ha sbloccato (mentre, ha sottolineato, “a Potenza si indaga sul petrolio con cadenza da Olimpiadi, ma non si arriva mai a sentenza”).
Ma per i titolari di questa indagine il punto non è la slide: ai pm interessa di tutta evidenza capire se vi sia stata o meno qualche indebita pressione sull'emendamento che dava il via libera a Tempa Rossa. Nei prossimi giorni, sempre come persona informata sui fatti, sarà sentita la stessa ministra dimissionaria dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, che annunciò l'arrivo in porto di quell'emendamento al suo compagno, per telefono. Mentre si svolgeranno in queste ore i primi interrogatori di garanzie per l'ex sindaca di Corleto Perticara, e i cinque dipendenti dell'Eni, tutti agli arresti domiciliari.
E se l'amministratore delegato Eni Claudio Descalzi si dice “tranquillo”, in Parlamento i Cinque stelle, in prima linea negli attacchi contro Renzi, stanno ultimando la mozione di sfiducia alla Boschi da presentare domani in Senato. I fatti che emergono, si legge nella bozza in preparazione, “gettano un'ombra” sulla “funzione istituzionale” della ministra, e “anche il solo sospetto che, attraverso la sua funzione di governo, il ministro Boschi abbia potuto influenzare l'andamento delle attività di Governo nella vicenda in questione, non ne consente la permanenza nel prosieguo dell'incarico”.
Parole ancora più dure sul premier: su di lui “grava una condotta gravemente omissiva” quanto ad “assenza di tempestivi provvedimenti governativi” volti “a mettere in sicurezza il sistema Paese”, mentre “la commistione di interessi pubblici e privati sembra prosperare proprio negli ambiti che dovrebbero prevenirla”. Dicono i Cinque Stelle che Trivellopoli è appena cominciata. Si vedrà.