Pizzarotti e la sua lista di fuoriusciti del M5S. I democratici divisi. Il centrodestra in mezzo al guado e i grillini ridotti a poca cosa. Nella città emiliana le prossime comunali sono un vero terno al lotto

Due, uno, vai... «Buongiorno, sono Paola Francesca Ranieri, ho 26 anni, sto preparando il concorso in Magistratura, ho frequentato il tavolo su sport e politiche giovanili, sono diventata attivista perché in questo gruppo sento di potermi fidare delle persone...».

Parlano un paio di minuti a testa, per dire davanti a una telecamera chi sono, cosa vogliono e perché in una soleggiata domenica da camporella stanno invece in questa palazzina in periferia ovest, tra lo Scampolaio e la pizzeria La Dolce Vita, a dar corpo, forma e volti a Effetto Parma, il movimento di Federico Pizzarotti nato cinque mesi fa dopo l’uscita dai Cinque Stelle.

«Mi chiamo Alessandro Tassi Carboni, è la mia prima avventura in un partito, anche se alla politica mi sono avvicinato a 16 anni con la stessa passione con cui cominciavo a correre dietro alle ragazze, e ancora per qualche mese sono presidente dell’Ordine degli architetti...». Una ventina di persone, in attesa di parlare, li ascoltano, altre trenta discutono o scrivono nella stanza a lato e sul terrazzo. «Sono Cristian Salzano, 38 anni, magazziniere, mai una tessera neanche Esselunga, al quartiere Vigatto sono coordinatore del Consiglio dei cittadini volontari...».

Candidati a confronto
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A lato, file di contenitori di cibi, perché questo che ospita il quartier generale di Effetto Parma è lo studio di Marco Maria Freddi, 55 anni, designer di ingredienti vegetali per l’industria alimentare. «Sono Marco Bosi, trent’anni, consulente finanziario, capogruppo uscente, mi sono avvicinato deluso da una sinistra che forse sinistra non era più, ho trovato qui un gruppo sano...». Alle pareti campeggiano i manifesti delle campagne radicali, dalla pena di morte alla chiusura del carcere, perché Freddi è dirigente dell’associazione Luca Coscioni, e a questo tavolo sedeva Marco Pannella quando nel 2012 gli disse che era lui, il Pizzarotti, il ragazzo da appoggiare. Puntava giusto: contro la Curia, il ragazzo ha varato il registro delle unioni civili e aderito alla battaglia per la legalizzazione delle droghe leggere.

Se lo chiami “casting” storcono il naso: «Piccoli video di presentazione, più che altro per conoscerci», corregge Cinzia Piastri, l’iperattiva moglie di Pizzarotti, pilastro organizzativo della campagna elettorale. Ma stanno scegliendo i candidati, qualcuno già è certo, altri è da vedere: il primo turno dovrebbe svolgersi l’11 giugno. Con il loro simbolo, due nodi dei colori giallo e azzurro di Parma, tentano di prendere il Comune senza più Beppe Grillo né l’onda del voto di rabbia e protesta. Li accomuna un clima e una leggera ebbrezza da stato nascente, toni pacati, mai esacerbati, niente filippiche. Ma hanno estrazioni varie e storie anche lontane tra loro. Nabila Mhaidra è arrivata ragazzina dal Marocco 16 anni fa, è mediatrice culturale al Centro antiviolenza, porta il velo e sarà candidata. Emmadesirée Ciaburri Galasso è una cattolica di centrodestra, dagli scout al Rotary poi presidente nazionale del Jci, network giovanile delle Nazioni Unite. Roberto Schiaretti, analista informatico, è il tipo orto, frutteto, gruppo di acquisto solidale, meet-up e Vaffa-day, antropologicamente il più grillino di tutti. Persino più dell’Alex Mallozzi che 12 anni fa fondò il primo meet-up parmigiano e il Comitato contro l’inceneritore, e ora dice «Grillo è pericoloso».

Non è una passeggiata, rivincere. Vero, a gennaio la Governance poll Ipr Marketing ha dato Pizzarotti terzo sindaco più apprezzato d’Italia. Ma a pesare gli umori di una città cozzi con logiche non sempre lineari. Così il tabaccaio che Pizzarotti lo votò non dice abbia mal governato ma lui il traditore mai più; lo voterà la pizzaiola, ora che s’è tolto le grillerie dalla testa; no dall’edicolante, ma le ha viste le strade, sa quante volte mi si spaccano i raggi della bicicletta?; sì dal fautore della raccolta differenziata arrivata al 70 per cento, no da chi il porta a porta costringe a scendere sei volte a settimana col sacchetto giusto, ché ci sono giorni e orari per l’umido, la carta, la plastica, vite da cronometrare sui rifiuti da buttare, se no scaracollare fino alle ecostation ricordandosi i 70 centesimi per l’indifferenziata e la tessera sanitaria per aprire il cassonetto.
Paolo Scarpa, candidato del centrosinistra

