Il suo partito, in Parlamento, si è messo si traverso. Ma Luca Zaia, ex ministro del Carroccio e governatore del Veneto, non esita a schierarsi - in controtendenza - a favore della legge sul fine vita che è in discussione alla Camera. E si dice contento che la commissione Affari sociali abbia concluso l'esame degli emendamenti al ddl Lenzi, scongiurando di fatto ulteriori ritardi rispetto all'approdo in Aula a partire dal 27 febbraio.
Zaia, da dove nasce il suo convincimento?
«Quando ci fu il caso di Eluana Englaro ero ministro, nel governo Berlusconi: mi trovai anche io dentro quei giorni e quelle ore spasmodiche che precedettero la sua morte. Ho vissuto, dal punto di vista etico, quella vicenda. Ed è inevitabile, quando una storia del genere ti tocca da vicino, porsi il problema: al posto suo, cosa vorrei mi facessero? Dopo che te lo sei chiesto, non si torna indietro».
Vale a dire?
«Non esiste la possibilità di prendere una decisione a posteriori, bisogna far sì che le scelte di ciascuno, fatte prima, per tempo, abbiano un adeguato supporto giuridico. Insomma al testamento biologico, con il massimo rispetto per le posizioni di tutti, sono assolutamente favorevole. Anche da cattolico».
Per la verità finora alla Camera è proprio l'ala cattolica quella più contraria alla legge ora in discussione. Dicono che rischia di introdurre una forma di eutanasia.
«Guardi io sono cattolico, tutta la nostra comunità ha radici profonde nel cristianesimo. Ma in questi casi il filo tra vita e morte è sottilissimo: se non ci fosse la medicina che c'è oggi, non ci sarebbe neanche il problema del testamento biologico. Voglio dire che grazie ai progressi della scienza riusciamo a tenere in vita persone che in altri tempi sarebbero morte da anni. E allora meno male che per una volta il Parlamento, che certo non brilla per tempismo ed efficienza, sta lavorando a una legge di civiltà».
Ci sono ancora molti passaggi da fare, c'è chi teme che la legge anche questa volta si fermerà.
«Però guardi non è mica una questione tanto opinabile. È ora, è un segno dei tempi, bisogna stare al passo con la realtà: quindi dico si proceda, si faccia una bella cosa. Noi in Veneto siamo pronti anche a mettere a disposizione un percorso di assistenza, anche psicologica a chi voglia decidere del proprio futuro. Poi non so, in Parlamento, la Lega...”.
Finora in commissione il suo collega Pagano ha fatto il diavolo a quattro.
«Beh ma io voglio sperare che su questo voto non si dia poi indicazione di partito! Sono temi delicati: direi che le casacche dovranno andare fuori dall'Aula e che dovrà entrare, piuttosto, la libertà di coscienza. Perché poi, va bene citare Rousseau, ma su un tema così quale "popolo" vuoi rappresentare? Puoi portare la tua esperienza e il tuo convincimento. Stop».
Per il momento si contrappongono due fronti: Pd, M5S e Sel da una parte, centristi e centrodestra dall'altra.
«Con il massimo rispetto per tutti: io, da cittadino, da potenziale malato, vorrei poter decidere alcune cose; non vorrei diventare vittima delle indicazioni di partito. Anche perché le sentenze mi sembrano abbastanza avanti no?».
Anche senza legge, di fatto, rivolgendosi al giudice...
«Ecco, ma insomma: solo nel nostro Paese, il regno delle complicazioni degli affari semplici, andiamo da un magistrato per ottenere di staccare i macchinari. Incredibile. Del resto, siamo anche il paese nel quale se ti bocciano il figlio ricorri al Tar».
Una legge sul biotestamento le va bene anche a prescindere dai dettagli?
«Ci saranno delle volontà espresse, ci sarà un comitato bioetico che valuta. Cosa altro serve? Cerchiamo di dare un bel segnale e mandiamo avanti la legge. Anche perché, se diventasse materia di referendum, penso che avrebbe un consenso plebiscitario. Le persone che incontro, cattolici e non cattolici, sono tutti a favore. E non penso che uno sia meno di destra se dice di sì, o meno di sinistra se dice di no».