La Lega ha perso il suo ruolo centrale. E il risultato è ?del tutto imprevedibile. ?Con sei possibili ballottaggi
di Roberto Di Caro
6 giugno 2017
E poi dicono il “profondo Veneto”. «Barra il simbolo e scrivi Sesso o Sex», recita il santino dove occhieggia alla so-io-che-ti-farei Nicolò Sesso, alla guida del Suv (nel senso dell’associazione Studenti universitari veronesi), citazione sulla pagina Facebook «la vita è un biscotto, ma se piove si scioglie», candidato nella lista “Battiti” per Sboarina sindaco. Organizza eventi culturali e ludici, racconta Sex al suo aperitivo elettorale al bar panoramico sopra le Torricelle da dove domini l’intera città. Zona dei borgotrentini, la ricca borghesia veronese, quest’area nord è un lussuoso bacino di voti per il candidato del centrodestra Federico Sboarina: li osservi mentre l’aspirante primo cittadino saluta i giovani convenuti, tutti in fila lui compreso in camicia bianca e scarpe da ginnastica firmate e le ragazze come s’addice a un party, e capisci che non c’è bisogno di tante ciance, s’intendono al volo, la consonanza è istintiva, immediata, per stile di vita e cerchia di interessi.
Ma il centrodestra, che a Verona nel 2007 e 2012 plebiscitò Flavio Tosi con il 60 e il 57 per cento al primo turno, è assai più dei borgotrentini. Cacciato Tosi dalla Lega e candidata a sindaco la sua fidanzata Patrizia Bisinella senatrice ex-Lega ora di “Fare!” dei fuoriusciti di quando Salvini li cacciò, l’interclassista elettorato di centrodestra si spartirà secondo logiche difficili da prevedere. Spalancando spazi ad altri due candidati: Orietta Salemi per il centrosinistra e Alessandro Gennari per il Movimento 5 Stelle. Al punto che, dei capoluoghi al voto l’11 giugno, Verona è la più imprevedibile. Questione di variabili plurime: quattro papabili a passare il primo turno significa sei diverse possibili sfide al ballottaggio del 25, e lì A vincerebbe magari a man bassa su B ma perderebbe quasi sicuramente contro C, D è il cavallo pazzo e così via. Un terno al lotto, questa elezione. Su che cosa se la giocano?
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Una poltrona per quattro. Sulle persone, e va bene. Sull’eredità della giunta Tosi, essendo Bisinella orgogliosamente in continuità e gli altri contro, incluso Sboarina che, eletto con An nel 2007, della prima giunta Tosi fu per cinque anni assessore a Sport, Tempo libero, Ambiente poi anche Edilizia pubblica e ne condivise le scelte. Sull’Arena e la Fondazione che la gestisce, buco nero d’immagine e di bilancio (debito salito a 24,5 milioni, con 25 milioni d’incasso annuo e 51 di costi), un anno fa prossima alla liquidazione, commissariata dal ministero, sciolto il corpo di ballo, il futuro malcerto. Infine, su altri interventi pesanti per il tessuto della città: il destino dell’Arsenale asburgico oggi in abbandono, che una gara in corso trasformerebbe in spazio ampiamente commerciale, il progetto di copertura dell’Arena con una tensostruttura che Tosi definisce «retraibile tranne l’anello esterno», un tunnel sotto le Torricelle. Carne al fuoco quanta ne basta. E guerra senza esclusione di colpi: gira da una pagina Facebook all’altra la foto recente di Patrizia Bisinella al bar con Vito Giacino, ex vicesindaco di Tosi fino a novembre 2103, nel 2016 condannato in appello per corruzione a 3 anni e 4 mesi.
La straniera. Bisinella sta sotto tiro incrociato. Cresciuta a Castelfranco Veneto dov’era capogruppo della Lega, sta a Verona solo da tre anni, così ai dibattiti le chiedono a bruciapelo: «Lei sa dov’è Corte Farina?», piazzetta centrale sì ma dove nessuno passa, e fortuna che dev’essersi studiata lo stradario. È la fidanzata di Tosi: dunque «passo sempre per la raccomandata. Ma io ero già senatrice quando ho conosciuto Flavio, galeotta la campagna elettorale per le europee che io ho fatto per lui! E prima ancora sono stata per dieci anni funzionaria legislativa in Parlamento con i ministri Bossi e Calderoli».
Gli assessori del fidanzato, che il territorio se lo sono curato e coccolato negli anni, la accompagnano ai mercati come agli orti in zona nord-ovest, 82 piccoli appezzamenti dati dal Comune con canone simbolico a pensionati che se li coltivano, pranzo sotto il capanno con bigoli alla puttanesca e insalata appena colta: dove piacciono i modi garbati della signora, il sorriso amabile, il lieve impaccio di quando si macchia di sugo la camicetta e ha un dibattito in tv mezz’ora dopo: continuità e familiarità. Ma ricadono su di lei tutte le magagne e polemiche di dieci anni di gestione Tosi, Arena, Arsenale, supermercati et cetera.
Da ultimo, la continuità la può favorire o danneggiare ma non basta: eccola allora presentare proposte tutte sue, le Olimpiadi del Garda per il 2028 o, con cartina e carta arrotolata a bacchetta, un parco sul circuito delle Mura, telecamere di sorveglianza a ogni passo e lampioni a gogò, sul tema della sicurezza mica ci puoi scherzare, con gli elettori. Orfana di partiti nazionali, Bisinella può però contare su quella parte di Forza Italia legata ai fratelli Giorgetti, Alberto alla Camera e Massimo vicepresidente in Regione Veneto, che candidano loro uomini nelle sue liste nonostante Forza Italia stia con il simbolo nella compagine di Sboarina. Ma ormai simili sfilacciamenti non fanno notizia, più piedi ci sono e più staffe si trovano.
