Padre Vilmar Pavesi è stato il parroco più fidato della Lega quando l’attuale presidente della Camera stava a Verona e poi lo ha seguito a Roma. «Le sue idee sono uguali alle mie, per questo siamo amici» spiegava in questa intervista del 2018

L’incenso stordisce, i fedeli rimangono in piedi, poi si accasciano sulla panca, attendendo le parole di don Vilmar Pavesi. Nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, la preghiera scorre tra canti e litanie, ma è alla fine della solenne liturgia che Padre Vilmar stringe mani e saluta parrocchiani. Durante l’omelia padre Pavesi ha allertato i fedeli: «La Santa Chiesa chiede a nostro Signore di liberarci da ogni diabolico contagio. C’è un rischio reale di contrarre un’infezione diabolica. Sappiamo che tra il 1347 e il 1352 la peggiore epidemia di peste, la cosiddetta peste nera, uccise un terzo della popolazione europea. Anche l’Italia venne contagiata. La peste nera è un simbolo di ciò che la ribellione guidata da Lucifero provoca».

 

Vilmar Pavesi, padre spirituale di Lorenzo Fontana già a Verona, fidatissimo parroco della Lega, fin dai tempi del Carroccio secessionista, allontanato dal partito dall’allora sindaco Flavio Tosi ma seguito dagli attuali vertici della Lega fino a Roma. Ora è qui, protetto dalla lunga tonaca nera e da un sorriso che non si spegne neppure quando pronuncia sentenze terribili. Per esempio contro le donne.

 

«In questa chiesa vengono solo uomini, perché le ragazze e le donne si sono molto adeguate a questo mondo e non vogliono andare controcorrente. E poi ci vuole uno sforzo mentale per seguire una messa in latino. I ragazzi con i libri in mano si trovano più a loro agio».

 

Padre, lei è la guida spirituale del ministro Lorenzo Fontana?
«Conosco Lorenzo dal 2005, quando non era ancora in politica e lavorava alla fiera di Verona. Veniva tutti i giorni alla messa».
 

Parlate di politica?
«Certo che parliamo di politica, ma Lorenzo fa parte di un Governo che può non accettare le nostre idee, anche se in questo momento passano».

 

Lei crede che un ministro debba portare le sue idee nel Governo?
«Noi non siamo schizofrenici. Quando la domenica andiamo in chiesa, apriamo la porta e ci troviamo in strada, non smettiamo di essere cristiani. Non possiamo professare la fede in chiesa e quando andiamo fuori trovare nella società, nel governo, nella scuola e nelle leggi tutto il contrario di quello che ha detto Gesù Cristo. Noi siamo giovani, ma questa casta unione tra l’altare e il trono ha fondato l’Europa, la civiltà, la cultura. È Carlo Magno».

 

In democrazia ci sono anche gli altri, c’è il pluralismo religioso, etico, politico, non crede?
«C’è stata sempre collaborazione tra l’autorità religiosa e l’autorità civile. In questa democrazia Lorenzo rappresenta una corrente che la pensa come lui. Con lui può avere un suo spazio. Noi siamo a un punto che dire la verità è un reato. Ma lui non ha mai detto nulla di male».

 

Ma un ministro della Repubblica non dovrebbe rappresentare tutti?
«Lui rappresenta la famiglia, naturale e organica».

 

Non c’è solo l’idea cattolica della famiglia, ce ne sono altre nella società italiana.
«Ma la famiglia naturale precede la Chiesa. C’è poco da dire: c’è un ragazzo che si innamora di una ragazza, ci sono i figli. Questa è la famiglia».

 

Lei conosce anche Matteo Salvini?
«Certo» (fa segno con la mano che è venuto anche lui in chiesa).

 

È stato lei a regalargli il rosario con cui ha chiuso la campagna elettorale?
«No... io glielo avrei regalato più bello...» (ride)

 

Quali sono le sue idee politiche?
«La fede cattolica ha sempre prediletto la monarchia. È sempre stato il governo prediletto dei cattolici. C’era una collaborazione tra altare e chiesa, quello è stato l’inizio della civiltà. Dio ha voluto che la società fosse ispirata secondo un modello familiare: gerarchia, dipendenza, legame».

