Nell’era analogica i trucchi della propaganda erano più semplici. Berlusconi che si presenta con la spilla luccicante alla mattanza di Occhetto, gli spot con la calza sull’obiettivo, un solo gioco semantico ma vincente: gabellare l’allora Pds, roba blandamente socialdemocratica, come un pericolo comunista. Laddove per “comunista” non s’intendeva chi i bambini li mangiava, in Russia, ma chi li mandava al nido, a Reggio Emilia.
Poi la parola si portava meno, l’Urss era pur sempre caduta, servivano nuovi nomi cui opporre i propri cambi di facciata: Forza Italia, CdL, PdL, Forza Italia secondo estratto. Così la vulgata della Destra liberista, garante di quella fascistoide, divenne il carnage mediatico ai danni della Sinistra. La Sinistra di Prodi, un boiardo Dc che al confronto dei progressisti odierni pare effettivamente un nipotino di Trotzky.
A quella fonte inquinata si sono abbeverati i grillini, generazione Mediaset che ha assimilato i privilegi come fossero diritti e schifa fisiologicamente i diritti, chi li ha, chi ha combattuto per averli. Accanto, i randellatori di complemento della comunicazione champagne che ancora ci spiegano, tra una botta sulle zucche e l’altra - tautologia pura - che i conformisti saremmo noi. Un substrato culturale che si è espanso nei social, laddove ha potuto fruire di armi altrui (il dileggio, satirico e non) e proprie (le balle senza contraddittorio) con la decisiva collaborazione della Destra estrema, di CasaPound, del Primato Nazionale, degli influencer produttori di rancore, della gentaglia cacciata da Facebook e riparata sul suo clone russo, che hanno fatto da collante sul campo di un blocco granitico, volitivo, indistinguibile, le cui facce presentabili sarebbero il paternalismo aggressivo di Salvini e l’involuzione xenofoba di Fratelli d’Italia.
Ciononostante, quando ci si riferisce al coacervo del sovranismo psichico, lo si definisce tuttora Centrodestra. Senza manco il trattino. E si identifica il Centro nella residuale componente forzista, al momento asserragliata sul predellino esterno di un tram al quale il fondatore ha dovuto attaccarsi pur di mantenere viva la Repubblica di Salotto in cui Salvini l’ha confinato.
Centro? Berlusconi? Avendo rivalutato anche Alvaro Vitali, sta incredibilmente invalendo una memoria edulcorata che racconta il cosiddetto Cavaliere come un De Gasperi positivo al cerone. E, per traslato, vanno in cavalleria vent’anni abbondanti da turista della democrazia (cit.), lampi di autoritarismo, torsioni giudiziarie spaventose, e un posto da socio fondatore in quella Internazionale dello scompiglio, antieuropea, eversiva, che aveva ed ha in Vladimir Putin il proprio padre ignobile.
L’oltraggio a Liliana Segre, la memoria martoriata, il derubricare la Resistenza e non i manovali di Hitler a traditori della Patria, hanno anabolizzato le debolezze di una democrazia recentissima e figliato, almeno come linguaggio, persino in campo opposto. Ora: Destra e Sinistra saranno anche categorie superate, anche se vi sfido a usare l’argomentazione per dirimere un incidente stradale. Ma continuare a definire Centrodestra questo agglomerato nostalgico, dotato in filigrana dell’immancabile conflitto d’interessi - ce l’aveva pure il Duce, come constatò Giacomo Matteotti a proprie spese - è un lusso che, davvero, non ci possiamo più permettere.
Chiamiamola Destra. Almeno.
Giudizio: Eddaje