Una bella mano a Pizzarotti la danno i suoi competitor. Il centrosinistra (a Parma s’aggira sul 50 per cento ma alle comunali perde da vent’anni) pareva avere le carte giuste: ai primi di marzo tiene le primarie, le vince Paolo Scarpa, ingegnere, Margherita, un anno nel Pd poi via dalla pazza folla, presidente dell’Associazione Il Borgo: dove s’inventa Centro studi e scuola di formazione politica e produce ricerche sulla città e la sua economia, finanziate dalle Fondazioni CariParma e MonteParma e da «industriali che ci credono» come Luca Barilla e Giampaolo Dallara.

Ai melomani piacerà che suoni il pianoforte, gli avversari non ne parlano che bene, peccato somigli come una goccia d’acqua a Bersani. Ma il dna della sinistra non mente, e a fine marzo si consuma la feroce spaccatura tra il capogruppo Pd Nicola Dall’Olio e lo sconfitto alle primarie Dario Costi, candidato dell’apparato. Volano stracci. Costi stende un pezzo di programma «quale contributo al vincitore», Dall’Olio sbotta che il programma lo stende Scarpa, non il perdente, è roba da probiviri, Costi replica o lui o me, Scarpa li sbacchetta entrambi sulle dita.

Nella città del melodramma, lungo è il catalogo degli autocandidati a unire il centrodestra: v’han fra questi gran dottori, architetti, giornalisti, v’han rugbysti, ragionieri, ufficiali esattoriali, purché porti qualche voto, voi sapete quel che fa. «Generali senza esercito, che si fanno avanti sperando nel colpaccio», per Paolo Buzzi, vicesindaco fino al 2011, e «no, noi Forza Italia un candidato non l’abbiamo, magari s’accorderanno a Roma».

Incenerita nel giro di mezz’ora, da Forza Italia e Fratelli d’Italia, la candidatura della leghista Laura Cavandoli.
A completare il quadro di uno sbrindellamento senza precedenti provvedono i Cinque Stelle. A Parma i puri e duri sono quattro gatti, tre gruppi, due aspiranti candidati che hanno richiesto simbolo e imprimatur, uno che vorrebbe ma non ha le firme. Pare “Dieci piccoli indiani”, titolo italiano “E poi non rimase nessuno”: rischio serio, giacché in un guazzabuglio del genere Grillo potrebbe benissimo decidere di non concedere il simbolo a nessuno dei pretendenti. Sarebbe per lui uno smacco indigeribile se una lista “nel nome del padre” prendesse anche un solo voto in meno di quella del figlio reprobo Pizzarotti.

Su che cosa si giocherà lo scranno di sindaco? Scarpa attacca sul welfare: «L’amministrazione ha tagliato servizi fondamentali a disabili e anziani». Sul degrado: «Parchi come la Cittadella o il giardino Ducale sono abbandonati a se stessi». Sulla sicurezza: «In aree come il San Leonardo si spaccia giorno e notte, la polizia municipale deve tornare nelle strade, vigile e presìdi sociali di quartiere».

Pizzarotti annuncia «un reddito garantito a qualche migliaio di famiglie, razionalizzando gli attuali contributi; lo spostamento della Polizia municipale in centro a ridosso del San Leonardo; la defiscalizzazione di Imu e tributi alle aziende che s’insedieranno». E un milione di presenze turistiche l’anno, ora 700 mila grazie a mostre, eventi, festival, anniversari da Maria Luigia a Toscanini, Distretto del cinema documentario e Centro di produzione musicale appena inaugurati.

Il terzo incomodo è il Pd nazionale. Nota accigliato Nicola Dall’Olio, il capogruppo: «Investono per tatticismo su Pizzarotti. C’è un curioso parallelismo fra i momenti critici di revisione di governance e statuto di Iren, la multiutility Torino-Genova-Reggio Emilia-Parma-Piacenza, dove Parma conta sempre meno, e la folgorante carriera di Pizzarotti nell’Anci, presidenti il reggiano Del Rio e poi il torinese Fassino...».

Sì, piace a troppi, il ragazzo. Inclusi gli ex-grillini. A ruota di Effetto Parma sono nati Effetto Genova, Spezia, a giorni Milano e Comacchio, arrivano richieste da mezza Italia, lui risponde: «Grazie, ecco la nostra Carta dei valori, ma al momento pensiamo a vincere a Parma». Tutti lo cercano, tutti lo vogliono, bravo bravissimo, fortunatissimo, largo al factotum della città!