Terrorismo, migranti, fake news, lotta alle mafie: il ministro dell'Interno Marco Minniti a colloquio con il direttore Marco Damilano parla con L'Espresso in edicola da domenica 7 gennaio a tutto campo della campagna elettorale che si apre. «In un anno di governo ho collaborato con i sindaci di tutti i partiti, non per ragioni di diplomazia, ma perché ne sono profondamente convinto. Il ministro dell'Interno è un elemento di equilibrio democratico, tanto più deve esserlo in una situazione di incertezza».

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Sul rischio che il voto sia inquinato dalle mafie con il ritorno dei collegi uninominali, «ho chiesto un patto dei partiti contro la criminalità, agli Stati generali dell'antimafia a Milano», ricorda il ministro. «Sto aspettando le risposte, la campagna è appena agli inizi. Non chiedo una dichiarazione generica, una frase in un'intervista buttata lì. Chiedo ai capi dei partiti di sottoscrivere in modo solenne una carta, un patto pubblico, in cui si impegnano a non chiedere e a non ricevere appoggio elettorale dalle mafie. Lo chiedo a tutti e mi aspetto che firmino tutti. In una democrazia non può esistere l'alternativa secca: o liste bloccate o liste condizionate, o i partiti scelgono al posto degli elettori o il voto è inquinato dalle mafie. Io mi rifiuto di pensarla così. Il collegio consente agli elettori di scegliere un candidato, una persona, ma i partiti devono mettere in campo gli anticorpi, devono candidare persone che non siano condizionabili dai clan. Le forze dell'ordine e la magistratura fanno il loro lavoro, ma la politica non può limitarsi ad aspettare la magistratura, deve arrivare prima. È in gioco la credibilità della democrazia».
Infine, su quale sarà in campagna elettorale il suo ruolo nel Pd, Minniti risponde: «Sono contento che nel mio partito si parli di fare squadra, che se ne faccia parte o no. Nell'impegno collettivo c'è un'idea di politica, l'ho detto alla stazione Leopolda qualche settimana fa, la politica è amicizia, non una tragedia shakespeariana, magari di serie B, dove c’è sempre quello che ti tradisce. Mai come oggi la politica è interrogata e sfidata dai populismi sulla sua credibilità. Che significa fare quel che si dice, per combattere il logoramento delle parole e delle promesse, e restituire la politica al suo senso di impegno collettivo e di passione. Gramsci diceva che il partito è la passione organizzata. E il partito viene meno se non c'è questa idea della passione, di un impegno collettivo».