Il caso
Il nuovo primo cittadino nasce da padre iraniano e madre italiana e incarna la multiculturalità della città che lo ha eletto con il 51 per cento
di Erika Antonelli
«Sono stato il primo a presentarmi come “l'assessore con il nome strano”, ma ora voglio essere giudicato per il mio lavoro di sindaco, non perché sono un simbolo», racconta all'Espresso. Parla così Jamil Sadegholvaad, 49 anni, il nuovo primo cittadino di Rimini sostenuto dal centrosinistra. Nato da padre iraniano e madre di Coriano – un comune a pochi chilometri dalla città che amministra da oggi – scherza sul suo accento: «Che qui sono cresciuto e ci ho studiato si capisce forse dalla mia “s”».
Ha una laurea in Scienze Politiche presa all'Università di Bologna e prima di diventare sindaco ha fatto diversi lavori. Tra questi, affiancare i genitori nell'attività storica di famiglia: un negozio di tappeti. È assessore da dieci anni e oggi si gode la vittoria programmando il futuro: «Sono molto contento del risultato, ottenuto al primo turno. Ora è tempo di proseguire quanto fatto in questi anni». Sadegholvaad intende investire nella città e in progetti che favoriscano la sostenibilità e tutelino l'ambiente. «Credo nell'equità sociale e nell'idea di agire per non lasciare nessuno indietro», assicura.
Rimini, dice, è una città con una vocazione aperturista, multiculturale, predisposta alle relazioni con il mondo. E la sua vittoria sembra dimostrarlo. Per questo, racconta al quotidiano il Resto del Carlino, la giunta sarà composta da una squadra variegata, dinamica e con molte sfaccettature.
Jamil ha vinto con il 51 per cento, superando lo sfidante del centrodestra Enzo Ceccarelli, fermo al 32,9. Gloria Lisi, ex vicesindaca sostenuta da liste civiche e dal Movimento 5 Stelle, ha ottenuto l'8,9 per cento. L'affluenza alle urne raggiunge quasi il 56 per cento, un dato che Sadegholvaad commenta così: «Ho visto sì un calo generalizzato in tutto il Paese, forse a Rimini lo abbiamo percepito di meno. Ma è importante far capire ai cittadini quanto conti votare». D'altra parte, aggiunge: «Se non è la gente a occuparsi di politica, sarà la politica a occuparsi della gente».