Nel Pd sono invece contenti del rinvio: «Scelta saggia», dice Renzi da New York che può così, incurante dell’attivismo delle opposizioni, usare l’Italicum per stanare la minoranza dem e mostrarsi dialogante: «Abbiamo detto che siam pronti a cambiare», dice, «aspettiamo la posizione di Berlusconi e Salvini e poi faremo le modifiche necessarie».
Vista la scelta della Corte, che le opposizioni cerchino di stabilire in altro modo i limiti, anche costituzionali, dell’Italicum, è sensato, e si può comprendere che cerchino di alzare il più possibile lo scontro in aula, ora che una mozione di Sinistra Italiana ha riaperto una finestra di discussione. La mozione verrà bocciata, ma non importa.
Sinistra Italiana ha organizzato questa mossa da mesi, centellinando le proprie caselle nel calendario della Camera: quella di luglio è stata ad esempio usata per far arrivare in plenaria la legge sulla legalizzazione della cannabis, e quella di settembre era perfetta per l’Italicum.
Quando è stata decisa la strategia si credeva ancora che il referendum sarebbe stato a ottobre, e il dibattito parlamentare avrebbe garantito utili tribune, anche televisive. Ora la situazione è un po’ cambiata ma l’occasione è comunque buona. Il premier però non è affatto infastidito e, accordandosi con Alfano, presenterà anzi una sua mozione.
Un testo che apra a possibili modifiche parlamentari, senza dare però dettagli né sui tempi ne sui modi, gli serve per spingere la minoranza bersaniana a sciogliere il Nì finora detto sul referendum costituzionale. È pronto anche a convocare una direzione del partito per i primi giorni di ottobre, Renzi, che fa sventolare sotto il naso di Roberto Speranza e colleghi un premio di coalizione, modifica minima all’Italicum. Per ora, però, ovviamente non basta. La minoranza, così come - nonostante la fiducia posta del governo - non aveva votato l’Italicum non voterà la mozione del governo, e anzi al Senato verrà depositata una nuova legge elettorale sul modello del Mattarellum. Insomma: quella di oggi alla Camera è una giornata faticosa, dove ognuno ha il suo atto da presentare, la sua mossa da fare.
Non si può dunque negare un foglio anche ai parlamentari del Movimento 5 stelle che, pur di non votare quella di Sinistra italiana, hanno presentato una loro mozione. Non è certo la prima volta che il Movimento si dice proporzionalista, ma le poche righe del testo bastano a conquistare le prime pagine dei giornali, certificando la distanza da Matteo Renzi. Ed è quello l’obiettivo. Sulla legge elettorale, la linea dei 5 stelle, ricordano dagli staff parlamentari, è frutto di una serie di votazioni degli attivisti che hanno seguito sul blog di Grillo le lezioni del professor Aldo Giannuli sui diversi sistemi elettorali e poi si sono espressi sui singoli aspetti della legge ideale. Che è appunto proporzionale, con un’alta soglia di sbarramento “naturale”, e con le preferenze. «Come la Dc nella prima repubblica», è l’accusa ripetuta in massa dai renziani.A questo punto tutti quelli che non hanno votato l'#Italicum dovrebbero avere una medaglia. Ma non era la legge più bella del mondo ?
— Davide Zoggia (@DZoggia) 20 settembre 2016
Ma la proposta dei 5 stelle - il “democratellum”, l’hanno battezzato - ha in realtà aspetti innovativi come la preferenza negativa, con il cittadino che può sfavorire un candidato di una certa lista, e ha poi collegi piccoli che lo fanno assomigliare al modello spagnolo. Vero è, invece, che prima dell’estate il Movimento 5 stelle diceva che una nuova legge elettorale non era una priorità. Ed ha poi ragione il senatore dem Giorgio Tonini quando dice che «se sono favorevoli al proporzionale», i 5 stelle allora «devono accettare le alleanze in Parlamento per dar vita al governo».La legge elettorale proposta dai grillini è il proporzionale con preferenze.
— Francesco Nicodemo (@fnicodemo) 20 settembre 2016
La prima Repubblica non si scorda mai (cit.)
La contraddizione c’è. Ma i 5 stelle ti rispondono che loro puntano al 50 per cento dei consensi e che per via delle correzioni della loro proposta, anche con il 40 per cento dei voti reali dovrebbe scattare la maggioranza dei seggi. E quanto al cambio d’opinione, non sono certo loro che dicevano «l’Italicum è la legge più bella del mondo. Mezza Europa ce la copierà». Quello era Matteo Renzi, il 23 marzo 2015. Quando si preparava a porre la fiducia sulla legge elettorale. «Sulle modifiche alla legge elettorale e sulla discussione decide il parlamento», dice invece oggi Renzi da New York. E tutto giustifica il referendum. Anche una pantomima parlamentare che non serve a molto se non alle manovre politiche. Perché alla fine sembra aver ragione Brunetta: nessuno toccherà realmente la legge elettorale prima del referendum. «Di legge elettorale si parlerà dopo il referendum», dice il forzista, che poi spera: «e siccome vinceranno i no, non sarà Renzi a dare le carte».