Lo sportivo. Avvocato civilista, il Federico Sboarina. Ma, in primis, uno sportivo. L’Hellas Verona, appena tornato in serie A, lo segue in curva sud e in trasferta, anche sospendendo la campagna elettorale. È una metafora sportiva dopo l’altra. Lo ascolti al borgo popolare di San Pancrazio, a tavola lepre e polenta, mentre parla al capanno del candidato Perbellini grande agricoltore (Verona è piena di capanni, e più di metà del suo territorio è tuttora agricolo): «Ai tempi supplementari», e intende il ballottaggio. Alla domanda su cosa farà i primi cento giorni risponde: «Niente. Verona è una Ferrari, io l’ho guidata, ma devo vedere come me l’hanno lasciata, revisionarla, dopodiché si partirà». Gli chiedi dei disastri dell’Arena: «Se al Santiago Bernabeu fai giocare Real Madrid e Barcellona tu ogni sera hai il tutto esaurito; se ci metti Cadore e Catena Beach, le mie ultime squadre di amatori, non ci va nessuno. Se vuoi fare il record, devi alzare l’asticella della qualità».
Magari era più semplice dire, come poi riassume, che «alla Fondazione Arena non basta aver tagliato una testa», quella del Sovrintendente Francesco Girondini nominato da Tosi nel 2008, poi anche amministratore unico di Arena extra che affitta l’anfiteatro a Zucchero, Ligabue, Morandi, Fedez, e del museo dell’Opera, «devono caderne altre, di teste, sostituite da figure di caratura internazionale». Quanto al resto, sulla copertura dell’Arena, «mi devono prima uccidere», l’Arsenale è «un progetto troppo sbilanciato sul privato», l’ultimo controverso centro commerciale «ingorga il traffico, strozza la Fiera, soffoca i residenti». Replica Tosi che Sboarina in giunta approvò sull’Arsenale un progetto con concessione di 99 anni anziché 50, poi decaduto; e sul centro commerciale fu lui a stendere la delibera di risposta alle osservazioni di carattere ambientale. Decisivo, per Sboarina, il traino della Lega. Che, regìa del vicesegretario federale il veronese Lorenzo Fontana, ha rinunciato al suo candidato per appoggiare lui e scarrozzarlo ora in borgate popolari e frazioni a est mezze collinari, dove son tutti leghisti. Cambiale da pagare a tempo debito, s’intende.
La prof. I suoi studenti di greco e latino del Liceo Maffei e di teatro non li vestiva da spaventapasseri e neppure ne ha sposato uno come Brigitte Macron, Orietta Salemi, la professoressa candidata del Pd e del centrosinistra. Ma una qualche seduzione intellettuale e civile deve averla esercitata, se il perno della sua macchina elettorale è formato da un gruppo di neolaureati che sono stati suoi allievi, e tramite lei da Plutarco hanno appreso «come nell’universo antico disertore fosse non solo chi getta la scudo e fugge dalla battaglia, ma anche chi si chiama fuori dall’impegno di cittadino». Boccia la Fondazione Arena: «Dissennata la gestione finanziaria, improvvisata l’artistica, inadeguata la promozionale, è la perfetta metafora di un modello di governance che ha fatto acqua». Rimanda agli esami di riparazione la partita Arsenale, project financing in cui il Comune dovrebbe mettere 15 milioni (30 il privato, Italiana costruzioni), concedere il bene per mezzo secolo e in più pagare centinaia di migliaia di euro l’anno per l’affitto di alcuni spazi: «Nei limiti del possibile, vorrei rinegoziare i termini della concessione». Consigliera comunale dal 2007, Salemi lascia nel 2015 per la Regione, seconda per numero di voti dopo il re delle doppiette, un vicentino di Fratelli d’Italia. Nei sondaggi è seconda dopo Sboarina. E, prima di Tosi, nella destrorsa Verona il sindaco era dell’Ulivo, sia pure interludio d’una sola legislatura.
Il dandy. Dei quattro papabili (gli altri sono sinistra, Popolo della famiglia, Casa Pound, un redivivo Msi, due civici) il meno prevedibile, quello che più si allontana dagli stereotipi dell’appartenenza, è però l’Alessandro Gennari del Movimento 5 Stelle. Hai in mente un Dibba o l’ingessato Di Maio, lui invece è un dandy affabile, rugby e teatro amatoriale, niente affettazioni, mai però senza pochette. «Appendiniano, solo moderatamente arrabbiato, è la mia natura, io sono nel commercio, ho a che fare con la clientela». Ti parla delle oltre 40 partecipate dove metter mano e ordine, di farmacie comunali da trasformare in fonte di reddito ampliando i servizi anziché venderle, di un millennial come “ambasciatore digitale” internazionale per un turismo che, con tutte le ricchezze di Verona, non può accontentarsi del mordi e fuggi al finto cortile di Giulietta e a un’Arena con le stesse tre o quattro opere da decenni. I sondaggi lo danno ancora bassino. Ma lui è il cavallo pazzo. Metti mai che arrivi al ballottaggio, potrebbe persino ribaltare l’ordine d’arrivo.