Il segretario di Sc dopo la rivelazione dell’Espresso sull’intenzione di formare un gruppo con Ala: "Nessuna fusione a freddo, vogliamo ridare voce a moderati e liberaldemocratici". E sui ribelli che vogliono opporsi all’operazione: "La linea la decide il partito"

«Con Verdini non c'è nessun progetto. Noi vogliamo ricostruire l'area moderata e non avrebbe senso dire che possono aderire tutti fuorché lui. In ogni caso non ci sarà nessuna fusione a freddo dei gruppi». Il segretario di Scelta civica Enrico Zanetti commenta la rivelazione dell’Espresso sull’intenzione di costituire alla Camera un rassemblement con i deputati di Ala, che entrerebbero così definitivamente in maggioranza. Una lettura limitativa, secondo il viceministro all’Economia: «Noi vogliamo ricostruire dal basso e fuori dal Parlamento un’area politica senza voce».

Dunque nessun gruppo unico con Verdini a Montecitorio?
«È arrivato il momento di un rimescolamento dei gruppi non in funzione di ciò che stato, ma di dove si vuole andare. Non stiamo parlando di un allargamento ma di costruire una piattaforma parlamentare che accompagni la fase costituente del Cantiere dei moderati, riformisti e liberaldemocratici. Vogliamo essere inclusivi e non avrebbe senso dire che possono aderire tutti fuorché Verdini. In ogni caso non ci sarà nessuna fusione a freddo dei gruppi di Ala e Scelta civica, solo adesioni individuali».

Quali saranno le tappe?
Lanceremo una convention la seconda metà di luglio e speriamo di avere ospite Guy Verhofstadt, il capogruppo dei liberaldemocratici al Parlamento europeo, al quale lunedì abbiamo presentato il progetto a Bruxelles. Intanto partiamo dai territori: siamo presenti alle elezioni in 62 comuni maggiori con la rete “Cittadini per l’Italia”, comprese città come Bologna, Napoli, Trieste e Cagliari. È un nome che richiama il movimento spagnolo Ciudadanos e altri che, con questo termine, hanno fatto leva sulla società civile.

Avete già un manifesto?
«Sarà il decalogo presentato lo scorso 19 marzo a Roma quando lanciammo il Cantiere. Compreso il punto che prevede che chi è condannato, anche in assenza di sentenze definitive, non può essere candidato a ruoli istituzionali».

Quindi Verdini sarebbe tagliato fuori in partenza…
«Basta parlare solo di Verdini, la stampa rincorre solo i numeri in Parlamento. Qui stiamo parlando di un progetto politico».

Non crede che a inficiare l’attenzione sui contenuti sia però proprio quel nome?
«Assolutamente sì, il nome di Verdini è scomodo ma non per questo mi fascio la testa prima di iniziare. Vedremo quando arriverà il momento. Ad esempio il senatore D’Anna su Saviano ha fatto affermazioni inqualificabili che denotano una sensibilità e un modo di fare politica che non ha nulla a che vedere col nostro. Ma credo che D’Anna sarà il primo a non essere interessato al nostro progetto».

Non teme che verrà comunque vista come la solita operazione di Palazzo?
«Ho molta paura che possa essere presentata dalla stampa come una somma di nomi e sigle invece che di contenuti, ma non posso farci nulla. L’alternativa sarebbe stare fermi. Se l’unica cosa cui si guarda è se aderisce Verdini o no, non è colpa mia».

Resta il fatto che, anche per quel nome, dentro Scelta civica diversi deputati sono contrari…
«Probabilmente non ci sarà una convergenza al 100 per cento. Ho il massimo rispetto per chi non vorrà aderire a questo progetto ma è il partito che decide la linea e alcuni deputati non sono nemmeno iscritti. Questa è una operazione politica che verrà proposta al gruppo, se poi alcuni parlamentari si vogliono chiamare fuori, sono loro… L'obiettivo resta: vogliamo riempire uno spazio che nel nostro Paese è scoperto o è stato inteso in senso conservatore».

Dunque sarete stabilmente nel centrosinistra?
«Saremo autonomi rispetto ai due poli classici ma non equidistanti: il rifiuto dell’alleanza con la destra lepenista per noi deve essere un presupposto».

Si riferisce ad Alfano e al Nuovo centrodestra?
«Per noi le geometrie variabili sono inaccettabili. A Milano ad esempio hanno fatto scelte puramente tattiche alleandosi con la Lega».

A Roma avete dato indicazione di votare Guglielmo Vaccaro, un fuoriuscito Pd schierato con Marchini, lasciando libertà di scelta sul candidato sindaco. Non è una contraddizione?
«Nella capitale abbiamo avuto un problema nella costruzione delle liste e abbiamo scelto di puntare su un deputato con cui stiamo lavorando al Cantiere. Ma non ci trasferiamo armi e bagagli da Marchini».

Siete entrati in Parlamento in oltre 60, oggi siete ridotti a una ventina: pensa sia possibile risalire la china?
«Scelta civica ha dimostrato di non essere all’altezza per la sua origine verticistica e una conduzione molto deficitaria: Monti era un federatore e ha cooptato i capilista senza una vera progettualità. Proprio per questo noi vogliamo fare il contrario: liste sui territori, poi una fase costituente».

Molti dei vostri sono andati nel Pd, sostenendo che è il premier il vero continuatore delle politiche di Monti. Cosa risponde?
«La loro è stata una scelta di comodità: sono solo passati dalla leadership di Monti a quella di Renzi. I montiani più ortodossi sono quelli seduti oggi nel Partito democratico, nel cerchio magico. C’è chi, perso un capo, ne cerca subito un altro».

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