 

Tornerebbe a uno Stato pre-democratico? Tornerebbe alla divisione pre - Unità d’Italia?
«Sì, al regno delle due Sicilie, alla Serenissima Repubblica di San Marco... L’Italia è sempre stata un mosaico di regni che esistono anche oggi. Sussistono nel dialetto, nella mentalità, nel modo di mangiare. Lorenzo Fontana viene qui dentro ma io non posso portarlo in un angolo e incensarlo, purtroppo, come si faceva con il re...».

 

Se domani diventasse un dittatore cosa farebbe?
«Dittatore? Non posso essere re?».

 

Va bene, re.
«Come primo decreto regio abolirei l’aborto, il divorzio, l’eutanasia».

Solo questo?
«Anche i giornalisti».

In uno Stato governato da lei il divorzio sarebbe vietato?
«Sì. La Chiesa ha sempre previsto la separazioni dei coniugi per motivi gravi, senza che questo dia diritto al divorzio, perché poi c’è la possibilità di tornare insieme. Con il divorzio le ragazze sanno che c’è una porta. Poi ci sono giovani che la sera rimangono soli, in giro per strada...».

 

E l’aborto? Vieterebbe anche questo?
«Se io la ammazzo, vado in galera. Se io faccio un torto a una persona, ho fatto un reato che è passibile di una condanna. Com’è possibile invece che l’uccisione di un bambino sia addirittura incoraggiata dallo Stato e finanziata? Dov’è il futuro? È un crimine. Una società che uccide i propri figli, lo fa per un capriccio. Cosa era un principe? Era un padre di tutti i padri. È ereditario, perché quella era la famiglia e questo dà un grande senso di stabilità. L’aborto va a distruggere l’idea di civiltà. È un capriccio. Non esiste famiglia senza rinuncia».

 

Sulle coppie gay Papa Francesco nel suo primo viaggio ha dichiarato di non essere nessuno per giudicare l’amore.
«La dottrina cattolica non cambia. I papi cambiano, la dottrina cattolica non può cambiare. Le porte degli inferi non prevarranno. È impossibile che un Papa (papa Francesco, ndr.) possa insegnare qualcosa che non è la dottrina. Morirà prima. Il papa è il sovrano pontefice, può essere giudicato solo da Gesù Cristo».

 

In realtà il papa Bergoglio non è giudicato solo da Gesù Cristo. Ci sono cardinali, tra cui Burke, che hanno espresso contro di lui i dubia, i dubbi sul suo magistero.
«Giudicare significa hai fatto bene o fatto male. Io da cattolico posso manifestare i miei dubbi. È stato lui stesso a dire: criticatemi».

 

Ma lei allora cosa pensa delle coppie omosessuali?
«Esiste la mano del maligno. Il maligno esiste. Non ha bisogno di dormire, di mangiare, lavora sempre. Il diavolo è il padre della menzogna, ispira il peccato, la ribellione. C’è il diavolo dietro ogni peccato di superbia, di sensualità, di lussuria. È c’è l’istigazione del diavolo dietro al peccato. Per il catechismo della Chiesa l’omosessualità è un peccato contro natura perché la differenza tra uomo e donna trova il suo fine nei figli, nell’unione matrimoniale e nella procreazione. Non rispettare questa finalità è un peccato. Per questo l’omosessualità è sempre stata definita un peccato contro natura. E se è il diavolo a istigare una ribellione contro Dio, è certo che lui sia l’istigatore di questo tipo di peccato e di tutti gli altri».

 

Lei accoglierebbe?
«Io credo che a casa mia, prima i miei. Posso anche fare carità, ma la carità ha un ordine. L’Italia e l’Europa non possono accogliere tutti. Ci vuole disciplina, una legge, un ordine, altrimenti è il caos».

 

Lei crede sia giusto lasciare delle persone a bordo di una nave per puntare i piedi contro Bruxelles?
«Perché devono salire su una barca? Quante persone su queste barche arrivano senza una gamba, senza una mano o con una pallottola nel petto, non sembrano che scappino da una guerra. Sono in maggioranza tra i 25 ed i 30 anni, non mi sembrano che scappino da una guerra. Non mi sembra».

 

Lei è antieuropeista?
«Cosa è l’Europa? L’Europa è popoli. Se io posso camminare con le mie gambe perché mi offri la sedia a rotella».

 

Lei pensa che le idee del ministro Fontana siano uguali alle sue?
«Certo, per questo siamo amici. Se la pensassimo diversamente le nostre strade si dividerebbero».

 

Un’ultima domanda: qui vengono tanti politici importanti, perché?
«Meno male».

 

Perché meno male?
«Perché hanno bisogno di purificarsi»